Il nostro team

La missione di TIM è quella di supportare le Aziende nelle fasi di sviluppo e/o di ristrutturazione, affiancandole nella gestione del cambiamento

Turnaround aziendale: come trasformarlo in un’opportunità

I momenti di crisi possono essere tramutati in opportunità, ma solo attraverso il supporto di un partner che conosca e comprenda quella situazione di crisi e dei professionisti con le giuste competenze. E del resto “Turnaround” vuol dire proprio “inversione di tendenza”. 

 

Nei periodi caratterizzati da incertezza e difficoltà è fondamentale avere all’interno dell’organizzazione le competenze necessarie per sviluppare, gestire e realizzare i cambiamenti nel modello di business che siano rapidamente implementabili e sostenibili nel lungo termine. 

In particolare, il team di turnaround management, quando chiamato ad intervenire, deve operare nelle seguenti aree:

  • Definizione e attuazione di un piano di risanamento per preservare il valore dell’azienda.
  • Affrontare tempestivamente la crisi di liquidità, garantendo visibilità e controllo sulla tesoreria.
  • Conversione in liquidità del capitale circolante e degli asset non indispensabili.
  • Identificazione e implementazione di azioni mirate a migliorare la redditività.
  • Progettazione e gestione dei cambiamenti necessari a un modello di business non più redditizio.

La ristrutturazione aziendale e il miglioramento delle performance rappresentano processi complessi che richiedono grande attenzione sia nella definizione della strategia che nell’esecuzione del piano d’intervento. Quest’ultimo viene di norma sviluppato dalla figura incaricata dell’attuazione del piano di Turnaround. In situazioni di difficoltà è essenziale agire rapidamente, senza compromettere l’operatività quotidiana, ma molte aziende si ritrovano a non avere figure interne capaci o con competenze adatte ad affrontare con successo la crisi.  

Un intervento tempestivo e centrato, contribuisce a ristabilire la fiducia tra gli stakeholder e testimonia l’impegno nel trovare una soluzione alla crisi, trasformandola velocemente in un’opportunità di cambiamento, pronta da cogliere. 

Le aziende in difficoltà si trovano spesso a dover affrontare situazioni complesse caratterizzate da carenze manageriali e di competenze interne. Un Interim Manager può essere una soluzione efficace nell’immediato, grazie alla sua capacità di assumere in pochi giorni posizioni di vertice all’interno dell’organizzazione – quali Chief Restructuring Officer, Chief Financial Officer o Chief Executive Officer –  con l’obiettivo di guidare l’impresa in un processo di rilancio.

Allo stesso tempo, l’assunzione dell’incarico da parte dell’Interim Manager, quando accompagnato da un ruolo effettivamente operativo – grazie a deleghe specifiche – consente di eliminare i rischi legati alla discontinuità manageriale, garantendo una più rapida esecuzione del piano di ristrutturazione.

Una gestione operativa proattiva e concreta del processo di risanamento

L’intervento dell’Interim Manager è efficace perché si concentra, come primo passo, sul miglioramento della gestione del capitale circolante, in particolare in situazioni di grave difficoltà; e questo attraverso azioni mirate ad accelerare la generazione di liquidità dalla gestione operativa attraverso azioni mirate: a partire dalla negoziazione con i fornitori dei tempi di pagamento, alla revisione dei piani di investimento, fino all’eventuale dismissione di attività non strategiche.

Queste attività consentono di stabilizzare l’operatività aziendale e, nei casi più complessi, di guidare l’azienda verso l’approvazione del piano di ristrutturazione, più efficace se guidato da una figura esperta in cui riporre fiducia.

Il primo elemento che un Interim Manager esperto considera, ancor prima di iniziare il processo di Turnaround aziendale, è verificare che i cambiamenti da attuare siano realistici e attuabili, nel contesto del modello di business di riferimento dell’azienda. Ma, allo stesso tempo, i cambiamenti devono essere duraturi e rapidamente implementabili. 

Gli Interim Manager professionisti del network di TIM Management si integrano perfettamente con il team aziendale, entrando a far parte a tutti gli effetti dell’organigramma e collaborando strettamente con il management; in questo modo sono in grado di fornire sempre le soluzioni più adatte e personalizzate al caso specifico.

Quali sono i fattori distintivi dell’approccio di TIM Management?

TIM Management vanta una lunga esperienza nell’ambito della gestione d’impresa, e, attraverso un network di professionisti di qualità e dalle comprovate capacità manageriali,  garantisce la presenza full-time di risorse senior per assicurare che il processo di turnaround sia rapido ed efficace. Le competenze settoriali e funzionali, dei manager del network TIM Management, vengono coordinate e gestite sfruttando la vasta esperienza in ristrutturazioni aziendali e in ruoli apicali d’impresa. 

