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La missione di TIM è quella di supportare le Aziende nelle fasi di sviluppo e/o di ristrutturazione, affiancandole nella gestione del cambiamento

2021 un anno record per le M&A, ma il futuro è incerto

Il 2021 è stato per l’Italia un anno record per gli investimenti M&A in termini di crescita e volumi: si è registrata una crescita record per i deal 27,3% rispetto al 2020, corrispondente a un volume di circa €85,5 miliardi ( i settori più performanti sono stati quello chimico e industriale, il settore consumer e technology ). Lo scorso anno il volume degli investimenti era meno della metà, €39 miliardi.  

I numeri record 2021: bilancio complessivo e la distribuzione sul territorio

La crescita esponenziale degli investimenti è sottolineata da ben 18 operazioni di controvalore superiore a €1 miliardo (erano 10 nel 2020), per un valore di oltre €60 miliardi; anche il mid-market, con un totale investito di circa €24,6 miliardi, si posiziona in un trend di crescita vigoroso con un 55,4% in più rispetto all’anno precedente. 

Anche i numeri legati alle performance del Private Equity si sono notevolmente incrementati: parliamo di 166 operazioni concluse, quindi il 23,5% sul totale delle operazioni ( ben 21 miliardi contro gli 8,3 miliardi del 2020 ).

I dati si presentano però in modo disomogeneo nelle diverse zone dell’Italia, dimostrando uno squilibrio tra settori e aree, ma sono comunque dati in linea con lo sviluppo e la suddivisione della rete imprenditoriale in Italia. 

I deal sono stati 705 così suddivisi: 

  • 331 operazioni a Nord-Ovest del paese, prevalentemente nel settore industriale e manifatturiero;
  • 197 operazioni a Nord-Est, in prevalenza nel settore industriale;
  • 139 operazioni nel Centro Italia, settore industriale; 
  • 38 operazioni a Sud, in particolare nel settore energetico. 

Emerge dal report “M&A in Italia – Review 2021 e Preview 2022”, realizzato annualmente da EY, che la previsione sul mercato M&A  per il 2022 è In linea con quanto accaduto nel 2021, ovvero un andamento estremamente positivo ma per cui bisogna tenere conto di alcuni elementi che possono impattare negativamente sulla crescita: 

  • pandemia e rischio di nuovi lockdown;
  • andamento inflattivo, in particolare nel settore energia, che andrà a influenzare negativamente la ripresa dei consumi;
  • tenuta del debito e dello spread, qualora ci fossero ulteriori shock pandemici o eventi legati all’instabilità del governo.

Per quanto riguarda la crescita nel 2022, il modello econometrico EY individua una forchetta variabile tra il +3,5% e il +5%. 

Marco Daviddi (Strategy & Transactions Markets Leader Europe West, EY Strategy & Transactions Leader Italy) prevede che le riserve di denaro non ancora utilizzate dai private equity, ma anche le riserve economiche accantonate dalle famiglie e dalle imprese italiane, si mantengano su livelli molto alti. 

Daviddi, riferendosi alla crisi innescata dal Covid-19, afferma che avrebbe accelerato il processo di trasformazione: “Questo fenomeno è destinato a perdurare in vari settori: la necessità di operare una veloce trasformazione dei modelli di business e operativi, all’insegna della revisione delle catene di fornitura, dell’efficienza operativa e della definizione di nuove modalità di ingaggio dei clienti, in un contesto, quale quello italiano, di limitata disponibilità di capitale specie nelle PMI, continuerà a favorire una dinamica M&A solida. Molte grandi operazioni sono attese nel 2022 nei settori delle telecomunicazioni, life science ed energia.”

