Il nostro team

La missione di TIM è quella di supportare le Aziende nelle fasi di sviluppo e/o di ristrutturazione, affiancandole nella gestione del cambiamento

I Pilastri Strategici per Affrontare la Crisi del Settore Manifatturiero

La combinazione di inflazione elevata, e conseguenti politiche monetarie restrittive della BCE,  carenza di personale qualificato, contesto geopolitico difficoltoso,  hanno creato uno scenario sfidante che ricorda, se non supera, le difficoltà del 1929. Tuttavia, esistono alcune strategie chiave che le imprese possono adottare per superare questa congiuntura critica e posizionarsi per una ripresa solida e sostenibile. 

 

Investimenti in Ricerca e Sviluppo (R&S)

In un contesto globale in cui la competizione sui costi di produzione è dominata dai mercati asiatici, la capacità di innovare diventa il principale fattore di differenziazione. Le aziende devono destinare risorse significative alla ricerca per anticipare le esigenze del mercato e sviluppare soluzioni tecnologicamente avanzate. E’ perciò richiesto un approccio sistematico al marketing strategico e alla customer intelligence, affinché l’innovazione risponda in modo proattivo alla domanda emergente. Secondo i dati del PMI Index, la riduzione degli investimenti in R&S è una delle cause principali del calo della competitività delle PMI italiane.

Valorizzazione del Brand

Il valore del marchio, sinonimo di qualità e fiducia, rappresenta un asset strategico per le PMI italiane. Questo vale sia per i marchi noti a livello globale, sia per le realtà che operano in nicchie di mercato altamente specializzate. Le aziende che hanno mantenuto una forte identità di brand sono risultate più resilienti alle crisi economiche. In un periodo di incertezza, il brand non è solo una leva di marketing, ma uno strumento per consolidare le relazioni con i clienti e i partner commerciali, sia nazionali che internazionali.

Internazionalizzazione Integrata

L’internazionalizzazione non può più limitarsi all’esportazione di prodotti. Le PMI hanno la necessità di adottare un approccio globale che coinvolga il branding, le operazioni commerciali, le partnership strategiche e, dove possibile, la produzione. Aziende simbolo dell’imprenditoria italiana – un esempio su tutti: Luxottica – dimostrano come una presenza internazionale integrata possa offrire un vantaggio competitivo sostenibile. Inoltre, la ricerca di investitori e partner stranieri può fornire risorse finanziarie essenziali in un contesto di accesso al credito relativamente limitato. La capacità di attrarre investimenti esteri rimane una delle sfide maggiori per le imprese italiane, spesso frenate da una cultura aziendale poco orientata alla globalizzazione.

Pianificazione Strategica a Medio Termine

Un approccio orientato al medio termine è essenziale per bilanciare le esigenze immediate con la sostenibilità futura. Le decisioni aziendali devono saper evitare le soluzioni a breve termine che compromettano il valore del brand e la redditività a lungo termine. Un esempio classico è rappresentato dalle politiche di vendita aggressive nel settore automotive che, se non gestite correttamente, possono ridurre drasticamente il valore del mercato dell’usato e la marginalità della rete distributiva. La pianificazione strategica richiede di superare il cosiddetto “strabismo aziendale” tra gestione operativa quotidiana e visione strategica per il futuro.

La Gestione del Capitale Umano

Le persone sono il fulcro di qualsiasi strategia aziendale di successo. Tuttavia, molte PMI italiane stanno adottando politiche di riduzione dei costi che penalizzano il personale più esperto a favore di figure più junior. Questa scelta può fornire sollievo finanziario immediato, ma compromette gravemente le performance a lungo termine. Secondo un’indagine recente, il 70% delle PMI italiane fatica a trovare personale qualificato, un problema che può essere ulteriormente aggravato dalla perdita di competenze senior. Le aziende di successo sono quelle che combinano una governance familiare, orientata al lungo termine, con un management professionale dotato di reali poteri decisionali.

In un contesto segnato dalla crisi del manifatturiero e dalle incertezze macroeconomiche, le PMI italiane devono puntare su innovazione, branding, internazionalizzazione e pianificazione strategica. La capacità di gestire questi quattro pilastri, insieme a una valorizzazione del capitale umano, determinerà chi riuscirà a prosperare nonostante le difficoltà strutturali del sistema economico. E per farlo, devono scegliere manager esperti, con competenze multi settore, e pronti anche ad affrontare situazioni difficili o contesti altamente sfidanti. Con oltre 35 anni di esperienza e un network di professionisti dotati di competenze multisettoriali, Tim Management è il partner giusto per supportare le aziende nel cambiamento e nei momenti più delicati della vita aziendale. Contattaci per costruire insieme un futuro aziendale vincente e duraturo.

