Il nostro team

La missione di TIM è quella di supportare le Aziende nelle fasi di sviluppo e/o di ristrutturazione, affiancandole nella gestione del cambiamento

Era davvero la scelta migliore? La differenza tra reclutare un manager con il supporto di una società specializzata in Interim Management e farlo da soli.

Immagina il seguente scenario: uno dei membri del board della tua azienda deve andare in maternità e sarà assente dal lavoro per sei mesi. Assumere un sostituto per il ruolo sarebbe troppo dispendioso in termini di risorse, considerando il periodo relativamente breve dell’assenza della manager.

 

Tuttavia, è necessario assicurarsi che il ruolo sia gestito con competenza e che l’attività della funzione proceda regolarmente fino al ritorno della collega. Ci si trova quindi di fronte a una scelta per cui le opzioni più comuni sono le seguenti:

  • Un altro membro del Board assume i compiti della collega in maternità, oltre ai propri.
  • Un membro del team funzionale della collega in maternità può avanzare e agire come supplente nel ruolo.
  • Un manager esterno che tu o qualcun’altro nell’organizzazione conoscete bene e che possiede le competenze necessarie è disponibile e lo porti a bordo come consulente interim.

Sembra familiare questo scenario? Non ci stupiamo, molti dei clienti con cui parliamo si sono trovati nella stessa situazione e hanno scelto una o più delle tre opzioni. 

A volte il risultato di questa scelta è ottimo, ma spesso l’insegnamento è che:

  • I compiti aggiuntivi presi in carico dal collega erano eseguiti solo in parte. Questo ha influenzato negativamente anche le prestazioni del manager nel proprio ruolo.
  • Le competenze o l’esperienza della risorsa che è stata promossa a supplente potrebbero non essere sufficienti. Nel lungo periodo, questo potrebbe portare il manager a scegliere di lasciare l’azienda quando la collega in maternità sarà di ritorno, non essendo più soddisfatto del proprio ruolo originale e percependo un declassamento.
  • La missione è stata portata a termine, ma non con il miglior risultato possibile. La persona selezionata attraverso il networking non era necessariamente la più adatta per svolgere il compito.

 

Ma qual è Il grado di soddisfazione delle aziende dopo aver utilizzato una società specializzata in Interim Management?

È stato recentemente pubblicato uno studio che rileva come le organizzazioni che hanno utilizzato una società di Interim Management siano mediamente più soddisfatte rispetto a quelle che hanno utilizzato altre alternative per ricercare e nominare un Interim Manager. Lo studio ha intervistato 249 aziende riguardo le loro esperienze nella nomina dell’Interim Manager e al grado di soddisfazione nelle performance riscontrate.

 ( Interim Leadership Success Study, Helmut-Schmidt-Universität , 2015) )

Ciò che salta all’occhio nei risultati dello studio è il metodo con cui le aziende, soddisfatte o insoddisfatte, hanno nominato i loro Interim Manager. 

Le aziende soddisfatte hanno utilizzato una società specializzata nella ricerca di Interim Manager nel 78% dei casi. Al contrario, il 75% di coloro che sono insoddisfatti del risultato hanno gestito il reclutamento in proprio, utilizzando il networking.

Una delle conclusioni del rapporto è che una società interim professionale aggiunge valore alla nomina dell’Interim Manager con il suo processo strutturato, il suo grande database di Interim Manager e soprattutto l’esperienza nell’identificare, valutare e abbinare i candidati più pertinenti per l’incarico. Questo valore aggiunto è difficile da eguagliare per l’organizzazione interna di un’azienda, anche perché la nomina di Interim Manager è relativamente rara.

TIM Management è la più antica società di Interim Management in Italia. La flessibilità e la competenza verticale dei suoi manager a interim consentono di massimizzare le potenzialità aziendali e affrontare con successo tutte le situazioni di trasformazione, cambiamento e difficoltà che richiedono l’apporto di un manager esperto che ha già affrontato con successo situazioni analoghe. TIM Management è in grado di fornire soluzioni manageriali studiate in base alle esigenze specifiche di ogni cliente.

Tratto da un articolo di Björn Ulfberg

MANAGING DIRECTOR INTERIM EFFECT · PARTNER

Come l’ESG Ridefinisce la Gestione del Rischio

Come mettere al sicuro il futuro dell’azienda incorporando i fattori ESG nella gestione del rischio, assicurando il raggiungimento di una crescita sostenibile e resiliente? In uno scenario globale caratterizzato da cambiamenti costanti, comprendere e gestire i rischi è una parte integrante della costruzione della resilienza organizzativa e del consolidamento della reputazione aziendale. In questo contesto, il crescente focus sui fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) è una tendenza che mette le aziende davanti a molteplici prospettive e sfide, comprese quelle relative alla gestione del rischio.