I settori nel dettaglio: Telecomunicazioni

La crisi del Covid-19 ha certamente accelerato la domanda di connettività. Infatti secondo il report di Agcom, nel 2020, il volume di traffico dati quotidiano su linee broadband in Italia è cresciuto del 49,5% rispetto al 2019. Ancora in crescita nel corso del 2021, gli investimenti nel settore TMT hanno raggiunto i €20 miliardi, con una crescita significativa rispetto agli €8 miliardi del 2020. 

Protagonisti, con circa il 53% del volume degli investimenti nel settore, sono i fondi PE, Private Equity, destinati alle High Grow Companies. La forte domanda di connettività unita all’incremento del traffico sulle reti non sono stati completamente monetizzati, come si evince dal report, a causa dei contratti ‘bundle’ o “all inclusive” che ormai dominano il mercato, con impatti sulla marginalità del settore.  

Per questo gli operatori del settore TELCO sono alla ricerca di opportunità per sostenere e valorizzare il portafoglio clienti. In che modo lo fanno? Puntando alle partnership con i content providers. Mettere in risalto le infrastrutture è un tema di grande attualità, infatti l’innovazione sulle infrastrutture godrà dei benefici delle progettualità e dei fondi disponibili derivanti dal PNRR, per il quale si stima un impatto al 2026 per circa €50 miliardi.

I settori nel dettaglio: Life Science

Durante la prima metà del 2021, si è riscontrato un ritorno alla normale attività di negoziazione per il settore life sciences, con un forte volume di operazioni. 

I protagonisti del settore volgono le loro attenzioni sulle fusioni e acquisizioni per innovare e massimizzare il potenziale dei loro portafogli. In Italia nel 2021 si sono registrati investimenti pari a €2 miliardi, più del doppio rispetto al 2020. La spinta arriva dal Private Equity, soprattutto tramite operazioni di add-on promosse da aziende già in portafoglio ( imprese che mostrano un forte interesse per le categorie dei centri diagnostici e di ricerca, della medicina di prossimità e dei laboratori di analisi ).

Per il 2022 il flusso dei potenziali sviluppi di portafoglio rimane ancorato ai settori della diagnostica, della tecnologia biomedica, dell’home-care e del beauty. Oltre a questi, farmacie, cliniche veterinarie, laboratori e distribuzione farmaceutica dovrebbero continuare il processo di sviluppo e consolidamento iniziato negli anni precedenti. 

I settori nel dettaglio: Energy

Il volume investito in Italia nel settore energy ha superato i €10 miliardi, con una crescita estremamente positiva rispetto agli anni precedenti e con una quota di investimento dei private equity di oltre il 25% sul totale. 

Questo risultato deriva da diverse dinamiche: mentre i consumi nel corso del 2021 sono tornati ai livelli pre-Covid, il prezzo delle forniture energetiche è esploso a causa dell’incremento del costo delle materie prime ( soprattutto del gas ). Ma anche l’attenzione più meticolosa alle tematiche di sostenibilità spinge gli operatori del settore Oil & Gas a diversificare il proprio modello di business. 

Le dinamiche sopra citate possono impattare i volumi investiti nei prossimi mesi e le aspettative per il 2022 sono meno brillanti e orientate, in prevalenza ma non esclusivamente, alle energie alternative alla sostenibilità. 

I settori nel dettaglio: Retail & Consumer

Nel 2021 il volume investito è risultato pari a circa € 7,9 miliardi, circa € 3,2 miliardi in più rispetto al 2020. Il PE ha contribuito con circa il 31% sul totale. 

Per quanto riguarda il settore retail & consumer, questi sono i trend prevalenti: 

  • ottenere l’accesso a soluzioni D2C ( Direct to Consumer ), utilizzando la leva dell’M&A; 
  • integrare nel proprio portafoglio business legati ai temi della sostenibilità e del benessere; 
  • espandersi per ottenere l’accesso a nuovi mercati; 
  • consolidare le filiere produttive. 