E questo perché TIM Management: 

  • garantisce l’utilizzo di competenze interdisciplinari, sfruttando una rete ampia e diversificata di Manager,
  • assicura  un’assunzione piena di responsabilità da parte dei manager nel conseguimento degli obiettivi comuni economici e di business,
  • adotta un processo fact-based, in cui le decisioni sono basate solo sui fatti, con un approccio di piena trasparenza verso i diversi stakeholder,
  • adotta una strategia che prevede la formazione di team di lavoro eterogenei a supporto del manager (anche con risorse già presenti in azienda) per valorizzare il know-how interno e agevolare l’implementazione dei cambiamenti attraverso una piena integrazione tra Interim Manager e figure interne all’azienda.

Grazie al suo approccio, TIM Management può offrire al board e al management risorse senior dedicate e concentrate su ogni fase del processo.

Con un’esperienza lunga  più di 35 anni, è il partner giusto per supportare le aziende in diversi momenti della vita aziendale. Professionisti della gestione d’impresa, pronti a far fronte alle situazioni più complesse. 

Contattaci per costruire insieme un futuro aziendale vincente e duraturo.

Alla ricerca di Business sostenibili: le imprese familiari possono essere una soluzione

Risultati interessanti dall’ultimo report globale di KPMG che analizza lo stato della sostenibilità nelle aziende e in particolare nelle imprese familiari. 

 

Il report annuale recentemente pubblicato da KPMG in collaborazione con lo STEP Project Global Consortium conferma il ruolo crescente e centrale delle imprese familiari nel processo di transizione verso forme di business più sostenibili.

Un dato incontrovertibile – il 43% – delle imprese coinvolte nello studio ha affermato di integrare la sostenibilità nel proprio modello di business, considerando questo passaggio oramai inevitabile. Il motivo è da ricercare nella creazione e nel trasferimento di valori condivisi alle generazioni successive, caratteristico di una visione del business orientata al lungo termine; si tratta di una visione presente da sempre nel capitalismo familiare ma che, davanti alla sfida dello sviluppo di un modello che sia efficiente ma anche sostenibile, diventa sempre più centrale e funge da guida nel cammino verso nuovi paradigmi di sostenibilità.

Il report di KPMG – ‘In viaggio verso la sostenibilità‘ – ha raccolto strategie, esperienze e intuizioni di alcuni leader aziendali di imprese familiari, cercando di individuare un pattern ripercorribile,  combinando tutto questo con i dati di performance in ambito di sostenibilità di 2.439 imprese familiari provenienti da 70 paesi in Europa, Americhe, Medio Oriente, Africa e Asia-Pacifico. La metodologia di analisi si è basata su modelli di indagine qualitativi e quantitativi; il report ha evidenziato come l’impegno multi-generazionale nel creare valore per gli stakeholder sia un componente chiave della leadership di molte imprese familiari. Questa tendenza ha richiesto un significativo cambiamento di mentalità (imprescindibile per tramutare delle esperienze sporadiche in un modello praticato); infatti, le azioni finalizzate a rendere il proprio business coerente con i parametri di sostenibilità non sono più percepite come un costo aggiuntivo, ma come un investimento cruciale per il futuro. Anzi, come una vera opportunità di crescita. 

I risultati del report indicano che la sostenibilità è un elemento centrale del patrimonio valoriale familiare. Investire e operare in modo sostenibile non rappresenta solo “la cosa giusta da fare”, ma sta diventando un vero e proprio motore di crescita per l’azienda.

Il report inquadra alcune “regole auree” per le imprese familiari che vogliono migliorare le proprie performance in termini di sostenibilità