Scopri l’Interim Management, uno strumento prezioso che rimane ancora poco conosciuto in Italia

L’attuale scenario economico si presenta sempre più incerto e sfidante per le imprese e fortemente condizionato da fattori esogeni, non controllabili da parte di imprese e imprenditori e spesso anche difficilmente prevedibili nel loro sviluppo. Le imprese sono così obbligate ad essere sempre più reattive ai cambiamenti e pronte a riorientare obiettivi e strategie in tempi rapidi e con il minor impatto economico possibile.
Ma le organizzazioni aziendali devono essere nella condizione di poter affrontare i cambiamenti in modo rapido, senza dover rinunciare alle performance e al raggiungimento degli obiettivi. Per questo molte organizzazioni, tradizionalmente solide e ben strutturate, si trovano nella difficoltà di formulare strategie e piani efficaci, in presenza di un profilo non adeguato del management o in assenza di skills ed esperienza necessarie per gestire con successo il cambiamento.
Ricorrere all’Interim Management può essere la risposta migliore all’esigenza di cambiamento e al gap di competenze interne. Gli Interim Manager sono in grado di offrire soluzioni flessibili in ambito manageriale, si propongono come professionisti di alta levatura per un periodo di tempo limitato, con un contratto di consulenza a tempo determinato. Reclutare manager temporanei offre alle società benefici tangibili, quali la loro disponibilità tempestiva, alte qualifiche ed esperienze consolidata. Profili che sono anche in grado di offrire un supporto di formazione e sviluppo alle risorse manageriali già presenti in azienda, in una fase critica come quella dei processi di cambiamento.

 

Interim Management: alcuni dati

La ricerca annuale di INIMA, il network internazionale delle associazioni di Interim Manager, offre lo spunto per un confronto tra l’Italia e gli altri paesi europei.
A gennaio 2023 ben l’86% degli Interim Manager italiani stava svolgendo un incarico, il dato più alto in Europa, dove si registra un dato del 73% medio. È un dato che potremmo considerare strutturale; infatti, la ricerca mostra che ben il 62% degli Interim Manager italiani intervistati risulta occupato con un contratto part-time, dato nettamente superiore alla media europea (26%) e a paesi come la Germania (19%) e la Francia (8%). Da sottolineare anche la crescita esponenziale di questo dato che è passato in un anno dal 40 al 62%, grazie all’esplosione dell’utilizzo di interim manager fractional. Sono dati che in buona parte si possono giustificare esaminando la struttura dell’impresa italiana, composta da migliaia di PMI di dimensioni ben più contenute rispetto agli altri grandi paesi europei. Infatti il 58% degli Interim Manager del nostro paese sono impiegati in aziende con meno di 100 dipendenti, contro il 28% della media europea, l’11% della Germania e il 18% della Francia. È una fotografia dell’impiego degli Interim Manager in Italia posizionati in PMI di dimensioni medio / piccole con un incarico part time o fractional.
Il profilo anagrafico dell’Interim Manager in Italia non si discosta molto da quello europeo: è un manager di 57 anni (in linea con l’Europa), ancora poche le donne, solo l’8% del totale ma sono poche anche in Europa, l’11%.
Un dato per certi versi sorprendente e innovativo è la contrazione dei ruoli di general management e C-Level che, pur rimanendo di gran lunga i più frequenti per gli Interim Manager, sono scesi al 59% in Europa con un calo italiano ancora più deciso che ha portato i C-Level dal 75% del 2020 al 55% del 2022. Un calo davvero brusco che in parte è stato compensato dalla crescita degli incarichi di Project Management, saliti dal 13 al 20%, e che testimonia un livello di incarichi tendenzialmente meno apicale nel nostro paese.