L’appetibilità del settore, per i fondi e gli investitori è generata puramente dai brand ad alta riconoscibilità, rimangono forti perplessità legate allo sviluppo del Covid-19 e all’inflazione che sta mettendo le filiere, soprattutto alimentari, sotto pressione. 

I settori nel dettaglio: Manufacturing e dei prodotti industriali

Il 2021 ha mostrato una buona capacità di ripresa, sia per quanto riguarda il fatturato che per gli ordinativi. 

Il numero di operazioni è stato di circa il 28% sul totale in Italia, per un peso a valore di circa €3,8 miliardi, conseguenza delle dimensioni medio-contenute delle aziende target. 

Anche nel settore manifatturiero e di produzione industriale, il Private Equity ha avuto un ruolo di guida con 53 operazioni. L’industria 4.0 ha presentato e presenterà le maggiori opportunità di M&A: la pandemia ha infatti portato a una revisione dei modelli di business che favorisce la digital transformation; anche le supply chain stanno vivendo un grande cambiamento, dato dalla pandemia. Ciononostante non si esclude che ulteriori shock pandemici e l’inflazione potrebbero avere un impatto importante sull’andamento dell’attività transazionale nel settore.

I settori nel dettaglio: Automotive 

Gli investimenti nel settore Automotive impattano profondamente sulle dinamiche transazionali. Dalla digital evolution, al passaggio imminente dalle motorizzazioni endotermiche a quelle elettriche ed al potenziale connesso ai sistemi a guida autonoma, ne conseguono dei cambiamenti all’interno dei modelli di consumo, tutti cambiamenti rivoluzionari che fanno sì che l’automotive abbia bisogno di rilevanti investimenti. I fondi richiesti avranno lo scopo di incrementare innovazione, sviluppo e capex per la trasformazione delle linee di produzione e si attendono anche processi rilevanti di M&A. 

Ma per questo settore in particolare la trasformazione industriale rappresenta un rischio concreto ed è guidata da decisioni politiche: entro il 2035 l’Italia abbandonerà i motori termici. Le Case non potranno più produrre nuove auto a benzina o diesel, i concessionari non ne avranno più da vendere. Così ha deciso il Comitato interministeriale nazionale, così chiede l’Europa nel Fit for 55, il piano per dimezzare le emissioni dell’Unione.

In vista dell’annunciata transizione energetica, i tecnici del Mise, con il supporto delle associazioni di categoria, hanno svolto un’analisi al fine di individuare le aziende della componentistica che potrebbero risentirne. Sono 101 le imprese a rischio, con 26.000 dipendenti, pari al 17% dei dipendenti del mercato nazionale.

Sono dati impressionanti che, senza interventi correttivi, mettono a rischio una buona parte del sistema produttivo della filiera M&A e rendono problematiche anche le previsioni sul fronte investimenti.

Cosa aspettarsi dal 2022

L’impressione generale è che le performance del 2021 saranno difficilmente ripetibili, dato il contesto di grande incertezza, in particolare in termini di inflazione e costo di energia e materie prime.

I settori retail & consumer, manufacturing, prodotti industriali e automotive appaiono molto esposti alle incertezze; inoltre, ad aggiungersi a un quadro di per sé non brillante, nell’ultima legge di bilancio non sono stati rinnovati gli incentivi fiscali per la rivalutazione delle partecipazioni non quotate, rendendo di fatto più costose le exit per gli imprenditori.

Come affrontare nella maniera più efficace il processo di integrazione post acquisizione

Molto spesso per l’azienda che effettua un’operazione si pone il problema di integrare il nuovo business, senza creare stress e discontinuità nella sua organizzazione.