  1. Pratiche di governance strutturate: una solida governance aziendale è fondamentale per migliorare l’efficacia dei processi aziendali e per l’istituzione di meccanismi di controllo. In contesti di impresa familiare, le strutture di governance hanno un ruolo ancora più ampio poiché la comunicazione tra i membri della famiglia contribuisce a definire l’identità e gli obiettivi strategici della famiglia-impresa stessa. Spesso, la solidità della governance viene determinata dalla presenza del consiglio di amministrazione e del consiglio di famiglia, che, oltre a gestire l’azienda, disegnano un modello efficace di definizione degli obiettivi e di attuazione delle strategie. A loro volta, i membri indipendenti dei CDA e i rappresentanti delle nuove generazioni della famiglia degli imprenditori sono spesso i promotori principali della introduzione di strategie di sostenibilità definite formalmente, con il consiglio di amministrazione responsabile della strategia e tutti gli attori chiave della governance familiare coinvolti nell’attuazione.
  1. Coinvolgimento attivo dei membri esterni alla famiglia:  secondo il sondaggio, il 99% degli amministratori delegati nelle imprese familiari ricopre più ruoli, con oltre la metà che svolge anche la funzione di presidente del consiglio di amministrazione, e circa un terzo presente nel top management. Il consiglio di amministrazione, come intermediario tra proprietari e direzione, rischia di perdere di vista le tendenze emergenti se non accoglie attivamente contributi esterni. Le imprese familiari con una presenza dominante di membri della famiglia nel consiglio di amministrazione e nel top management possono beneficiare di prospettive esterne che migliorano le prestazioni di sostenibilità e la misurazione degli obiettivi.
  1. Gestione “diffusa” dell’impresa familiare: mantenere il controllo dell’azienda esclusivamente in ambito familiare potrebbe non essere la scelta migliore per quanto riguarda l’implementazione delle azioni legate al miglioramento della sostenibilità; soprattutto se l’azienda necessita di ristrutturazioni significative per aggiornare il modello di business e soddisfare nuovi standard di settore e richieste degli stakeholder. In tali casi, l’apertura del capitale a soggetti terzi, come i fondi di Private Equity, può facilitare l’adozione di standard di sostenibilità più elevati.
  1. Diversità di genere nella composizione del board: la diversità, in particolare la presenza femminile nel consiglio di amministrazione, può contribuire significativamente a migliorare le performance in materia di sostenibilità. Le imprese familiari con donne presenti nel consiglio di amministrazione registrano performance positive sia dal punto di vista economico che ambientale e sociale. È stato dimostrato che le donne nei CdA possono apportare nuove idee, e la loro presenza critica cambia le dinamiche del consiglio, aumentando la probabilità che proposte in ambito ESG e sotenibilità vengano considerate e implementate.
  1. Digitalizzazione e innovazione: sostenibilità e digitalizzazione sono strettamente interconnesse: le tecnologie digitali rappresentano un fattore chiave per migliorare la sostenibilità. Le aziende integrano le soluzioni digitali nella loro strategia di sostenibilità per aumentare l’efficienza, ridurre i costi e promuovere innovazioni sostenibili. Le soluzioni digitali sono già parte integrante delle strategie delle imprese familiari e sono considerate come elementi di differenziazione chiave per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità. Una chiave per aumentare il proprio coefficiente di competitività è sicuramente il grado di digitalizzazione dell’impresa. 

È evidente che il paradigma di riferimento stia cambiando, e solo chi riuscirà a coniugare un approccio orientato al profitto con un impatto positivo su società e ambiente continuerà a crescere e a rimanere competitivo. In quest’ottica, le imprese familiari italiane, da sempre attente ai dipendenti, al territorio e alla centralità delle persone, possono rappresentare senz’altro un modello di riferimento a livello internazionale. 

TIM Management offre da più di 35 anni i Manager e i Leader che possono supportare le aziende in diversi momenti della vita aziendale. Professionisti della gestione d’impresa, che si integrano perfettamente con l’organigramma aziendale e sono pronti a far fronte a situazioni complesse, come cambi generazionali o ristrutturazioni d’impresa. TIM Management è il partner ideale per identificare le figure centrali per il management aziendale. La sua rete di professionisti esperti, dotati di una visione a lungo termine e di competenze multi-settoriali, rappresenta la scelta perfetta per la crescita e il cambiamento. Contattaci per costruire insieme un futuro aziendale vincente e duraturo.

L’approccio all’innovazione cliente-centrica

Le aziende devono sempre mettere i bisogni dei clienti al centro dei loro programmi di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e servizi, per risolvere realmente i loro problemi e garantire così il successo dell’innovazione. Capire i bisogni, e prima ancora capire quali desideri sono alla base di questi bisogni, è la vera sfida di ogni azienda che voglia innovare con successo.

 

Una famosa citazione di Henry Ford recita: “Se avessi chiesto alle persone cosa volevano, avrebbero detto un cavallo più veloce“. Un iperbole, certo, che però mette in evidenza l’importanza di comprendere a fondo i bisogni dei clienti per capire che direzione intraprendere per lo sviluppo dell’innovazione. Anche a prescindere da quelle che sono – o sembrano essere – le intenzioni e i desideri delle persone. Ma cosa sarebbe successo se Ford avesse posto una domanda diversa? Cosa sarebbe successo se avesse approfondito i bisogni, i desideri e i punti dolenti dei clienti? Probabilmente avrebbe scoperto che i veri problemi che i clienti volevano risolvere erano i tempi di viaggio troppo lunghi, la bassa affidabilità e la capacità di carico limitata, problemi indubbiamente difficili da risolvere rimanendo nell’ambito del trasporto equino.