 

I diversi organi che regolano e vigilano su tematiche ambientali, sociali e di governance, intervengono costantemente sui requisiti, sempre più dettagliati e articolati, necessari per l’adeguamento ai parametri ESG. Allo stesso tempo, gli stakeholder – dai membri del CdA, ai clienti fino agli investitori – aumentano le loro aspettative in queste aree e indirizzano i loro investimenti sulla base delle scelte aziendali relative ai fattori ESG. Ciò significa che gestire tali rischi è diventato un esercizio obbligatorio, oltre che una questione di fiducia e responsabilità per il management. 

Elaborare una solida strategia ESG non è semplicemente qualcosa di opzionale, o superfluo, ma rappresenta una componente fondamentale per ottenere una resilienza aziendale a lungo termine – e per attrarre investimenti. Una gestione vigile e integrata dei rischi ESG è la spina dorsale di una solida strategia aziendale, collegando i fattori ESG con gli elementi di rischio più tradizionali. Fornendo così un approccio completo, basato sulla mitigazione del rischio, ma anche costruito sulla capacità di identificare opportunità che non erano state prese in considerazione in precedenza. Possiamo individuare alcune aree di attenzione per dirigersi verso una gestione olistica e integrata del rischio.

Gestione integrata dei rischi ESG: cos’è la doppia materialità

La mancanza di definizione nei ruoli, una distribuzione delle responsabilità e delle capacità non adeguate, possono portare l’azienda a processi di gestione del rischio incoerenti e non coordinati all’interno dell’organizzazione, soprattutto quando si tratta di integrare gli aspetti legati ai fattori ESG. Per questo le aziende dovrebbero rapidamente rivedere la struttura di governance per allinearla alle aspettative degli stakeholder e stabilire un quadro integrato di propensione al rischio, incorporando le competenze delle funzioni rilevanti (come, ad esempio, i team che si occupano direttamente e indirettamente di sostenibilità). In questo modo, oltre a garantire la semplificazione della tassonomia e della metodologia di gestione del rischio, i processi diventano più efficaci e meno dispendiosi. 

Questa valutazione del rischio che incorpora i fattori ESG si definisce: valutazione della doppia materialità. L’output del processo di assessment serve a stabilire come i rischi di sostenibilità possano impattare sulle finanze di un’azienda, ma anche a quantificare l’effetto che le attività dell’azienda avranno sulla società e sull’ambiente; facilitando la pianificazione futura e la gestione del rischio e, allo stesso tempo, rafforzando la responsabilità verso gli stakeholder, la società e l’ambiente. La doppia materialità diventa così l’elemento centrale del piano di sostenibilità economica e finanziaria dell’azienda.

Valutare la doppia materialità in modo completo può essere dispendioso in termini di risorse e richiede competenze specifiche e conoscenza dei parametri di riferimento. Le aziende potrebbero non disporre delle risorse necessarie, o potrebbero decidere di allocarle verso attività ritenute maggiormente prioritarie, inoltre le aziende possono incontrare difficoltà nell’integrare i risultati di una valutazione della doppia materialità nella strategia aziendale e nei processi di gestione del rischio per questioni di cultura aziendale e di mancanza di flessibilità.

Gestione del rischio delle terze parti 

La gestione del rischio delle terze parti è diventata sempre più importante a causa dei fattori ESG, potendo questi ultimi impattare sui partner, sui fornitori e in generale sulle altre terze parti affiliate, andando potenzialmente a impattare sulla sostenibilità complessiva e sulla reputazione dell’azienda. Adottando una gestione puntuale dei rischi legati alle terze parti, le aziende possono controllarli meglio, allineare le operazioni agli obiettivi ESG e garantire che le loro pratiche aziendali soddisfino in pieno gli standard normativi, etici e sociali. Spesso, non esiste una gestione unica e un inventario trasparente delle relazioni con terze parti: questa potenziale confusione è terreno fertile per l’insorgere di potenziali lacune e sovrapposizioni nelle attività di gestione del rischio.