Molto spesso affidarsi a un Interim Manager esperto è la migliore soluzione per l’integrazione post acquisizione, vediamo quali sono i motivi alla base di questa scelta:

  • E’ necessario uno sforzo immediato per mantenere l’operatività delle funzioni aziendali nel periodo immediatamente successivo a un’acquisizione, soprattutto nei Sistemi, nelle Operations,e nelle funzioni di Marketing & Sales.
  • Non è affatto consigliabile distogliere i Manager della parte acquirente per ricoprire ruoli operativi nella società acquisita, perché si rischia di indebolire o scoprire funzioni importanti dell’azienda acquirente.
  • Altrettanto sconsigliabile sarebbe assumere un Manager a tempo indeterminato con il rischio concreto che quest’ultimo, dopo 6-18 mesi una volta completata la fase di integrazione, diventi un esubero per l’Azienda
  • L’Interim Manager con esperienza nel settore specifico è una soluzione immediatamente operativa, con tempi di inserimento di un mese circa, flessibile, con termine dell’incarico in tempi brevi e anche meno costosa, se paragonata ad altre soluzioni.

In conclusione, il manager ad interim è una soluzione ottimale per portare a termine con successo i processi di integrazione necessari dopo le operazioni di M&A, grazie alla sua capacità di essere rapidamente operativo e al suo solido bagaglio di competenze ed esperienze maturate nel settore specifico.

TIM Management è in grado di supportare l’imprenditore e i suoi advisor nelle operazioni di M&A, restructuring e turnaround, con partner di alto profilo che hanno maturato una profonda esperienza specifica in materia. 

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Cesare Tocchio è uno dei fondatori di TIM Management, per oltre vent’anni ha ricoperto la carica di Amministratore Delegato in Società multinazionali, in queste posizioni ha sviluppato una solida esperienza finalizzando diverse acquisizioni e cessioni di aziende, marchi o rami d’azienda con lo scopo di consolidare il business, saturare gli stabilimenti e ristrutturare Aziende in perdita. Negli ultimi anni ha portato a termine importanti operazioni di LB0 con fondi quali Mezzanine Management Uk, Argos Soditic e 21 Investimenti ricoprendo la funzione sia di Manager che di Investitore.

 

La chiave per un’operazione di M&A di successo è un’organizzazione adeguata

Costruire la giusta organizzazione per affrontare un percorso di M&A   

Dopo un 2020 in forte contrazione, il mercato M&A in Italia ha registrato una crescita vigorosa nel primo semestre 2021, che si rivelato il più ricco degli ultimi 5 anni sia per numero di operazioni concluse, 522 (+24,6% vs. 2020), che per controvalore complessivo, 42,4 miliardi di euro (+88% vs. 2020).

Ce lo dice il report di KPMG, pubblicato a Luglio 2021, che sottolinea la vivacità delle acquisizioni che ha caratterizzato il mercato domestico con ben 279 operazioni, portate a termine, soprattutto dalle PMI, la vera  spina dorsale dei distretti del nostro paese; un segnale incoraggiante che sottolinea come la ricerca di opportunità di M&A sia una delle modalità più efficaci adottate delle imprese per superare la crisi innescata del COVID.

In un contesto così dinamico, l’organizzazione interna continua a rappresentare uno degli asset più importanti per affrontare con successo un percorso di M&A, sia nel caso che l’azienda venga supportata da advisor sia, con un livello di criticità ancora maggiore, quando l’azienda voglia affrontare il deal, contando principalmente sulle risorse già presenti all’interno. 

Il Team di M&A deve possedere tutti gli skill adeguati ad affrontare un percorso lungo e insidioso, a partire dalla scelta del target e dalla necessaria fase di due diligence, per arrivare alla fase critica di integrazione del nuovo business e della sua organizzazione; quest’ultima fase richiede, per essere affrontata con successo, della guida di un Team solido, per dimensione, credibilità, struttura ed esperienza, in grado di mostrare la leadership necessaria a influenzare e guidare il resto dell’azienda. 

In pratica però ben poche aziende si presentano all’appuntamento con le skill adeguate, spesso si riscontrano Team di M&A ridondanti, con all’interno figure e skill non necessarie o, ancor peggio, Team limitati e con gap importanti nelle competenze essenziali. Sono entrambe situazioni che possono minare la riuscita dell’operazione e diminuire il valore per gli stakeholders. 