Oggi la voglia di innovare gli assortimenti e i processi aziendali, è più forte che mai. Anche se questa voglia non sempre trova sbocco nei giusti investimenti.  E anche quando l’azienda investe correttamente, uno degli errori più grandi di chi si occupa di innovazione nell’azienda, è inseguire una domanda immaginaria dei clienti, direzione che rischia spesso di portare a un grande lavoro di sviluppo e risultati deludenti sul mercato. Ponendo, al contrario, la desiderabilità al centro dell’innovazione, le aziende riescono a scoprire e risolvere veramente i bisogni del cliente. Boston Consulting Group ha sviluppato un modello per aiutare le aziende a raggiungere il così detto product-market fit, garantendo il successo dell’innovazione e dando sistematicamente priorità ai veri bisogni dei clienti.

I 4 passaggi della validazione

Il modello prevede quattro passaggi per validare i concetti nelle fasi iniziali e identificare opportunità di innovazione che siano destinate al successo:

  • Desiderabilità: Ovvero se un’idea è attraente per i clienti 
  • Fattibilità economica: Qual è la stima del potenziale e del margine
  • Fattibilità tecnica: La soluzione è tecnicamente e operativamente fattibile
  • Adeguatezza strategica: Considerando la strategia aziendale e i vantaggi competitivi

Si inizia sempre cercando di comprendere cosa le persone vogliono davvero. E del resto, se un’azienda ha qualcosa che i propri clienti vogliono, gli altri passaggi,  fattibilità economica, fattibilità tecnica e adeguatezza strategica, sono sempre risolvibili. Poniamoci le domande chiave: 

  1. Desiderabilità: Che impatto avrà la mia innovazione per i clienti?

La prima domanda da porsi è: esiste davvero una domanda per una nuova soluzione diversa e migliore? La risposta passa necessariamente da una corretta identificazione dei problemi dei propri clienti e delle soluzioni per risolverli; è quindi necessario:

  • Definire la missione, l’ambizione e gli obiettivi strategici per il nuovo business.
  • Identificare le esigenze più profonde degli utenti e del mercato, i loro bisogni non soddisfatti e i desideri latenti.
  • Delineare quali fattori e quali caratteristiche sono in grado di attivare nuove opportunità di mercato o necessitano di un’azione di sviluppo immediata.
  • Analizzare la concorrenza e identificare potenziali opportunità derivanti da settori che siano collegati, più o meno direttamente, a quello in cui si opera.
  1. Fattibilità economica: Il nuovo progetto porterà crescita e margine all’azienda?

Una volta identificata la giusta strada per risolvere un problema dei propri clienti, il passo successivo è determinare se sia possibile per l’azienda creare un prodotto o servizio sostenibile, che quindi crescerà nel tempo e porterà un risultato economico positivo. Bisogna pertanto: 

  • Sviluppare i potenziali modelli di business e delineare come l’innovazione potrà generare profitto, effettuando anche simulazioni con una forbice di risultati abbastanza ampia.
  • Definire la dimensione del mercato a cui si punta e analizzare potenziali ostacoli e tendenze, in particolare studiare il contesto competitivo.
  • Identificare il segmento di mercato, determinare i prezzi e sviluppare un piano di marketing.
  • Creare una previsione finanziaria da tre a cinque anni che possa guidare il piano di investimenti e sviluppo.
  1. Fattibilità tecnica: Siamo in grado di sviluppare un prodotto o un servizio in linea con le aspettative dei clienti?

La valutazione deve tenere conto dell’impatto che avrà questa innovazione sull’azienda e delle reali capacità interne, e quindi:

  • Definire gli strumenti necessari all’innovazione in particolare l’interazione tra hardware, software e servizi come il customer care o l’assistenza post vendita.
  • Specificare le caratteristiche critiche del MVP e definire la roadmap di sviluppo e lancio del nuovo prodotto.
  • Identificare i potenziali partner che aggiungono valore e creare modelli di cooperazione e co-innovazione.
  • Stabilire se l’organizzazione e l’assetto del team, compresi governance e processi, sono adeguati a gestire il nuovo prodotto in maniera efficace.
  1. Adeguatezza strategica: E’ compatibile con la strategia aziendale, il purpose e i valori ESG?

Infine, è il momento di considerare se l’azienda può generare valore e impatto in linea con gli obiettivi strategici. Per fare questo, serve:

  • Identificare le risorse aziendali da utilizzare e allineare la visione con la strategia aziendale e la visione a lungo termine.
  • Valutare l’impatto sociale sugli stakeholder sia interni che esterni.
  • Valutare le possibili sinergie con altri progetti aziendali o con partner esterni.