Alcune soluzioni pratiche sono rappresentate dall’attivazione di valutazioni del rischio, sondaggi e screening dedicati ai fornitori che possono essere utilizzati in combinazione con il framework di controllo e i regolamenti già presenti in azienda. Per questo è importante utilizzare la massima trasparenza nel centralizzare i set di dati dei fornitori e delle terze parti in modo da ottenere una prospettiva coerente e unitaria del profilo di rischio. Alcune soluzioni tecnologiche possono venire in aiuto del management, supportando il monitoraggio continuo e l’analisi delle opportunità e delle minacce. 

Molte aziende applicano un approccio ad hoc ai controlli interni nelle aree legate all’ESG, senza utilizzare framework e metriche comuni, aumentando così il rischio di lacune o errori quando le aspettative e le valutazioni degli stakeholder sono sempre più orientate dalle politiche legate ai fattori ESG. 

Politiche e controlli efficaci ed integrati sono fondamentali per supportare l’integrazione dei fattori ESG nei sistemi di controllo, compresa la progettazione dei relativi metodi di analisi aziendale. Ovviamente, le aziende dovrebbero considerare di ottenere certificazioni – sempre più diffuse e richieste – per garantire le principali metriche ESG e la loro rendicontazione.

 

L’audit interno

Le funzioni di audit interno rappresentano un alleato fondamentale per i programmi ESG di un’azienda, grazie alla loro capacità di garantire approfondimenti proattivi e continui che aumentano la fiducia nella gestione dei rischi ambientali, sociali e di governance. Misurare e rendicontare i progressi e il raggiungimento di obiettivi definiti, fanno oramai parte del lavoro quotidiano di chi si occupa di Internal Audit, supportando le aziende nel comprendere le lacune legate ai fattori ESG, con un approccio integrato tra tutte le funzioni interessate. 

Un’alternativa pratica per le aziende meno strutturate come le PMI, potrebbe essere quella di investire in competenze esterne, con un focus sulla gestione dei rischi ESG: è un modo rapido ed efficiente per integrare modelli efficienti e condivisi a livello globale, all’interno di ogni organizzazione aziendale, anche la meno strutturata. Di fronte alla necessità di avviare un programma di monitoraggio e miglioramento dei parametri ESG, le organizzazioni possono incontrare varie difficoltà, tra cui la mancanza di adesione degli stakeholder, costi più elevati e difficoltà nel concretizzare i benefici previsti. In tal senso, la gestione del rischio, della qualità, e delle performance, sono aree di focus fondamentali per aiutare la direzione a prendere decisioni ben informate, e per convincere gli stakeholder a supportare il cambiamento, garantendo il perseguimento degli obiettivi prefissati. 

Un percorso a step

Per evitare di creare problemi alle funzioni aziendali coinvolte è sempre raccomandabile seguire un percorso a step: un primo passo, dovrebbe essere senz’altro quello di riesaminare il programma di gestione del rischio in funzione dei parametri ESG, conducendo un’analisi di fattibilità basata sulle best practice e sui benchmark (in-sector e off-sector). Successivamente sarà opportuno creare una roadmap per l’attuazione del programma, includendo misure immediate per la mitigazione dei rischi identificati, oltre a un piano per massimizzare i risultati. L’apporto della tecnologia, in questo campo, è inestimabile, ma solo se questa viene utilizzata per migliorare le capacità già presenti in azienda, e per agevolare il percorso verso l’adesione ai parametri ESG. 

Per fare in modo che la tecnologia sia pienamente di supporto è importante definire i requisiti tecnici e le competenze che servirebbero per portare avanti il progetto; in particolare quali figure sono in possesso di queste competenze e, soprattutto, se in azienda sono già presenti le suddette competenze/figure. Se non dovessero essere disponibili, cercare supporto esterno per guidare questo cambiamento, rappresenta la soluzione più efficace e razionale.

 

TIM Management offre da più di 35 anni supporto alle aziende, fornendo consulenza strategica e soluzioni manageriali per favorire la crescita e il cambiamento. Grazie alla sua rete di professionisti esperti, dotati di visione a lungo termine e competenze multisettoriali, rappresenta la scelta perfetta per sostenere l’azienda nel suo percorso di trasformazione e cambiamento. Nel suo database di oltre 7000 manager sono presenti esperti nella gestione del rischio e dei fattori ESG.Contattaci per costruire insieme un futuro aziendale vincente e duraturo.