Secondo una survey pubblicata da McKinsey, le aziende high-performing ritengono in massima parte di avere all’interno dell’organizzazione le skills necessarie per portare a termine il percorso di M&A; vediamo qui i dati rispetto alle aziende non-performers da cui però possiamo anche riscontrare che anche le migliori organizzazioni evidenziano gap importanti, soprattutto nella fase critica dell’integrazione.

 

La strategia di M&A

Per valutare se le risorse interne sono adeguate, è opportuno verificare che siano presenti gli skill richiesti per ognuna delle fasi che compongono il percorso di M&A. Per la fase iniziale di screening delle opportunità e valutazione dei potenziali target è importante partire dalla strategia aziendale e dall’ampiezza e dal numero delle potenziali acquisizioni.

Ad esempio se la strategia aziendale è quella di crescere in un mercato ampiamente frammentato, sarà necessario dotarsi di un team con le competenze necessarie a valutare un numero elevato di potenziali target, tenendo in considerazione che in mercati di questo tipo la percentuale di target adeguati è molto limitata e che, per trovarne uno in linea con le aspettative, sarà probabilmente necessario valutare molte aziende, posizionate in geografie e contesti differenti.

Ovviamente un Team in grado di valutare un gran numero di aziende non può essere scelto solo sulla base delle tecnicalità legate al processo di due diligence; richiede un numero di manager più elevato con profonda conoscenza del mercato (i) di riferimento  e delle sue specificità; un Team che potrebbe anche rivelarsi ridondante nelle fasi successive ma che è indispensabile per effettuare uno screening corretto.

Al contrario, se l’azienda è in cerca di un’acquisizione strategica, non sarà necessario un grande lavoro di screening, i candidati per l’acquisizione saranno palesi mentre le difficoltà si presenteranno al momento di definire la strategia di acquisizione e nella preparazione dell’importante fase di integrazione tra due realtà ben dimensionate e che, in passato, avevano possibilmente operato come competitors. 

In questo caso sarà il Team di integrazione a dover essere sovradimensionato, dovendo includere tutte le funzioni e le unità di business e dovendo gestire un processo matriciale di grande difficoltà operativa e con tempi di implementazione importanti. Anche in questo caso parliamo di un Team che si può facilmente rivelare ridondante, una volta che l’integrazione sia stata completata.

Il ruolo del Team di M&A si può rivelare ancora più critico per l’azienda in caso di acquisizioni in mercati e settori industriali differenti da quelli tipici in cui opera l’azienda. In questo caso è necessario dotare l’organizzazione delle competenze necessarie ad effettuare la valutazione dei candidati ma anche a gestire il processo di integrazione, soprattutto nel caso di funzioni chiave come la ricerca e sviluppo e la logistica. Un discorso analogo si può applicare a mercati geograficamente lontani dove una conoscenza del territorio e anche della legislazione locale può risultare fondamentale per il buon esito del processo di acquisizione.

In sintesi, la numerosità e le competenze necessarie a un Team di M&A non possono essere standardizzate e molto spesso si presentano necessità differenti lungo il percorso di acquisizione e integrazione; in caso di mercati frammentati e acquisizioni molteplici potrebbe essere opportuno dotarsi di un team con competenze allargate e composto da una numerica di manager sufficiente a coprire le varie attività; al contrario, in caso di acquisizioni mirate, in mercati conosciuti, potrebbe essere sufficiente un piccolo team di M&A che agisca in una logica di progetto con un mix di competenze molto più verticali.

Il processo di M&A e la scelta del Team che lo guida si presenta sempre più critico in aziende di dimensione limitata, quali sono la maggior parte delle nostre PMI, dove non è quasi mai presente un leadership Team che abbia già al suo interno tutte le figure e le competenze adeguate ad affrontare il processo di M&A e dove le stesse business unit non hanno sempre a disposizione le risorse necessarie a formare un Team dedicato.