Errori da evitare

Spesso chi si occupa di scegliere se e come  innovare, ha la tendenza a sovrastimare i componenti di fattibilità economica e tecnica, senza dare alla attrattività per i clienti l’attenzione che merita. Ma concentrarsi sulla soluzione e definire il “come” prima di aver definito il problema, porta spesso a ignorare la componente più importante del successo: il bisogno-desiderio del cliente. Se non se ne tiene conto si finisce per produrre prodotti e soluzioni che non risolvono i veri problemi dei clienti, o che non li risolvono nei modi attesi dai clienti.

Ignorare il cliente o non mettere al centro i suoi bisogni quando si sviluppa innovazione è un grande rischio per le aziende può rivelarsi estremamente costoso; si possono sprecare risorse e perdere opportunità e potenziali vantaggi competitivi, o persino influire negativamente sulla reputazione del marchio. 

Ponendo la desiderabilità e il punto di vista del cliente al centro, le aziende possono ampliare l’orizzonte di ciò che possono risolvere e di come possono farlo. A volte, ciò che i clienti vogliono è anche diverso da ciò di cui hanno oggettivamente bisogno.

Tre modi per testare la desiderabilità

Quando si tratta di testare la desiderabilità, esistono una serie di tecniche che le aziende possono utilizzare. Si tratta di adottare una strategia di ricerca che, idealmente, combini ricerca etnografica, analisi quantitativa e valutazione dell’attrattività del mercato: 

  • Ricerca etnografica. Non si tratta solo di capire cosa o come qualcuno fa qualcosa, ma di capire il perché, cosa spinge a tenere quel comportamento o a desiderare quella cosa. La ricerca etnografica, prevalentemente qualitativa, fa emergere i bisogni latenti e non soddisfatti, cruciali per modellare nuovi prodotti e servizi ma non quantifica l’opportunità di mercato. 

 

  • Analisi quantitativa.  Fondamentale per quantificare l’opportunità, deve essere associata ai risultati della ricerca etnografica. Mentre la ricerca etnografica indaga sulle motivazioni profonde, i sondaggi quantitativi raccolgono i dati numerici necessari per supportare le scelte. Serve sondare un campione abbastanza ampio per ottenere la significatività statistica necessaria per arrivare a risultati conclusivi e a quantificazioni affidabili. 

 

  • Valutazione dell’attrattività del mercato.  A questo punto, meglio prima di attivare la fase di sviluppo dell’innovazione, è indispensabile effettuare una valutazione del panorama competitivo, del business case, della strategia di crescita e dell’approccio al go-to-market.

Il successo dell’innovazione aziendale risiede innanzitutto nello scoprire ciò che i clienti vogliono e ciò di cui hanno realmente bisogno, le due cose non sempre coincidono! La sfida non è quasi mai quella di costruire un cavallo più veloce. Abbracciando il mantra del “partire dalla desiderabilità”, ogni azienda può tracciare il suo percorso che porta a soluzioni innovative che finiranno per generare un impatto genuino e duraturo sulle performance e sulla competitività nel mercato.

TIM Management offre da più di 35 anni i Manager e i Leader che possono supportare le aziende verso un cambiamento sano, efficace e veloce. Professionisti dell’innovazione e della pianificazione strategica, competenti ed esperti ma sempre aperti allo sviluppo e all’innovazione. TIM Management rappresenta il partner ideale per identificare le figure centrali per il management aziendale. La sua rete di professionisti esperti, dotati di una visione a lungo termine e di competenze multi-settoriali, rappresenta la scelta perfetta per la crescita e il cambiamento. Contattaci per costruire insieme un futuro aziendale vincente e duraturo.

Come trovare la sintesi tra decisioni di breve e di lungo termine

Le aziende tendono a muoversi lentamente quando si tratta di elaborare i piani e quando c’è da decidere l’allocazione delle risorse. Ma se esistono delle decisioni da ponderare, che necessitano di un tempo adeguato per evitare errori, è pur vero che l’attuale mutevolezza dello scenario obbliga una maggiore – e migliore – propensione verso le decisioni a breve termine. 

 

Da tempo tutti i dati dicono che le aziende che sono attive nella riallocazione delle risorse ottengono risultati migliori rispetto a quelle che non lo fanno. Eppure, fare mosse audaci è molto più difficile di quanto sembri. L’inerzia inevitabilmente prende piede nella maggior parte delle organizzazioni. I leader tendono ad allocare le risorse sempre allo stesso modo, e non sempre a sostegno della crescita; allo stesso tempo, i team si perdono nei dettagli invece di evidenziare le fonti più importanti per la creazione di valore; e persino i dirigenti più brillanti cadono preda di comuni pregiudizi decisionali. L’ultimo sondaggio di McKinsey conferma fortemente queste osservazioni sull’allocazione delle risorse e identifica alcune pratiche che possono aiutare i leader ad affrontarle: troppe aziende non  perseguono efficacemente e ci determinazione le loro strategie, ostacolando così le possibilità di superare i concorrenti nel lungo periodo.