Come prepararsi per il ruolo di CFO

Il coraggio di prendere rischi è una componente necessaria per chiunque aspiri a dirigere la funzione finanziaria in una grande azienda. I CFO devono possedere esperienza e competenze che vanno ben oltre la tradizionale expertise in budgeting, pianificazione e mitigazione dei rischi. I Chief Financial Officer sono sempre più frequentemente chiamati a operare come consiglieri del CDA e, ancora più spesso, dei CEO. E lo fanno su diversi aspetti, dalle priorità organizzative alla strategia.

 

Dopo alcuni anni di successo nella tesoreria di PepsiCo, Arun Nayar si rese conto che per fare carriera avrebbe dovuto integrare le sue competenze finanziarie con una esperienza più operativa. Per questo, convinse i dirigenti dell’azienda ad assegnargli un ruolo di supervisione della finanza nella divisione global operations, un’area di cui non sapeva nulla. “Quando partecipavo a quelle riunioni, era come una lingua diversa” ricorda. “Quella è stata la mia curva di apprendimento più rapida. Mi ha fatto nuotare in acque profonde, e dovevo nuotare o affogare.” Non solo quel periodo è stato fondamentale per realizzare la sua ambizione di diventare CFO, ma lo ha anche ispirato a formare il No Fear Club, attraverso il quale fa da mentore ad altri professionisti della finanza.

Nell’attuale scenario globale, estremamente volatile, i CFO devono valutare il potenziale impatto delle tensioni geopolitiche, dei progressi tecnologici, delle interruzioni macroeconomiche e dei rischi climatici: tutti fattori che in passato non venivano presi in considerazione. E con il numero di funzioni che devono fare riferimento al CFO in costante aumento, il ruolo di quest’ultimo deve andare oltre la finanza per migliorare le performance dell’intera organizzazione.

Il lavoro del CFO ha due dimensioni fondamentali: supervisionare la funzione finanziaria e garantire un’elevata performance all’organizzazione nel suo complesso. I professionisti finanziari che ambiscono a diventare CFO devono quindi sviluppare una visione di come realizzare entrambe le parti del loro mandato. Bisogna domandarsi, innanzitutto, come gestire l’eredità (in caso di lavoro di un predecessore) e in cosa sono diversi e migliori di altri potenziali candidati. Le esperienze di maggior successo consigliano di sviluppare una visione indipendente dell’azienda — dei suoi asset, della sua posizione nel settore e delle sue opportunità e rischi. 

In sostanza, alcuni dei quesiti da porsi per l’aspirante CFO potrebbero essere: 

  • I costi dell’azienda sono più alti di quelli dei competitor? 
  • Alcuni asset dovrebbero essere dismessi? 
  • È possibile individuare obiettivi che la gestione attuale potrebbe mancare? E quali accorgimenti adottare per realizzarli? Sono sostenibili questi interventi? 

È fondamentale che le strategie identifichino come allocare le risorse verso nuove opportunità di crescita. I CFO che comprendono i principali driver di business, le dinamiche del settore e la creazione del valore che saranno più impattanti per l’azienda. Una volta identificati i “trend” di mercato, è necessario capire se le competenze in quelle aree siano adeguate. Alcune aziende faticano a sviluppare un percorso di crescita e di cambiamento; chi ci riesce, anche coltivando figure e competenze specifiche, si ritrova ad avere un vantaggio competitivo quasi immediato. E dato che la relazione tra il CFO e il CEO è fondamentale per una leadership aziendale di successo, è essenziale identificare in che modo le due figure possano completarsi a vicenda, e lavorare in sinergia in maniera efficiente. In questa situazione il CFO non si occuperà più della sola finanza, ma arriverà a orchestrare in maniera organica le diverse funzioni aziendali.

Rafforzare le competenze più critiche per l’azienda 

Volendo semplificare, il mercato dei CFO si compone di tre categorie: 

  • esperti di contabilità (che possono essere ex controller)
  • professionisti dei mercati dei capitali (spesso con esperienze in investment banking) 
  • professionisti con esperienza operativa nel supportare i team aziendali nel miglioramento delle loro performance.

 

Anche se poche figure possiedono una conoscenza approfondita di tutte e tre le aree, un CFO deve essere capace di affrontare con competenza tutti gli aspetti della gestione aziendale e di dialogare con tutte le funzioni. Proprio come per i CEO, il successo dei CFO spesso dipende dal fatto che possiedano le caratteristiche necessarie all’azienda in un dato momento, e che siano capaci di muoversi agilmente all’interno delle diverse funzioni. 

