L’etica del lavoro sta cambiando: un comune denominatore tra generazioni diverse
di Tim Management
Sono in atto cambiamenti epocali nell’approccio al lavoro che stanno ridefinendo radicalmente l’etica lavorativa, mentre le diverse generazioni – non basta più catalogare gli atteggiamenti nei confronti del lavoro basandosi su stereotipi generazionali – convergono su un comune denominatore.
I lavoratori più giovani rappresentano una parte sempre più significativa della forza lavoro, alcune stime indicano che entro il 2025 i membri della Generazione Z (nati tra il 1997 e il 2012) potrebbero costituire oltre il 25% della forza lavoro globale.
Per comprendere appieno la dinamica del cambiamento generazionale che sta attraversando il mondo del lavoro, bisogna spingersi oltre le convenzionali etichette generazionali. Quello che emerge dalle ricerche, è la sorprendente convergenza di ciò che le persone, indipendentemente dall’età, cercano sul posto di lavoro e le ragioni che li spingono a cambiare o abbandonare il proprio lavoro.
Le peculiarità cominciano ad emergere quando si tratta di creare le condizioni per trattenere i dipendenti più validi. Per i datori di lavoro, la sfida più difficile è quella di adattare le proprie strategie di retention alle esigenze specifiche della Generazione Z, che spesso si rivelano diverse rispetto alle generazioni precedenti e spiazzanti per chi si occupa di HR.
In questo contesto in continua evoluzione, emergono lezioni cruciali: abbandonare gli stereotipi generazionali, concentrarsi sui fattori che restano rilevanti – indipendentemente dall’età – e abbracciare un approccio più articolato per comprendere come tali fattori possano influenzare le decisioni individuali di rimanere o cercare altrove opportunità di lavoro e carriera.
Le similitudini tra diverse generazioni
Nonostante le ipotetiche differenze generazionali riguardo le aspirazioni dei lavoratori, molti stereotipi basati sull’età, specialmente quelli riguardanti i membri più giovani della forza lavoro, si potrebbero in realtà rivelare leggende senza reale fondamento.
Secondo i dati raccolti dalla ricerca di McKinsey, sebbene ci siano differenze nei tassi di abbandono tra i vari gruppi di età, le preferenze dei dipendenti sono sorprendentemente simili, soprattutto quando si tratta di considerare l’opportunità di lasciare il lavoro.
Questo è un dato importante poiché significa che, sia le esigenze, che le motivazioni dei manager in cerca di un cambiamento nel proprio ruolo, indipendentemente dall’età, possono essere affrontate con una strategia comune.
Tra coloro che intendono cambiare lavoro, le motivazioni principali sono sorprendentemente simili tra tutti i gruppi di età:
- Compensazione insufficiente;
- Mancanza di opportunità di sviluppo e avanzamento professionale;
- Leadership poco empatica.
Ancora più interessante è constatare che le ragioni principali per aver lasciato il proprio incarico precedente sono le stesse sia per i manager più giovani che per quelli più anziani. Questi sono anche i motivi citati da diverse fasce d’età per spiegare perché potrebbero in futuro decidere di abbandonare il loro incarico attuale.
Questi risultati ci confermano che è fondamentale comprendere e soddisfare queste esigenze comuni per mantenere una forza lavoro motivata ed efficiente, indipendentemente dalla generazione di appartenenza.
Strategie di attrattività
Per attirare nuovi talenti in azienda, le strategie più efficaci coinvolgono sia i “fattori fondamentali”, come la retribuzione e lo status, che i “fattori motivanti”, come il livello di responsabilità e autonomia e le opportunità concrete di sviluppo della carriera; tenendo ben presente che un gruppo di fattori non sostituisce l’altro e che entrambi devono essere presenti in maniera equilibrata.
Questo vale in maggior misura per la Generazione Z, che considera i “fattori motivanti”, insieme alla flessibilità sul luogo di lavoro, come i più importanti quando si tratta di accettare un nuovo impiego. Rispetto ai dipendenti delle generazioni precedenti, i più giovani classificano la retribuzione come un fattore leggermente meno importante. E’ vero che una retribuzione equa e adeguata è sempre stata un fattore critico, ma nel contesto attuale, è probabile che tutti i lavoratori si aspettino una buona retribuzione come parte fondamentale del valore dell’offerta di lavoro.
Ogni gruppo di età colloca la retribuzione adeguata, o lamenta la sua inadeguatezza, come un elemento nelle loro decisioni di impiego.
Ma d’altro canto, la sola retribuzione non convincerà un lavoratore né a restare né a cercare altrove. Tuttavia, il margine di errore nell’under paying delle persone (o nella loro percezione di essere sottopagate) è ora molto più ridotto, specialmente con i migliori talenti di un’azienda, che potrebbero essere molto più propensi a cercare un nuovo impiego se non si sentono retribuiti equamente, a prescindere dall’età.
Le notevoli analogie tra le generazioni sembrano ribaltare le convinzioni tradizionali sulle differenze nella forza lavoro per età o generazione. Le ragioni per cui le persone lasciano il lavoro, inoltre, evolvono nel tempo, quindi non sarà più sufficiente, per i datori di lavoro, presumere che le ragioni per cui le persone hanno già lasciato il lavoro siano le stesse che in passato.
Giovani e passaggio generazionale d’impresa
Il passaggio generazionale nel management d’impresa è un processo fondamentale per trattenere i lavoratori più giovani – oltre che per mantenere la continuità aziendale. Per dimostrare ai giovani manager che c’è un futuro all’interno dell’azienda però, è essenziale investire nella loro formazione e crescita.
Questo presuppone l’adozione, da parte di chi gestisce le risorse umane, di un approccio differente rispetto alla tradizionale traiettoria di carriera, che prevedeva di lavorare duramente, ottenere buoni risultati e scalare la gerarchia aziendale; oggi è importante considerare percorsi di carriera meno verticali e modalità differenti di valutare le performance, per garantire opportunità concrete di crescita dei dipendenti, all’interno dell’organizzazione.
Offrire strutturalmente opportunità per sviluppare nuove competenze o fare nuove esperienze, come lavorare su progetti critici o spostarsi lateralmente in nuovi ruoli, è la chiave per accelerare il processo di adeguamento della gestione strategica delle risorse umane. Questi “micro” traguardi possono fornire ai lavoratori più giovani non solo un percorso di carriera più dinamico, ma anche un feedback più immediato sul loro processo di crescita e una maggiore consapevolezza di essere apprezzati dall’azienda.
Grazie alla sua vasta rete di professionisti altamente qualificati e esperti in diversi settori, TIM Management è in grado di fornire alle aziende il supporto di interim manager esperti nella gestione del cambiamento che possono contribuire a creare un ambiente di lavoro più stimolante e ad accrescere le competenze dei manager più potenziali, motivandoli a rimanere nell’organizzazione.
Questo diventa particolarmente rilevante in caso di passaggio generazionale per le aziende familiari, dove il manager a interim lavora per stabilire una relazione costruttiva tra il giovane successore e l’imprenditore, colmando il gap di competenze ed esperienza, con l’obiettivo di potenziare la competitività aziendale e garantire una continuità di successo all’impresa.
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