Nel nuovo sondaggio globale sull’allocazione delle risorse, McKinsey, registra che solo circa la metà dei 617 dirigenti e manager intervistati afferma che le loro aziende allineano efficacemente i loro budget con le strategie aziendali. Inoltre, solo il 53 percento afferma che le aziende finanziano adeguatamente le priorità che hanno identificato. Gli intervistati riportano che le loro organizzazioni non stanno prendendo abbastanza rischi con gli investimenti, suggerendo allo stesso tempo che il management potrebbe non pianificare con un focus sufficiente sul lungo termine. Al contrario, chi riferisce che la propria organizzazione è efficace nell’allineare il budget alle strategie aziendali – prendendo dei rischi accettabili – conferma che l’azienda supera i concorrenti sia per la crescita dei ricavi che nel ritorno sul capitale. 

In particolare, i risultati del sondaggio suggeriscono che ci sono 4 aree in cui posizionare l’azienda per intraprendere un percorso di performance positive a lungo termine, ovvero: Governance, Processi, Analisi, Decisioni. 

 

Governance: L’importanza di una leadership influente e coinvolta

Una governance efficace può determinare il successo o il fallimento della capacità dell’azienda di raggiungere i propri obiettivi strategici. Ne abbiamo parlato approfonditamente qui.  

L’impatto è più significativo quando il CEO è supportato da un forte team di pianificazione e analisi finanziaria e/o di strategia aziendale.

Gli intervistati convinti che la guida del team responsabile dello sviluppo del piano finanziario triennale o settennale dell’azienda può influenzare significativamente la performance dei C-level e di tutta l’organizzazione, sono anche quelli più propensi a sostenere che le loro organizzazioni superano i concorrenti. Anche il livello di coinvolgimento della leadership all’interno di un’organizzazione è importante. Gli intervistati che affermano che i leader spesso o quasi sempre danno una chiara direzione strategica alle unità aziendali e alle linee di prodotto sono quelli più propensi a riportare una sovraperformance finanziaria.

 

 

Processi: Più sono agili, meglio è

Le aziende spesso si muovono lentamente per creare piani e riallocare risorse, con tempi prolungati per la pianificazione finanziaria che possono ridurre il valore e l’impatto delle attività. Quasi la metà degli intervistati afferma che solitamente le loro organizzazioni impiegano almeno quattro mesi per sviluppare e approvare i piani finanziari strategici triennali o settennali, e un terzo afferma che ci vogliono almeno quattro mesi per finalizzare i budget annuali. Allo stesso tempo, i risultati del sondaggio suggeriscono che più breve è il processo, meglio è: infatti chi afferma che la propria organizzazione sviluppa e approva i piani finanziari strategici triennali o settennali in tre mesi, o meno, è anche più propenso a sostenere che la propria azienda supera i competitor  in termini di crescita dei ricavi e ritorno sul capitale; e ovviamente lo stesso vale per chi, nel sondaggio, ha affermato la propria azienda crea e approva il budget annuale in due mesi, o anche meno. 

Un’ulteriore conferma che la riallocazione agile delle risorse si collega frequentemente a delle sovraperformance finanziarie ce la danno le risposte al sondaggio, secondo cui, quando le aziende sono propense a riallocare le risorse tra le unità aziendali anche durante l’anno, spesso si assiste a una crescita dei ricavi e del ritorno sul capitale. 

 

Analisi: Un’analisi finanziaria rigorosa dei progetti è inevitabile

Le organizzazioni che utilizzano analisi rigorose e standardizzate per valutare le prestazioni delle iniziative e il loro potenziale di creazione di valore hanno la garanzia di adottare una valutazione coerente per le diverse parti dell’azienda, il che può aiutarle a dare la corretta priorità alle iniziative strategiche. Chi ha risposto che la maggior parte o tutti i progetti della propria azienda vengono valutati utilizzando metriche finanziarie (come il valore attuale netto o il tasso interno di rendimento) è più propenso a riportare che ci sono state migliori performance rispetto ai competitor in termini di crescita dei ricavi e ritorno sul capitale; i risultati del sondaggio, però, suggeriscono anche che il riconoscimento dell’incertezza nelle previsioni è importante; chi sostiene che le previsioni finanziarie della propria organizzazione, includono una gamma di risultati ampia e un’analisi puntuale dei rischi per i progetti è più propenso a sottolineare che le loro aziende sono maggiormente performanti.

