Il nostro team

La missione di TIM è quella di supportare le Aziende nelle fasi di sviluppo e/o di ristrutturazione, affiancandole nella gestione del cambiamento

La sintonia tra CEO e Board è fondamentale per il cambiamento dell’azienda

Per i Leader è sempre difficile gestire le situazioni di cambiamento e trasformazione, pochi di loro hanno avuto successo nel gestire il cambiamento in aziende e settori differenti. Le trasformazioni di successo richiedono qualcosa di più di una semplice esecuzione delle operazioni in modo più snello e di un aumento progressivo dei margini di profitto; le aziende e soprattutto il loro Board devono allinearsi verso un obiettivo chiaro e condiviso per compiere passi più ambiziosi: innovazione, revisione strategica del portafoglio e riposizionamento sul mercato. Questa è una mentalità diversa che richiede uno stile di leadership diverso.

Alcuni punti chiave da tenere sotto controllo per il CEO coinvolto in un processo di cambiamento e trasformazione aziendale:

Assicurare l’allineamento del CDA e dei C-Level

Il consiglio di amministrazione gioca un ruolo fondamentale nei processi di trasformazione. In primo luogo, deve assicurarsi che la leadership sia quella adeguata alla situazione, serve il CEO giusto, qualcuno che possa mettere in discussione lo status quo, delineare una visione per il futuro e implementare un programma per il cambiamento. Se mancasse uno di questi elementi, il CdA dovrebbe ripensare alla leadership. In verità la selezione di un nuovo CEO è una delle fasi più critiche, serve qualcuno che non abbia esitazioni nel mettere in discussione lo status quo, qualcuno che abbia una mentalità aperta, ascolti e interagisca con il CdA in maniera sincera e positiva e non dia la sensazione di avere già tutte le risposte.

I nuovi CEO tendono ad avere migliori risultati a lungo termine nelle trasformazioni, misurati dal rendimento totale per gli azionisti a lungo termine. Ce lo conferma un’analisi di BCG che ha rilevato che un nuovo CEO è uno dei tre fattori correlati al successo della trasformazione a lungo termine.

 

 

Focus sull’Execution

L’execution è un altro fattore strategico rilevante per i CEO, a partire dall’assegnazione delle priorità nei progetti di trasformazione. Quando si hanno decine di iniziative in corso non è efficace concentrarsi su tutte allo stesso modo; le aziende devono restringere l’elenco delle priorità strategiche alle tre o quattro iniziative più importanti, coordinarle attraverso un unico programma di trasformazione e allocare il capitale, il talento e altre risorse, come il marketing e gli investimenti in ricerca e sviluppo, necessari per avere successo.

Per farlo le aziende devono monitorare costantemente i risultati, con metriche chiare e una sequenza temporale di traguardi e obiettivi chiave. I leader devono poter vedere i risultati settimanalmente o anche giornalmente in alcuni casi. È necessario vincere nel breve termine per trionfare nel medio termine e piccoli successi condivisi all’interno dell’organizzazione possono dare una grande spinta al cambiamento.

 

Gestire attivamente il portafoglio prodotti

Cambiamento non significa fare la stessa cosa in modo più efficiente, significa identificare mercati promettenti da sfruttare e mercati contratti da cui uscire. Oltre a semplificare il portafoglio prodotti e servizi, le aziende possono concentrarsi su un diverso segmento di clientela, un diverso mercato geografico o un diverso modello di business. La decisione di vendere una particolare unità aziendale o una linea di prodotti può essere particolarmente impegnativa se quest’ultima produce ancora risultati ma non è più in linea con l’agenda di trasformazione. In questi casi, le aziende devono essere disciplinate nell’affrontare decisioni difficili in un quadro strategico condiviso.

 

Identificare e mitigare i rischi

Qualsiasi trasformazione porta con sé un peggioramento più o meno accentuato del profilo di rischio aziendale, sia durante l’iniziativa che successivamente. I cambiamenti potenzialmente portano nuovi rischi sia dal punto di vista finanziario che organizzativo e il consiglio di amministrazione deve saperli identificare e mitigare. Questo è un processo che il CEO deve saper gestire con equilibrio, rassicurando gli stakeholders, inclusi gli investitori, insieme al proprio Board senza evitare di intraprendere azioni correttive, anche profonde, se necessarie.