E se la domanda è: quali competenze devono avere oggi i leader finanziari? Devono avere senz’altro un know-how strategico e comprendere i principali driver del business: finanziari, operativi e commerciali. “Il CFO non può più semplicemente restare nel suo ufficio,” dice Karen McLoughlin, ex CFO di Cognizant Technology Solutions. “Deve essere in grado di coordinare tutte le attività aziendali e le funzioni, e far collaborare con efficacia le persone.” Fondamentalmente, i CFO sono i primi responsabili e riferimenti dell’elemento umano della moderna funzione finanziaria.

Tutte queste sono competenze di base ma, negli ultimi tempi, sono emerse prepotentemente due nuove macro aree in cui è indispensabile la competenza del CFO: tecnologia e sostenibilità. La rapida digitalizzazione delle funzioni finanziarie e delle operazioni aziendali in generale, rendono fondamentale la competenza tecnologica. Quasi tutti i comitati di selezione aziendale interrogano i candidati CFO sulla loro conoscenza ed esperienza nella trasformazione digitale, nella cybersecurity e nell’IA generativa. Quanto più il CFO è in grado di ottimizzare la gestione dei dati e dei processi nell’organizzazione finanziaria, sfruttando la tecnologia, tanto più rapida ed efficiente sarà la sua efficacia nel supportare chi prende decisioni. La sostenibilità aziendale è un’altra delle priorità per i leader finanziari. Gli aspiranti CFO dovrebbero comprendere quali vulnerabilità ed opportunità si presentano per l’azienda in area ESG e sostenibilità. Comprendere il ruolo che la finanza gioca su questi argomenti, è cruciale sia per attrarre investimenti, e in termini di percezione esterna, sia per il miglioramento delle dinamiche interne all’azienda. I CFO devono lavorare affinché ci siano dei miglioramenti sul fronte dell’inclusione e della diversità, dimostrando una sensibilità, non solo di facciata, verso questi temi. 

Guidare un’iniziativa di valore per l’azienda

Uno dei modi migliori per dimostrare la prontezza per il ruolo di CFO è dirigere con successo un’iniziativa che crea un valore significativo per l’azienda, specialmente se implica una collaborazione con diverse unità aziendali. Costruire relazioni e fiducia nei team aziendali è il miglior modo per consolidare o migliorare il proprio ruolo, ed essere presi in considerazione per un ruolo da C-Level. Un buon CFO vuole che i dipendenti si sentano a proprio agio sapendo che chi li guida ha le conoscenze e le capacità per aiutarli a compiere al meglio il loro lavoro. 

Il CEO e il CFO sono tipicamente gli unici che hanno una visibilità completa delle aree funzionali e divisionali, il che rende una comprovata esperienza di collaborazione con altri dipartimenti un elemento distintivo e vincente per il CFO. È quest’ultimo ad avere la responsabilità di garantire i collegamenti operativi in azienda, e per farlo bisogna avere una credibilità e una dimostrata capacità di lavorare con ognuno dei leader aziendali e con le specifiche funzioni. In definitiva, gli aspiranti CFO devono essere riconosciuti per un’attività – non necessariamente rivoluzionaria – che abbia migliorato lo stato dell’azienda. Spingere chiunque, all’interno dell’organizzazione, ad affermare “ Siamo molto meglio oggi di quanto non fossimo ieri”. E questo è fondamentale nei momenti di calma e di crescita, ma è ancora più importante nei momenti di difficoltà della vita dell’impresa, quando devono essere prese decisioni complesse, sul piano strategico e operativo (oltre che umano), e quando, allo stesso tempo, la prontezza del CFO, e la fiducia riposta nella sua figura, sono elementi determinanti. Che si tratti di una ristrutturazione, di un’acquisizione, di un investimento o apertura di nuovi mercati, essere identificati per un’attività che abbia portato l’azienda a crescere – o che l’abbia salvata – è il più grande riconoscimento che un CFO possa ricevere. 

Ma come si arriva a ricoprire il ruolo di CFO? Innanzitutto è necessario essere “nel radar” del CEO e del CDA. Guidare un team di pianificazione e analisi finanziaria (FP&A) è una delle posizioni migliori per ottenere quella visibilità perché è strettamente allineata con il business. Possedere un insieme di competenze specializzate è essenziale per diventare un riferimento per i leader aziendali e le funzioni. Il ruolo del CFO è quello di alleato del CEO, anche fonte di una sana dialettica, responsabile primo nel fornire un secondo parere deciso e chiaro; ottenere la fiducia del chief executive è un patrimonio inestimabile per il CFO. 