I risultati suggeriscono anche che classificare i programmi strategici in base ai risultati finanziari può aiutare a guidare efficacemente le decisioni di allocazione delle risorse, ma solo se le aziende lo fanno in modo coerente

 

Decision making: Superare i pregiudizi per perseguire investimenti audaci

La natura umana è straordinaria. Rende possibile l’innovazione, insieme a una moltitudine di progressi inestimabili (non da ultimo nel settore sanitario, agricolo e del tenore di vita) di cui beneficiano miliardi di persone. Tuttavia, la natura umana è incline ai pregiudizi, che possono ostacolare l’innovazione stessa, specialmente nel contesto aziendale e organizzativo. Uno di questi pregiudizi è lo sforzo di raggiungere sempre il consenso totale tra i direttori, tendenza che può soffocare il dibattito e ostacolare le decisioni di pianificazione strategica. Se non affrontati, il pensiero di gruppo e l’avversione alle perdite – la tendenza a percepire le perdite più intensamente rispetto ai guadagni – possono facilmente impedire alle aziende di fare investimenti audaci, ovvero di impegnarsi in iniziative che hanno il potenziale di creare più valore rispetto agli investimenti a basso rischio. Superare questi pregiudizi spesso deve partire dall’alto. 

I risultati del sondaggio McKinsey supportano molte ricerche precedenti che suggeriscono l’importanza di un dibattito rigoroso all’interno del board come indicatore di successo nel prendere decisioni importanti: maggiore è il confronto, maggiori sono le probabilità di un ottenere risultato più soddisfacente. Gli intervistati concordano nell’affermare che le decisioni critiche di allocazione delle risorse delle loro organizzazioni sono spesso o quasi sempre precedute dal board che si impegna in un dibattito attivo. I dipendenti a qualsiasi livello di un’organizzazione a volte esitano a parlare nelle riunioni, specialmente se non sono d’accordo con un leader senior. Ma esiste un corpus di ricerche che suggerisce che il processo decisionale è più efficace quando vengono ascoltate più voci. I risultati suggeriscono anche che superare l’avversione alle perdite, un pregiudizio decisionale comune, giova alle aziende. Per superare l’avversione alle perdite, alcune aziende premiano i fallimenti nobili, cioè iniziative coraggiose, responsabili e ben eseguite che magari non raggiungono pienamente i loro obiettivi ma possono fornire lezioni preziose. 

 

 

Lezioni per oggi e per il futuro

I risultati suggeriscono che le organizzazioni che adottano un approccio di lungo termine riescono, allo stesso tempo, a trasformare la strategia in valore in tempi più brevi. Le organizzazioni che danno priorità alla creazione di valore a lungo termine rispetto ai profitti a breve termine sono molto più propense a tradurre efficacemente gli obiettivi strategici in un piano e in un budget efficaci e a produrre risultati migliori della concorrenza. Le aziende non possono restare ferme, le storie di crescita più spettacolari sono quelle rese possibili da un impegno incrollabile dei leader e da allocazioni delle risorse audaci, orientate su orizzonti temporali di lungo periodo. Man mano che la tecnologia avanza rapidamente e il futuro sembra ancora più imprevedibile, i leader di oggi stanno riaffermando ciò che è stato sempre fondamentale: serve competenza, comprensione del mondo, visione del futuro. E soprattutto coraggio. 

 

TIM Management offre da più di 35 anni supporto manageriale alle aziende, con competenza e coraggio. Fornendo soluzioni per favorire la crescita attraverso una pianificazione strategica solida e agile allo stesso tempo. Rappresenta il partner ideale per identificare figure centrali per il management aziendale. La sua rete di professionisti esperti, dotati di una visione a lungo termine e di competenze multi-settoriali, rappresenta la scelta perfetta per sostenere l’azienda. Contattaci per costruire insieme un futuro aziendale vincente e duraturo.

Essere manager non significa (ancora) essere leader

Leadership e gestione sono due cose ben diverse. Un buon manager non può prescindere da un approccio votato alla gestione efficiente, ma non deve neanche dimenticare che per guidare, per convincere, spesso serve un atteggiamento da leader.
Le decisioni, quelle difficili ma anche quelle meno complesse che cambiano i paradigmi, possono essere accettate con maggiore facilità se si percepisce una visione del futuro e non solo un approccio orientato all’esecuzione del compito.

 

Qualche tempo fa, in un’intervista radiofonica alla BBC, John P. Kotter, Professore emerito ad Harvard, esperto di Leadership e fondatore della scuola Kotter International, ha affrontato il tema della leadership efficace: la Cina aveva appena elevato nuovamente Xi Jinping al ruolo di leader del Partito Comunista; il generale David Petraeus si era dimesso dal suo incarico alla CIA pochi giorni prima; la stessa BBC stava attraversando uno scandalo di leadership. Tuttavia, la conversazione è rapidamente virata, come spesso accade, su una discussione riguardo a come gli individui possano gestire grandi organizzazioni, spesso complesse e apparentemente ingovernabili, operando in modo affidabile ed efficiente.