Durante la trasformazione, i CEO devono sempre collaborare con la direzione per garantire che il processo di implementazione sia sotto controllo e che l’organizzazione possa raggiungere i suoi traguardi chiave: riduzione dei costi, sinergie, crescita o altri parametri. E dopo la trasformazione, il consiglio di amministrazione deve valutare il nuovo profilo di rischio dell’azienda e saperlo tenere sotto controllo con un monitoraggio continuo basato su nuovi KPI.

Coinvolgere gli stakeholder chiave

Le trasformazioni richiedono una visione coerente condivisa con tutti gli Stakeholders, interni ed esterni. In questo contesto i CdA e i Board devono però saper mantenere una flessibilità sufficiente ad adattare la strategia aziendale ai cambiamenti di breve periodo, per poter mantenere la rotta verso gli obiettivi finali. Il CEO ha sempre bisogno della fiducia del CdA e degli investitori per superare i momenti di alti e bassi che, in un periodo come questo caratterizzato da grande instabilità esogena, sono frequenti e poco prevedibili.

Infine, le organizzazioni hanno sempre più bisogno di considerare i fattori ambientali, sociali e di governance come parte delle loro metriche di performance. Le questioni ESG ricevono maggiore attenzione da parte degli azionisti: un vantaggio per le aziende che adottano un approccio proattivo, ma uno svantaggio per quelle che esitano.

Per questo motivo, un Interim Manager può agire come un vero e proprio mentore all’interno dell’azienda e fornire una guida nel percorso dinamico e rivoluzionario dell’adozione di nuove strategie. Lo può fare assumendo la responsabilità di selezionare e guidare un team di esperti e di monitorare continuamente l’avanzamento dei progetti, per realizzare appieno il potenziale delle imprese, migliorando con successo i processi di gestione aziendale.

TIM Management offre alle PMI il supporto di Manager Interim esperti che, grazie alla loro esperienza e a competenze verticali sui settori di riferimento, possono facilitare l’implementazione di una strategia vincente e garantire il successo dell’impresa nel medio-lungo periodo.

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Reinventare la leadership: 5 cambiamenti critici

Il panorama globale è in continuo mutamento, la globalizzazione e la situazione geopolitica agiscono come forze tettoniche spostando gli equilibri a livello globale. Nel frattempo, gli stili di vita e il lavoro, vengono costantemente reinventati dai rapidi progressi tecnologici e dalle nuove generazioni che sono nate e cresciute completamente immerse nel digitale.

“Ma come dovrebbe affrontare questo momento storico un CEO? Quali caratteristiche deve avere la leadership in un’epoca piena di discontinuità, in cui turbolenze e perturbazioni sono diventate la norma?”

 

Prima di affrontare l’argomento, è opportuno affrontare un quesito preliminare: com’è possibile che l’azienda continui a prosperare in tempi così instabili?
Per decenni, le imprese sono state concepite e gestite con un approccio legato all’ambiente industriale. Il loro obiettivo principale era mantenere stabilità, ponendo l’enfasi sulla massimizzazione dei dividendi per gli azionisti, e spesso trascurando l’impatto delle loro azioni su ambiente e società. Questa mentalità appartiene al passato. Le organizzazioni hanno compreso che tale approccio non è oggi adeguato a fronteggiare le complesse sfide attuali, in particolare per le numerose richieste della società che le aziende devono ora necessariamente prendere in considerazione.

L’era della leadership individuale lascia spazio all’era della cooperazione e interconnessione

 

Lentamente, ma in modo inevitabile, sta emergendo una nuova forma di organizzazione e gestione che abbraccia un approccio aperto, fluido e adattabile. Questo nuovo modello mira a liberare l’energia collettiva, la passione e le capacità delle persone, ripensando i paradigmi e ridefinendo la stessa strategia aziendale. L’aspirazione fondamentale è la creazione di una crescita sostenibile e inclusiva che tenga conto degli interessi di tutti gli stakeholder.

Le aziende che hanno già messo in atto questa trasformazione stanno sviluppando nuove architetture organizzative basate su reti collaborative di team autogestiti. Questi team operano con un obiettivo comune: creare valore per gli stakeholder promuovendo un modo di lavorare aperto, collaborativo, superando i confini tradizionali delle gerarchie aziendali.