 

La scelta del Team di M&A e gli errori da evitare

Possiamo quindi concludere che la scelta del Team di M&A, la sua numerosità e composizione sono certamente chiave nella riuscita di un progetto di acquisizione e vanno tarati in funzione delle caratteristiche del deal e dell’organizzazione aziendale. Il supporto di un Advisor esterno alle PMI è spesso consigliabile per affrontare il progetto di M&A ma deve essere sempre accompagnato dalla presenza di un management competente all’interno dell’azienda, che vada a comporre il Team di M&A, operando insieme all’Advisor e ai Partner.

Come abbiamo visto, molto spesso si tende a costruire il Team di M&A senza tenere presente le effettive esigenze di organico che si presenteranno una volta concluso il processo di integrazione del nuovo business e questo porta a problemi di gestione del management che sono evidentemente più critici per le PMI che non hanno la possibilità di riallocare facilmente le figure che si rivelassero ridondanti.

Allo stesso tempo, alcuni percorsi tipici di M&A richiedono necessariamente Team interfunzionali con forti competenze di settore o di mercato e non possono essere portati a termine con risorse limitate o con skills non in linea con le necessità del progetto.

Si deve altresì considerare l’importanza fondamentale di una leadership autorevole e condivisa del processo di M&A che si rivela indispensabile nel caso di necessità di integrazione di culture aziendali differenti e di ridimensionamento di funzioni e responsabilità derivanti dall’integrazione di funzioni aziendali e di intere business unit.

In quest’ottica è spesso utile per la PMI che vuole affrontare con successo uno o più progetti di M&A considerare l’opportunità di inserire in azienda dei manager che conoscono il settore e il mercato e che hanno già affrontato situazioni simili. 

Il temporary management può essere la scelta corretta per la PMI che vuole affrontare il processo di M&A con il supporto di manager che si portano dietro un bagaglio importante di esperienza e in grado di gestire le varie fasi dell’acquisizione e dell’integrazione; perché per progetti così strategici è importante che la squadra sia al livello delle sfide che l’azienda sta affrontando.  E tutto questo senza appesantire l’organizzazione con risorse che potrebbero rivelarsi ridondanti, una volta superato il periodo di integrazione.

Integrare con successo un’azienda è un percorso difficile perché ci si trova a operare in una situazione di grande stress organizzativo; nelle aziende acquisite le strutture organizzative e gestionali sono sotto pressione in un passaggio dove è spesso necessario rivedere i processi, gestire le relazioni sindacali e a volte dover gestire correttamente anche un ridimensionamento degli organici

Sono percorsi dove è richiesta una grande esperienza e competenza, che raramente si trovano all’interno dell’organizzazione e dove la presenza di manager esterni contribuisce a rendere meno traumatico e conflittuale il processo di gestione del Team di M&A e la sua relazione con i vari livelli di management interno.

 

Federico Costa ha maturato consolidata esperienza sia nella gestione e negoziazione di operazioni straordinarie di M&A, Restructuring e Turnaround sia nella gestione operativa ricoprendo per 15 anni il ruolo di Amministratore Delegato in aziende di diversi settori. Dal 2014 ha gestito come advisor diversi progetti di restructuring in diversi settori industriali: meccanico, impianti industriali, della ceramica, della stampa, ecc.

 

TIM Management si occupa di consulenza aziendale e in particolare di temporary management, turnaround e restructuring  mettendo a disposizione delle piccole e medie imprese un database di manager esperti che hanno una conoscenza diretta di un settore e  un percorso consolidato all’interno di determinate funzioni aziendali. 