E se il CFO giusto non è presente all’interno dell’organizzazione, questo succede di frequente nelle PMI ad esempio, è possibile orientarsi verso un Interim CFO. TIM Management offre da più di 35 anni supporto manageriale alle aziende, fornendo soluzioni per favorire la crescita gestire il cambiamento. Rappresenta il partner ideale per identificare una figura centrale come l’interim CFO. La sua rete di professionisti esperti, dotati di una visione a lungo termine e di competenze multi-settoriali, rappresenta la scelta perfetta per sostenere l’azienda nel suo percorso di trasformazione e cambiamento. Contattaci per costruire insieme un futuro aziendale vincente e duraturo.

Trasformare la leadership per trasformare le imprese

Plasmare nuovi modelli di business al fine di sfruttare al meglio tutte le opportunità e le risorse disponibili, può rappresentare una svolta radicale per molte imprese. Questa trasformazione implica l’adozione di prospettive strategiche più allargate, mirate all’esplorazione di nuove possibilità, di nuove forme di organizzazione e di gestione della leadership, allontanandosi dai modelli di leadership più tradizionali, caratterizzati da gerarchie rigide e da decisioni centralizzate, e abbracciando un approccio più flessibile, che incoraggi la collaborazione, l’innovazione e l’adattamento continuo.

Le imprese più brillanti hanno compreso che l’approccio del passato – ovvero quello legato alla massimizzazione dei dividendi per gli azionisti e volto a mantenere la stabilità di risultati e organizzazione, senza considerare l’impatto delle decisioni e delle attività su ambiente e società – non è più adeguato a fronteggiare la complessa situazione attuale; in particolare per quanto concerne le numerose sfide che la società e gli individui costantemente pongono alle aziende e che devono necessariamente essere prese in considerazione.

Un processo di trasformazione aziendale ha sempre un coefficiente di complessità elevato, anche quando l’azienda è una PMI o è nata con un approccio innovativo. Abbiamo già parlato in uno dei nostri ultimi articoli di come i processi di trasformazione ben strutturati devono svilupparsi in modo progressivo, portando così ogni membro dell’azienda a riconoscere che la trasformazione individuale e collettiva può solo comportare benefici.

Questa trasformazione richiede un grande sforzo ai CEO – indipendentemente dal fatto che si tratti di amministratori con un ruolo principalmente orientato alla pianificazione o che abbiano conservato responsabilità esecutive – poiché dovranno diventare autentici architetti, in grado di plasmare nuovi modelli di business e sistemi, sfruttando al massimo l’abbondanza di opportunità e di risorse disponibili.

Per molti Team Leader, questo nuovo approccio può rappresentare una rivoluzione totale nello stile di leadership e nel contenuto del loro lavoro, che si trasforma, passando dall’esecuzione e ottimizzazione di tattiche consolidate a una riflessione strategica profonda, votata all’esplorazione e alla creazione di competenze organizzative e connessioni sociali che permetta di:

  • Creare una solida e stabile piattaforma di competenze di base in grado di generare valore nel tempo;
  • Ottenere valore aggiunto applicando queste competenze di base a un portafoglio di attività aziendali in costante evoluzione, sia tramite un continuo sviluppo interno che attraverso una politica di fusioni e acquisizioni strategiche;
  • Amplificare il valore attraverso partnership creative con fornitori, distributori e perfino concorrenti, contribuendo a creare e a sviluppare gli ecosistemi industriali in cui agisce l’organizzazione, le filiere che sono fondamentali per l’economia del nostro paese.

La trasformazione di successo è un processo che si sviluppa gradualmente 

Per far sì che un’azienda cresca in modo sostenibile e inclusivo, è necessario trasformare la leadership a ogni livello, coinvolgendo i dirigenti aziendali, i responsabili delle principali divisioni e funzioni, nonché i responsabili delle unità all’interno di queste divisioni. In pratica,  in aziende di grandi dimensioni, questo processo potrebbe coinvolgere centinaia di dirigenti di alto livello – la stessa cosa vale per una PMI, le dimensioni sono diverse ma i principi di base rimangono gli stessi.