Kotter ha innanzitutto rimarcato una differenza fondamentale, sottolineando che management e leadership non sono la stessa cosa e nemmeno in contrasto, sono termini radicalmente diversi, da non usare come sinonimi. L’intervista ci ha ricordato ancora una volta che la confusione intorno a questi due termini è enorme, e che tale incomprensione impedisce qualsiasi discussione ragionevole su come costruire un’azienda, posizionarla per raggiungere efficacemente il successo, e come riuscire a renderla leader del proprio settore. Gli errori che vengono commessi più di frequente sono essenzialmente tre:

  • Errore 1: Si usano i termini “management” e “leadership” in modo intercambiabile. Questo dimostra che non si percepisce  la differenza cruciale tra le due espressioni.
  • Errore 2: Le persone usano il termine “leadership” per riferirsi alle persone al vertice delle gerarchie, tradendo un automatismo che porta a considerare chi è al vertice della scala gerarchica come un leader nato. Il resto delle risorse che si occupano di amministrazione viene fatto rientrare nel concetto di “management”. E tutto il resto del personale viene classificato come: lavoratori specializzati. Questa distinzione così netta ed estremamente rigida è del tutto priva priva di alcune sfumature cruciali, prima tra tutte quella che non è il ruolo in un’azienda a definire un leader. 
  • Errore 3: Le persone spesso pensano alla “leadership” in termini di caratteristiche personali, di solito qualcosa che chiamano carisma. Poiché poche persone hanno grande carisma, questo porta logicamente alla conclusione che poche persone possono essere leader. Questo forse è l’errore più grave. 

La gestione, com’è noto, è un insieme di processi ben definiti: come la pianificazione, il budgeting, il controllo della filiera di lavoro, l’assegnazione del personale, la misurazione delle prestazioni e la  risoluzione dei problemi. Tutte attività che aiutano l’azienda a fare prevedibilmente ciò che sa fare bene. Una gestione corretta mira a produrre prodotti e fornire servizi in linea con gli standard concordati, con una qualità costante, rispettando il budget, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana. Nelle organizzazioni di qualsiasi dimensione e complessità, questo è il compito principale, nonché il più difficile. Sottovalutiamo costantemente quanto sia realmente complesso tutto ciò. Ovvio, quindi, che la gestione sia cruciale. Ma questo non la rende leadership. 

La leadership è completamente diversa. Quest’ultima serve a guidare l’azienda verso il futuro per trovare opportunità, anche sconosciute, e sfruttare con successo, e nel più breve tempo possibile, quelle opportunità. La leadership riguarda la visione, il coinvolgimento delle persone, l’empowerment e, soprattutto, la proposizione e la messa a terra dei cambiamenti più opportuni. Non riguarda caratteristiche individuali o ruoli, ma si lega al comportamento: il ruolo apicale non corrisponde necessariamente alla figura del leader. In un mondo in movimento, sempre più rapido, la leadership è sempre più necessaria e deve essere esercitata da parte di un numero crescente di persone, ovunque si trovino nella scala gerarchica. L’idea che poche persone straordinarie al vertice possano fornire tutta la leadership necessaria oggi è semplicemente ridicola, oltre che poco realistica, ed è una ricetta per il fallimento.

Questo non vuol dire che la gestione sia inutile e la leadership essenziale. Sono diverse, ma ugualmente necessarie. Abbiamo sempre bisogno di una gestione eccellente. E abbiamo bisogno di più leadership efficaci. Dobbiamo essere in grado di rendere le nostre organizzazioni complesse, affidabili ed efficienti. Dobbiamo proiettarle nel futuro — il futuro giusto — a un ritmo accelerato, indipendentemente dalle dimensioni dei cambiamenti necessari per farlo accadere.

Oggi si stima che solo pochissime aziende siano dotate di una leadership efficace. Finché tutte le aziende non affronteremo questo tema, inquadrando bene il problema, la maggioranza di loro continuerà a coltivare il mito di una management efficiente – restando sempre carenti di leadership visionaria. Quando parliamo di gestione non parliamo di leadership, senza interiorizzare questo concetto si finisce per lavorare sempre più duramente sull’ottimizzazione della fase esecutiva, pensando che questa possa sopperire alla carenza di leadership. Tutto ciò porterà a un gran numero di aziende ‘over-managed’ ma ‘under-led’, sempre più vulnerabili in un mondo in rapido cambiamento. Leadership vuol dire saper guidare il cambiamento, gestione vuol dire operare il cambiamento. 

L’una non può prescindere dall’altra, perché una guarda al domani, l’altra si concentra sul presente. 

 

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