I progetti vengono sempre seguiti con la supervisione di un Senior Partner con lunga esperienza manageriale come amministratore delegato e direttore generale che ha già vissuto le difficoltà del cambiamento dei progetti all’interno dell’azienda. Inoltre è attiva una società consociata di TIM Management, CDI Global, operante all’interno di un network internazionale, che svolge attività di M&A e si occupa di supportare l’azienda nel reperimento di capitali. 

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L’impatto del Coronavirus sul mercato M&A: più operazioni locali e un 2021 brillante

Il mercato M&A in grande ripresa dopo un 2020 difficile.  

Prendiamo spunto dai dati del mercato M&A presentati durante il ‘Mergers & Acquisitions Summit 2021′ per esaminare la situazione italiana e le prospettive a livello europeo e globale.

Cominciamo col dire che, seppur colpito dalla crisi generata dalla pandemia di COVID-19, il mercato M&A ha reagito in maniera accettabile. A livello globale il valore delle operazioni di M&A concluse è calato del 3,4%, contrazione tutto sommato moderata e sotto le attese degli osservatori; relativamente più difficile la situazione Europea che ha visto una contrazione del 6,8% mentre l’Asia, approfittando della precoce ripresa dalle difficoltà della pandemia, ha superato l’Europa come controvalore di operazioni di M&A.

In questo contesto è stata impressionante l’attività dei fondi di Private Equity: su un totale di 13.334 operazioni per 995 miliardi di Dollari, oltre il 33% ha visto protagonista un fondo di Private Equity. 

Il mercato M&A in Italia

Il mercato italiano, dopo la crisi finanziaria del 2008, ha attraversato un lungo periodo di contrazione, perdendo in un decennio circa il 30% di valore totale delle transazioni del mercato M&A ma riscontrando parimenti un aumento consistente del numero di operazioni: da 4.246 operazioni completate nel decennio terminante nel 2010 si arriva infatti a 6.780 nel 2020; insomma gli ultimi dieci anni hanno visto un depauperamento e una ‘democratizzazione’ del mercato M&A, dove sono state sempre più protagoniste le PMI, vero cuore pulsante dell’economia italiana.

Non sono solo le imprese straniere che decidono di investire in Italia, ma sono sempre di più le imprese italiane che effettuano acquisizioni all’estero. I deal estero su Italia sono cresciuti vigorosamente – da 846 a 2.071 – ma nel decennio è decollato  il numero delle acquisizioni di aziende straniere da parte di imprese italiane, da 818 a 1.239.

Il nostro paese è caratterizzato da una presenza limitata di grandi imprese corporate. Solo 85 aziende hanno un fatturato che supera i 3 miliardi di Euro, contro le 185 della Francia e le 250 della Germania. Le grandi aziende sono più competitive sui mercati globali e la leva dell’M&A potrebbe essere la chiave per accelerare la crescita delle grandi imprese italiane che potrebbero così raggiungere una competitività maggiore sui mercati internazionali e attrarre i migliori talenti sul mercato del lavoro.

Nel 2020, a causa del COVID-19, il mercato M&A italiano ha visto una contrazione del valore superiore alla media, un pesante 16% se confrontato con il -4% registrato a livello globale e il -6,8% europeo. Pesano l’assenza di grandi operazioni sopra il miliardo di Euro che sono state solo 8 e il calo degli investimenti esteri in Italia: -70%, dai 18 miliardi di Euro del 2019 ai 5,4 miliardi del 2020. 

Fortunatamente per il 2021, la situazione sembra molto più positiva quasi euforica:  il nuovo anno è cominciato con una crescita del +161%  dei valori delle operazioni di M&A, inoltre, per i prossimi mesi sono già state annunciate operazioni per oltre 60 miliardi di Euro.

Con queste cifre, il mercato M&A si avvia a rappresentare un driver importante per la ripresa del PIL italiano.