Inutile sottolineare che tali cambiamenti devono provenire dai responsabili, dai leader, da chi ha un ruolo gestionale. L’impulso alla trasformazione deve partire da chi dovrà fare in modo che tale trasformazione sia effettiva e attuata. La maggior parte delle persone non può essere costretta a cambiare, ma deve essere coinvolta attivamente nel processo di trasformazione, per arrivare a condividere la bontà del progetto aziendale. Quindi un buon processo di trasformazione si sviluppa gradualmente, consentendo alle persone di rendersi conto poco a poco che alla fine trarranno vantaggio sia individualmente che collettivamente dalla trasformazione stessa. È così che le organizzazioni inizieranno ad adottare una mentalità nuova, a sviluppare competenze e pratiche a livello individuale; a creare e implementare nuove definizioni e responsabilità per i ruoli dirigenziali, a definire nuovi percorsi di carriera, un nuovo piano di incentivi e di valutazione delle prestazioni. E’ una completa riformulazione dell’organizzazione che diviene una rete di team in grado di sviluppare autonomamente le aree di  business di competenza, e a lavorare in un ecosistema complesso in grado di raggiungere nuovi livelli di performance e impatto.

Un programma di trasformazione della leadership, potrebbe comprendere:

  • Workshops e sessioni di formazione per sviluppare nuove competenze e approcci di leadership.
  • Coaching individuale per supportare i dirigenti nel loro percorso di trasformazione.
  • Revisione delle strutture organizzative e dei ruoli di leadership per favorire un ambiente di lavoro più collaborativo ed efficace.
  • Creazione di programmi di sviluppo del talento per identificare e coltivare futuri leader all’interno dell’organizzazione.
  • Promozione di una cultura aziendale orientata all’innovazione, all’agilità e alla responsabilità condivisa.
  • Implementazione di sistemi di valutazione delle prestazioni basati su obiettivi chiari e misurabili.

Questi elementi lavorano insieme per promuovere una trasformazione della leadership efficace e coinvolgente che permette all’azienda di adattarsi alle sfide e alle opportunità del contesto globale in cui opera.

Una guida e un punto di riferimento sicuro nei processi di trasformazione aziendale; questo è quello che gli Interim Manager offrono ai loro clienti, accompagnandoli attraverso processi di cambiamento che si rivelano fondamentali per il successo aziendale. La capacità di adattarsi alle mutevoli circostanze, creare sinergie nel leadership team ed essere subito in grado di contribuire e guidare lo sviluppo di nuove strategie e modelli di business sono solo alcune delle competenze che gli interim manager mettono in campo per ottenere risultati tangibili.

Insieme a TIM Management, grazie al suo approccio completo alla trasformazione della leadership, l’azienda potrà essere pronta ad affrontare le sfide più difficili in modo proattivo e a raggiungere nuovi traguardi.

Contattaci per scoprire come trasformare la tua impresa.

La sintonia tra CEO e Board è fondamentale per il cambiamento dell’azienda

Per i Leader è sempre difficile gestire le situazioni di cambiamento e trasformazione, pochi di loro hanno avuto successo nel gestire il cambiamento in aziende e settori differenti. Le trasformazioni di successo richiedono qualcosa di più di una semplice esecuzione delle operazioni in modo più snello e di un aumento progressivo dei margini di profitto; le aziende e soprattutto il loro Board devono allinearsi verso un obiettivo chiaro e condiviso per compiere passi più ambiziosi: innovazione, revisione strategica del portafoglio e riposizionamento sul mercato. Questa è una mentalità diversa che richiede uno stile di leadership diverso.

Alcuni punti chiave da tenere sotto controllo per il CEO coinvolto in un processo di cambiamento e trasformazione aziendale:

Assicurare l’allineamento del CDA e dei C-Level

Il consiglio di amministrazione gioca un ruolo fondamentale nei processi di trasformazione. In primo luogo, deve assicurarsi che la leadership sia quella adeguata alla situazione, serve il CEO giusto, qualcuno che possa mettere in discussione lo status quo, delineare una visione per il futuro e implementare un programma per il cambiamento. Se mancasse uno di questi elementi, il CdA dovrebbe ripensare alla leadership. In verità la selezione di un nuovo CEO è una delle fasi più critiche, serve qualcuno che non abbia esitazioni nel mettere in discussione lo status quo, qualcuno che abbia una mentalità aperta, ascolti e interagisca con il CdA in maniera sincera e positiva e non dia la sensazione di avere già tutte le risposte.

I nuovi CEO tendono ad avere migliori risultati a lungo termine nelle trasformazioni, misurati dal rendimento totale per gli azionisti a lungo termine. Ce lo conferma un’analisi di BCG che ha rilevato che un nuovo CEO è uno dei tre fattori correlati al successo della trasformazione a lungo termine.