Gli Interim Manager, in Italia e in Europa, sono chiamati soprattutto per la Gestione del cambiamento, seguito dall’ottimizzazione dei processi e dai ruoli di general management. Il job profile più frequente rimane quello di C-Level, soprattutto CFO e COO, seguito dai CEO e General Manager.
Il canale prevalente di ricerca e reclutamento degli Interim Manager europei rimane il network personale dell’imprenditore e / o dei suoi advisor ma c’è da registrare l’ottima progressione delle società di Interim Management con il 32% degli incarichi, in crescita esponenziale rispetto al 20% del 2021.
Per concludere uno sguardo al futuro: l’utilizzo di Interim Manager in Europa è da molti trimestri in crescita; citiamo i recenti report di KPMG e REC pubblicati in UK che mostrano una tendenza consolidata verso il reclutamento di interim a livello manageriale, a scapito delle assunzioni a tempo indeterminato. Il mercato del lavoro manageriale spinge molte aziende ad aumentare l’utilizzo del talento temporaneo o a cominciare a considerare seriamente questa alternativa. Può essere molto più conveniente ed efficace in un mercato incerto affidarsi a risorse flessibili e molto esperte.

Anche nel nostro paese cresce l’utilizzo di Interim Management, ma la conoscenza di questo strumento è meno diffusa e consolidata, rispetto ad altri paesi europei. TIM Management, che dal 1987 fornisce risorse manageriali esperte per incarichi temporanei, ha aggiornato la sua ‘Guida all’Interim Management’, uno strumento prezioso per conoscere l’Interim Management, quali sono i vantaggi del suo utilizzo per imprenditori e aziende e quando è opportuno considerare questa soluzione per le organizzazioni aziendali.

Scarica la Guida all’Interim Management

 

Domenico Costa è il Presidente e uno dei fondatori di TIM Management, dove si è occupato di numerosi interventi di ristrutturazione aziendale. Durante la sua carriera ha operato come Advisor di fondi e come Amministratore Delegato di importanti realtà industriali. Ha gestito acquisizioni di Aziende in diversi settori industriali.

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La chiave per un’operazione di M&A di successo è un’organizzazione adeguata

Costruire la giusta organizzazione per affrontare un percorso di M&A   

Dopo un 2020 in forte contrazione, il mercato M&A in Italia ha registrato una crescita vigorosa nel primo semestre 2021, che si rivelato il più ricco degli ultimi 5 anni sia per numero di operazioni concluse, 522 (+24,6% vs. 2020), che per controvalore complessivo, 42,4 miliardi di euro (+88% vs. 2020).

Ce lo dice il report di KPMG, pubblicato a Luglio 2021, che sottolinea la vivacità delle acquisizioni che ha caratterizzato il mercato domestico con ben 279 operazioni, portate a termine, soprattutto dalle PMI, la vera  spina dorsale dei distretti del nostro paese; un segnale incoraggiante che sottolinea come la ricerca di opportunità di M&A sia una delle modalità più efficaci adottate delle imprese per superare la crisi innescata del COVID.

In un contesto così dinamico, l’organizzazione interna continua a rappresentare uno degli asset più importanti per affrontare con successo un percorso di M&A, sia nel caso che l’azienda venga supportata da advisor sia, con un livello di criticità ancora maggiore, quando l’azienda voglia affrontare il deal, contando principalmente sulle risorse già presenti all’interno. 

Il Team di M&A deve possedere tutti gli skill adeguati ad affrontare un percorso lungo e insidioso, a partire dalla scelta del target e dalla necessaria fase di due diligence, per arrivare alla fase critica di integrazione del nuovo business e della sua organizzazione; quest’ultima fase richiede, per essere affrontata con successo, della guida di un Team solido, per dimensione, credibilità, struttura ed esperienza, in grado di mostrare la leadership necessaria a influenzare e guidare il resto dell’azienda. 

In pratica però ben poche aziende si presentano all’appuntamento con le skill adeguate, spesso si riscontrano Team di M&A ridondanti, con all’interno figure e skill non necessarie o, ancor peggio, Team limitati e con gap importanti nelle competenze essenziali. Sono entrambe situazioni che possono minare la riuscita dell’operazione e diminuire il valore per gli stakeholders. 

Secondo una survey pubblicata da McKinsey, le aziende high-performing ritengono in massima parte di avere all’interno dell’organizzazione le skills necessarie per portare a termine il percorso di M&A; vediamo qui i dati rispetto alle aziende non-performers da cui però possiamo anche riscontrare che anche le migliori organizzazioni evidenziano gap importanti, soprattutto nella fase critica dell’integrazione.