Le aspettative del mercato M&A italiano per il 2021 dipendono tuttavia dalla forza della ripresa economica del paese. Le imprese dovranno essere capaci di sfruttare le opportunità, offerte dai fondi del Recovery Fund e dalle ristrutturazioni aziendali previste. L’obiettivo a medio termine potrebbe essere quello di creare nuovi campioni italiani con ambizioni di competere ed emergere a livello internazionale, seguendo l’esempio passato di Essilor-Luxottica e quello più recente che ha portato alla nascita di Stellantis, entrambe in tandem con grandi aziende francesi.

Parliamo dell’impatto del Coronavirus sul mercato M&A e delle prospettive per il 2021 con Marc De Clerck, Managing Partner at CDI Global & MdcStratCon.

Che impatto ha avuto il Coronavirus sul mercato M&A?

Lo smart working è diventato uno standard per la maggior parte delle organizzazioni e, nonostante l’indubbio impatto negativo sulle relazioni personali e sulla fiducia tra i collaboratori, ha reso

molti processi e task più efficienti. Per il mercato M&A l’impatto è stato forte soprattutto sulle acquisizioni internazionali: è diventato molto

più difficile valutare in remoto le persone, la cultura aziendale e il livello delle infrastrutture presenti. Questo ha provocato uno slittamento verso operazioni locali o

continentali. Le operazioni intercontinentali hanno maggior probabilità di successo quando il buyer è già presente nel mercato target; una soluzione a questo problema può essere quella di appoggiarsi a un network globale specializzato come CDI global, presente nella maggior parte dei mercati globali, come nel nostro paese.

Che cosa ci possiamo aspettare dal 2021?

Il focus è destinato a rimanere sulle operazioni di M&A locali, inoltre molte aziende si stanno ristrutturando, mettendo sul mercato le loro attività non-core, e questo provoca un elevato interesse tra i player del settore. L’interesse per acquisizioni mirate alla crescita o all’acquisizione di tecnologia rimane elevato e si devono anche considerare i 2.500 miliardi destinati agli investimenti, presenti nel portafoglio dei fondi globali; il risultato di questi fattori è che continuiamo a vivere in un mercato di ‘venditori’. E comunque un buon numero di aziende si sono rese conto di quanto sia importante sviluppare e integrare la filiera locale, diventando meno dipendenti da fornitori di altri continenti.

Che consigli può dare agli imprenditori?

Raccomanderei di effettuare regolarmente degli stress test, prima di decidere la dismissione dell’azienda o di un ramo d’azienda. Quali sono i vostri punti di forza e debolezza? Qual’è la vostra reale valutazione di mercato? Chi sono i potenziali acquirenti o investitori? 

Molte aziende si trovano impreparate di fronte alla crisi e quindi non preparate a una vendita o a una proposta di acquisizione da parte degli investitori. Un player globale specializzato in M&A come CDI Global può rappresentare in questi casi un valido supporto per l’imprenditore.

 

Cesare Tocchio è uno dei fondatori di TIM Management, per oltre vent’anni ha ricoperto la carica di Amministratore Delegato in Società multinazionali, in queste posizioni ha sviluppato una solida esperienza finalizzando diverse acquisizioni e cessioni di aziende, marchi o rami d’azienda con lo scopo di consolidare il business, saturare gli stabilimenti e ristrutturare Aziende in perdita. Negli ultimi anni ha portato a termine importanti operazioni di LB0 con fondi quali Mezzanine Management Uk, Argos Soditic e 21 Investimenti ricoprendo la funzione sia di Manager che di Investitore. 

 

CDI Global  opera in partnership con TIM Management per  il reperimento delle risorse finanziarie e per le operazioni di M&A. CDI è un prestigioso network globale di consulenza presente in oltre 30 paesi, per servizi di M&A cross-border, inclusa la ricerca di company target per fusioni e acquisizioni, la ricerca di partner per disinvestimenti e joint venture e ogni altro servizio di consulenza aziendale sui mercati globali.

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