 

 

Focus sull’Execution

L’execution è un altro fattore strategico rilevante per i CEO, a partire dall’assegnazione delle priorità nei progetti di trasformazione. Quando si hanno decine di iniziative in corso non è efficace concentrarsi su tutte allo stesso modo; le aziende devono restringere l’elenco delle priorità strategiche alle tre o quattro iniziative più importanti, coordinarle attraverso un unico programma di trasformazione e allocare il capitale, il talento e altre risorse, come il marketing e gli investimenti in ricerca e sviluppo, necessari per avere successo.

Per farlo le aziende devono monitorare costantemente i risultati, con metriche chiare e una sequenza temporale di traguardi e obiettivi chiave. I leader devono poter vedere i risultati settimanalmente o anche giornalmente in alcuni casi. È necessario vincere nel breve termine per trionfare nel medio termine e piccoli successi condivisi all’interno dell’organizzazione possono dare una grande spinta al cambiamento.

 

Gestire attivamente il portafoglio prodotti

Cambiamento non significa fare la stessa cosa in modo più efficiente, significa identificare mercati promettenti da sfruttare e mercati contratti da cui uscire. Oltre a semplificare il portafoglio prodotti e servizi, le aziende possono concentrarsi su un diverso segmento di clientela, un diverso mercato geografico o un diverso modello di business. La decisione di vendere una particolare unità aziendale o una linea di prodotti può essere particolarmente impegnativa se quest’ultima produce ancora risultati ma non è più in linea con l’agenda di trasformazione. In questi casi, le aziende devono essere disciplinate nell’affrontare decisioni difficili in un quadro strategico condiviso.

 

Identificare e mitigare i rischi

Qualsiasi trasformazione porta con sé un peggioramento più o meno accentuato del profilo di rischio aziendale, sia durante l’iniziativa che successivamente. I cambiamenti potenzialmente portano nuovi rischi sia dal punto di vista finanziario che organizzativo e il consiglio di amministrazione deve saperli identificare e mitigare. Questo è un processo che il CEO deve saper gestire con equilibrio, rassicurando gli stakeholders, inclusi gli investitori, insieme al proprio Board senza evitare di intraprendere azioni correttive, anche profonde, se necessarie.

Durante la trasformazione, i CEO devono sempre collaborare con la direzione per garantire che il processo di implementazione sia sotto controllo e che l’organizzazione possa raggiungere i suoi traguardi chiave: riduzione dei costi, sinergie, crescita o altri parametri. E dopo la trasformazione, il consiglio di amministrazione deve valutare il nuovo profilo di rischio dell’azienda e saperlo tenere sotto controllo con un monitoraggio continuo basato su nuovi KPI.

Coinvolgere gli stakeholder chiave

Le trasformazioni richiedono una visione coerente condivisa con tutti gli Stakeholders, interni ed esterni. In questo contesto i CdA e i Board devono però saper mantenere una flessibilità sufficiente ad adattare la strategia aziendale ai cambiamenti di breve periodo, per poter mantenere la rotta verso gli obiettivi finali. Il CEO ha sempre bisogno della fiducia del CdA e degli investitori per superare i momenti di alti e bassi che, in un periodo come questo caratterizzato da grande instabilità esogena, sono frequenti e poco prevedibili.

Infine, le organizzazioni hanno sempre più bisogno di considerare i fattori ambientali, sociali e di governance come parte delle loro metriche di performance. Le questioni ESG ricevono maggiore attenzione da parte degli azionisti: un vantaggio per le aziende che adottano un approccio proattivo, ma uno svantaggio per quelle che esitano.

Per questo motivo, un Interim Manager può agire come un vero e proprio mentore all’interno dell’azienda e fornire una guida nel percorso dinamico e rivoluzionario dell’adozione di nuove strategie. Lo può fare assumendo la responsabilità di selezionare e guidare un team di esperti e di monitorare continuamente l’avanzamento dei progetti, per realizzare appieno il potenziale delle imprese, migliorando con successo i processi di gestione aziendale.

TIM Management offre alle PMI il supporto di Manager Interim esperti che, grazie alla loro esperienza e a competenze verticali sui settori di riferimento, possono facilitare l’implementazione di una strategia vincente e garantire il successo dell’impresa nel medio-lungo periodo.

Contattaci per stimolare la tua azienda a innovare processi e prodotti.