 

La strategia di M&A

Per valutare se le risorse interne sono adeguate, è opportuno verificare che siano presenti gli skill richiesti per ognuna delle fasi che compongono il percorso di M&A. Per la fase iniziale di screening delle opportunità e valutazione dei potenziali target è importante partire dalla strategia aziendale e dall’ampiezza e dal numero delle potenziali acquisizioni.

Ad esempio se la strategia aziendale è quella di crescere in un mercato ampiamente frammentato, sarà necessario dotarsi di un team con le competenze necessarie a valutare un numero elevato di potenziali target, tenendo in considerazione che in mercati di questo tipo la percentuale di target adeguati è molto limitata e che, per trovarne uno in linea con le aspettative, sarà probabilmente necessario valutare molte aziende, posizionate in geografie e contesti differenti.

Ovviamente un Team in grado di valutare un gran numero di aziende non può essere scelto solo sulla base delle tecnicalità legate al processo di due diligence; richiede un numero di manager più elevato con profonda conoscenza del mercato (i) di riferimento  e delle sue specificità; un Team che potrebbe anche rivelarsi ridondante nelle fasi successive ma che è indispensabile per effettuare uno screening corretto.

Al contrario, se l’azienda è in cerca di un’acquisizione strategica, non sarà necessario un grande lavoro di screening, i candidati per l’acquisizione saranno palesi mentre le difficoltà si presenteranno al momento di definire la strategia di acquisizione e nella preparazione dell’importante fase di integrazione tra due realtà ben dimensionate e che, in passato, avevano possibilmente operato come competitors. 

In questo caso sarà il Team di integrazione a dover essere sovradimensionato, dovendo includere tutte le funzioni e le unità di business e dovendo gestire un processo matriciale di grande difficoltà operativa e con tempi di implementazione importanti. Anche in questo caso parliamo di un Team che si può facilmente rivelare ridondante, una volta che l’integrazione sia stata completata.

Il ruolo del Team di M&A si può rivelare ancora più critico per l’azienda in caso di acquisizioni in mercati e settori industriali differenti da quelli tipici in cui opera l’azienda. In questo caso è necessario dotare l’organizzazione delle competenze necessarie ad effettuare la valutazione dei candidati ma anche a gestire il processo di integrazione, soprattutto nel caso di funzioni chiave come la ricerca e sviluppo e la logistica. Un discorso analogo si può applicare a mercati geograficamente lontani dove una conoscenza del territorio e anche della legislazione locale può risultare fondamentale per il buon esito del processo di acquisizione.

In sintesi, la numerosità e le competenze necessarie a un Team di M&A non possono essere standardizzate e molto spesso si presentano necessità differenti lungo il percorso di acquisizione e integrazione; in caso di mercati frammentati e acquisizioni molteplici potrebbe essere opportuno dotarsi di un team con competenze allargate e composto da una numerica di manager sufficiente a coprire le varie attività; al contrario, in caso di acquisizioni mirate, in mercati conosciuti, potrebbe essere sufficiente un piccolo team di M&A che agisca in una logica di progetto con un mix di competenze molto più verticali.

Il processo di M&A e la scelta del Team che lo guida si presenta sempre più critico in aziende di dimensione limitata, quali sono la maggior parte delle nostre PMI, dove non è quasi mai presente un leadership Team che abbia già al suo interno tutte le figure e le competenze adeguate ad affrontare il processo di M&A e dove le stesse business unit non hanno sempre a disposizione le risorse necessarie a formare un Team dedicato.

 

La scelta del Team di M&A e gli errori da evitare

Possiamo quindi concludere che la scelta del Team di M&A, la sua numerosità e composizione sono certamente chiave nella riuscita di un progetto di acquisizione e vanno tarati in funzione delle caratteristiche del deal e dell’organizzazione aziendale. Il supporto di un Advisor esterno alle PMI è spesso consigliabile per affrontare il progetto di M&A ma deve essere sempre accompagnato dalla presenza di un management competente all’interno dell’azienda, che vada a comporre il Team di M&A, operando insieme all’Advisor e ai Partner.

Come abbiamo visto, molto spesso si tende a costruire il Team di M&A senza tenere presente le effettive esigenze di organico che si presenteranno una volta concluso il processo di integrazione del nuovo business e questo porta a problemi di gestione del management che sono evidentemente più critici per le PMI che non hanno la possibilità di riallocare facilmente le figure che si rivelassero ridondanti.

Allo stesso tempo, alcuni percorsi tipici di M&A richiedono necessariamente Team interfunzionali con forti competenze di settore o di mercato e non possono essere portati a termine con risorse limitate o con skills non in linea con le necessità del progetto.

Si deve altresì considerare l’importanza fondamentale di una leadership autorevole e condivisa del processo di M&A che si rivela indispensabile nel caso di necessità di integrazione di culture aziendali differenti e di ridimensionamento di funzioni e responsabilità derivanti dall’integrazione di funzioni aziendali e di intere business unit.

In quest’ottica è spesso utile per la PMI che vuole affrontare con successo uno o più progetti di M&A considerare l’opportunità di inserire in azienda dei manager che conoscono il settore e il mercato e che hanno già affrontato situazioni simili. 

Il temporary management può essere la scelta corretta per la PMI che vuole affrontare il processo di M&A con il supporto di manager che si portano dietro un bagaglio importante di esperienza e in grado di gestire le varie fasi dell’acquisizione e dell’integrazione; perché per progetti così strategici è importante che la squadra sia al livello delle sfide che l’azienda sta affrontando.  E tutto questo senza appesantire l’organizzazione con risorse che potrebbero rivelarsi ridondanti, una volta superato il periodo di integrazione.

Integrare con successo un’azienda è un percorso difficile perché ci si trova a operare in una situazione di grande stress organizzativo; nelle aziende acquisite le strutture organizzative e gestionali sono sotto pressione in un passaggio dove è spesso necessario rivedere i processi, gestire le relazioni sindacali e a volte dover gestire correttamente anche un ridimensionamento degli organici

Sono percorsi dove è richiesta una grande esperienza e competenza, che raramente si trovano all’interno dell’organizzazione e dove la presenza di manager esterni contribuisce a rendere meno traumatico e conflittuale il processo di gestione del Team di M&A e la sua relazione con i vari livelli di management interno.

 

Federico Costa ha maturato consolidata esperienza sia nella gestione e negoziazione di operazioni straordinarie di M&A, Restructuring e Turnaround sia nella gestione operativa ricoprendo per 15 anni il ruolo di Amministratore Delegato in aziende di diversi settori. Dal 2014 ha gestito come advisor diversi progetti di restructuring in diversi settori industriali: meccanico, impianti industriali, della ceramica, della stampa, ecc.

 

TIM Management si occupa di consulenza aziendale e in particolare di temporary management, turnaround e restructuring  mettendo a disposizione delle piccole e medie imprese un database di manager esperti che hanno una conoscenza diretta di un settore e  un percorso consolidato all’interno di determinate funzioni aziendali. 

I progetti vengono sempre seguiti con la supervisione di un Senior Partner con lunga esperienza manageriale come amministratore delegato e direttore generale che ha già vissuto le difficoltà del cambiamento dei progetti all’interno dell’azienda. Inoltre è attiva una società consociata di TIM Management, CDI Global, operante all’interno di un network internazionale, che svolge attività di M&A e si occupa di supportare l’azienda nel reperimento di capitali. 

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Ristrutturazione e Temporary Management: come supportare le aziende in difficoltà finanziarie

I gravi effetti della pandemia da Covid-19 hanno generato una diffusa esigenza di interventi tempestivi di ristrutturazione aziendale e di turnaround. Molti imprenditori però, faticano ad accorgersi tempestivamente la necessità di un supporto esterno, rischiando così di aggravare situazioni finanziarie già in parte compromesse.

 

Anticipare la crisi per uscirne più facilmente

Prima ancora di ricevere supporto da una società di consulenza o di temporary management, è infatti fondamentale che l’imprenditore acquisisca la consapevolezza della situazione di crisi della propria azienda e si renda conto che l’intervento di un manager esperto,  che ha già vissuto in prima persona situazioni analoghe è quanto mai opportuno e può essere un fattore critico per la sopravvivenza stessa dell’azienda. 

Secondo un framework sviluppato da Acuity Knowledge Partners, i segnali di una crisi aziendale imminente ruotano principalmente attorno a due tipologie di fattori:

  1. Operativi, ovvero quei segnali che si esplicitano nel deterioramento dei KPI operativi, in licenziamenti di massa, frequenti cambi di gestione, un contesto normativo avverso e una riduzione dei programmi di capex.
  2. Finanziari, e quindi liquidità in calo, flusso di cassa negativo, violazione dei patti di debito, problemi con debiti e crediti, calo dei prezzi delle azioni e delle obbligazioni, crollo della redditività e declassamento del rating del debito.

Una volta che l’imprenditore o i vertici dell’organizzazione hanno compreso lo stato di emergenza, rivolgersi ad una società esterna con anni di esperienza nel settore può spesso rappresentare il primo step per iniziare un processo efficace di risanamento aziendale.

 

Affrontare la ristrutturazione affidandosi ad un manager qualificato

Nella maggior parte dei casi nei quali si manifesta una crisi finanziaria è infatti necessario un intervento di ristrutturazione che prevede un’accurata gestione di situazioni di tensione di liquidità e la creazione di solide relazioni con i creditori

Un progetto di ristrutturazione prevede l’inserimento immediato del manager più adatto per affiancare o guidare il team dell’organizzazione e agire rapidamente per salvaguardare la continuità aziendale. Se l’inserimento viene effettuato in maniera tempestiva ed efficace e il manager inserito possiede le competenze specifiche richieste, il superamento della crisi diventa un obiettivo concreto e realizzabile.

Molte imprese italiane (e non) tendono però a posticipare il ricorso a società in grado di avviare un processo di risanamento della crisi, e le attivano solo quando questa si è già aggravata ed è diventata complessa da superare o addirittura irreparabile.

Per questo motivo, nel caso in cui le aziende siano già entrate in una condizione di grave crisi economica e facciano seriamente fatica a soddisfare gli obblighi finanziari, è importante velocizzare quanto possibile il processo di inserimento di un manager esperto per permettere un intervento tempestivo. 

Il manager qualificato avvierà rapidamente un piano di gestione della crisi e di collaborazione con il management interno, e il reperimento delle risorse finanziarie necessarie al turnaround sarà subito parte integrante dello sforzo di ristrutturazione. 

 

Crisi e restructuring: come interviene un temporary manager

Un servizio di temporary management che sia efficace per il risanamento di un’impresa include innanzitutto una diagnosi iniziale del problema, che verte sull’identificazione dei fattori che hanno provocato le difficoltà finanziarie, sull’identificazione dello stadio della crisi e sulla sua relativa valutazione. 

Viene poi steso il piano di azione, che prevede generalmente una gestione della liquidità a breve termine e dei problemi relativi al capitale circolante. 

L’intervento è inoltre volto a raggiungere un efficientamento dei costi, valutando attentamente priorità ed esigenze aziendali per scegliere e implementare le attività di riduzione dei costi, attraverso la progettazione e l’attuazione dei piani di efficientamento.

Il temporary manager può infine intervenire direttamente sul modello di business, ripensando i modelli operativi del core business, al fine di creare nuovo valore per l’azienda ed aumentare l’efficacia organizzativa attraverso una razionalizzazione delle risorse. 

 

TIM Management: anni di esperienza nel campo della ristrutturazione

A causa del deterioramento dei mercati, l’esigenza di interventi efficaci e tempestivi di turnaround è sempre più diffusa e, per questo, diventa fondamentale per le imprese trovare dei solidi punti di riferimento a cui richiedere supporto.

Con oltre 30 anni di attività sul campo, TIM Management ha accumulato esperienze significative e solide competenze nel risanamento e nel rilancio di aziende in difficoltà.

In base alle specifiche esigenze dell’organizzazione, interveniamo prontamente con le soluzioni più efficaci e con l’inserimento del manager più adatto per affrontare le sfide richieste dall’incarico in questione. 

 

Donne e temporary management: sfide e opportunità nel mercato italiano

Le aziende ripartono dalle soft skill

La classe dirigente, in Italia e negli altri Paesi, ha subito forti cambiamenti negli ultimi anni, sia in generale per l’evoluzione del mondo del lavoro sia in particolare per la difficile congiuntura economica che, con alterne vicende, a partire dal 2008 ha riguardato tutti i mercati più sviluppati. 

Se da un lato la crisi ha rappresentato uno stimolo per i manager verso l’acquisizione di nuove competenze e di nuovi stili di leadership – alle hard skill come quelle linguistiche, informatiche e tecniche si sono sempre più frequentemente affiancate le soft skill come la flessibilità, l’apertura mentale e la capacità di gestione della diversity – dall’altro è stata uno stimolo per le aziende verso il ricambio generazionale dei propri dirigenti e la valorizzazione di queste nuove competenze e questi nuovi stili. 

Dal punto di vista sociale, i manager si sono poi trovati tra l’incudine e il martello. 

La crescente incidenza della leva variabile sulla retribuzione, con l’obiettivo di incentivarli a lavorare per risultati e in una logica di breve termine, ha messo sempre più pressione e responsabilità sulle loro performance. 

Al contempo, la percezione da parte dell’opinione pubblica della figura dei manager – sia pubblici che privati – è decisamente peggiorata, anche a causa delle difficoltà economiche affrontate da milioni di persone.

In questo contesto, è oggi fondamentale per i dirigenti non solo aiutare le aziende ad agganciare la ripresa in maniera efficace ed efficiente, ma anche ricoprire un ruolo di guida all’interno della società.

 

I trend italiani

Il mercato del lavoro, in Italia, non permette ancora di gestire al meglio il collocamento delle figure manageriali. Molte PMI – la stragrande maggioranza del tessuto imprenditoriale del nostro Paese – fanno ancora fatica a comprendere le proprie esigenze. Vige inoltre, soprattutto nella generazione storica di imprenditori e CEO, un’immagine stereotipata del manager, a fronte di una crescente varietà di figure con caratteristiche personali e professionali diverse.

Due però le tendenze recenti che sembrano “correggere”, almeno in parte, questi difetti strutturali. 

1) Il costante e progressivo aumento della presenza femminile

2) Il sensibile aumento di manager assunti con contratti da libero professionista e dei temporary manager

Partiamo dalla prima tendenza.

Secondo l’ultimo Rapporto Donne ManagerItalia, a partire proprio dal 2008, c’è stata una crescita del 49% delle donne manager in Italia, a fronte di un calo del 10% degli uomini. I numeri complessivi sono ancora bassi –  il 18,3% del totale, secondo i dati dell’Inps – ma è confortante il trend tra le generazioni più giovani: si passa al 28% tra le under 40 e al 32,3% tra le under 35. Il fenomeno è più avanzato nelle regioni con una maggior presenza di aziende di grandi dimensioni – come Lombardia e Lazio – e il vero fiore all’occhiello è il settore dei dirigenti privati, in particolare quello del terziario (con la città di Milano come capofila).

Nell’epoca post-pandemia, ci sarà probabilmente sempre più bisogno di incentivare la diversity nel management, anche nell’ottica di una produttività più smart, in grado di coniugare gli obiettivi di business delle aziende con una visione del mondo rinnovata e più attenta ai temi sociali e alla sostenibilità. 

 

Management al femminile tra realtà e aspettative

E qui entra in gioco la seconda tendenza, quella del temporary management.

Il punto di arrivo di una vera e propria rivoluzione nelle modalità di lavoro, figlia del digitale e dell’applicazione di metodologie come l’Agile, che permette ad organizzazioni grandi e piccole di applicare pensiero strategico e velocità di esecuzione ricorrendo a professionisti esterni. 

Se finora il Temporary Manager è stata una professione tipicamente maschile, soprattutto per motivi anagrafici, si sta assistendo anche in quest’ambito a una lenta inversione di tendenza. Un maggior equilibrio tra i generi – a parità di stipendio, si auspica – sarebbe d’aiuto non solo per le professioniste, ma anche per le stesse aziende. Ci sono molti studi, infatti, che mettono in evidenza i vantaggi di un manager donna: sensibilità nel percepire le sfumature nella cultura aziendale, capacità di comunicazione, abilità nel costruire relazioni e nel fare rete. Proprio quelle competenze che la crisi degli ultimi anni ha reso sempre più centrali.

Un ostacolo da superare, a questo scopo, è consentire alle donne Temporary Manager di bilanciare gli impegni professionali con quelli personali, facendo in modo che la famiglia non diventi un ostacolo alla loro carriera e all’espressione del loro potenziale. Un problema che però riguarda l’intera società e tutti i settori lavorativi. 

In TIM Management la presenza di donne manager è in aumento rispetto al passato, e per i prossimi anni puntiamo a un equilibrio sempre maggiore. Il nostro obiettivo è di fornire le condizioni necessarie affinché le Temporary Manager possano trovare le aziende più adatte con cui lavorare, aiutandole tramite le loro hard e soft skill.