Questa rivoluzione organizzativa sta cambiando radicalmente il modo in cui i CEO guidano l’azienda. Non si tratta più di individui solitari al comando, ma di leader che sanno costruire e dirigere team, capitalizzando sulle competenze complementari e sulla diversità di prospettive dei manager, del personale e di tutti gli stakeholders.

Questo nuovo approccio richiede ai leader di compiere cambiamenti evolutivi fondamentali, vale a dire che, al di là delle aspettative standard che richiedono di sviluppare continuamente nuove competenze, dovranno reimmaginarsi, impegnandosi a lavorare su se stessi per cambiare modo di pensare, così da avere un approccio nuovo, o per dirla in modo poetico: vedere il mondo con occhi nuovi. Significa anche riconsiderare i ruoli e gli equilibri all’interno dei team di leadership; e, allo stesso tempo, ripensare le proprie organizzazioni e le industrie in cui operano.

Rinascita della leadership: 5 trasformazioni essenziali

 

Nel tempo, il successo dell’azienda è stato definito dalle stesse qualità che caratterizzano un leader: l’attenzione ai profitti, la capacità di raggiungere i risultati, l’esercizio di autorità e controllo, nonché una competizione intemperante. Tuttavia, per garantire la crescita delle organizzazioni odierne, queste caratteristiche di leadership necessitano un’evoluzione.

Uno studio di McKinsey ha individuato cinque cambiamenti fondamentali di mentalità e modalità di lavoro in grado di ridefinire la concezione stessa della leadership.

È importante sottolineare che, come ogni cambiamento, la trasformazione non implica necessariamente l’abbandono delle competenze tradizionali, ma, al contrario, si basa sulle competenze esistenti per ampliare la capacità di leadership.

 

1. Oltre il profitto, l’impatto

Per garantire il successo di questa trasformazione nelle aziende, l’attenzione non deve essere focalizzata unicamente sul profitto finanziario, ma si deve necessariamente spostare verso la creazione di un impatto significativo e positivo sulla società e sull’ambiente. Questo implica una valutazione oculata delle conseguenze delle azioni aziendali, cercando per quanto possibile di allineare gli obiettivi aziendali con il bene comune, adottando una visione più ampia delle proprie attività.

 

2. Oltre il ruolo, l’interezza

Superare le mentalità arcaiche, purtroppo ancora molto diffuse, dove il lavoro è focalizzato solo sul proprio ruolo e sulla performance; è un modello caratterizzato da leader accentratori, orientati verso obiettivi di breve o al massimo medio termine. Superare questo modello è necessario per i leader di oggi, e diventerà ancora più importante nei prossimi anni, quando l’automazione e l’intelligenza artificiale aumenteranno il valore del lavoro del leader che è intrinsecamente umano.

Andare oltre la propria identità professionale e presentarsi come esseri umani, con il coraggio di essere, e di essere visti nella propria interezza, significa superare i modelli relazionali basati solo sul ruolo e sulle transazioni, favorendo un maggiore adattamento alle situazioni e una maggiore consapevolezza rispetto ai contesti esterni ed interni al sistema, e ponendo maggiore attenzione al benessere psicofisico degli individui.

 

3. Oltre l’autorità, la collaborazione

Gli approcci organizzativi gerarchici si stanno dimostrando sempre più obsoleti, lasciando emergere nuovi modelli che superano i vincoli tradizionali e consentono alle persone di lavorare insieme in modo più efficace. Abbandonare le gerarchie e strutturare le organizzazioni in una rete di team autonomi che operano con trasparenza, fiducia e collaborazione offre alle aziende un nuovo modello di organizzazione più adattabile e potente.

Questo cambiamento necessita un’evoluzione del ruolo dei C-Level, che diventano catalizzatori in grado di  responsabilizzare e guidare i team, promuovendo la connessione, il dialogo e la cooperazione al di là delle tradizionali barriere organizzative.

 

4. Oltre il controllo, l’autoresponsabilizzazione

Ci troviamo in una fase di profonda trasformazione riguardo al modo in cui viene svolto il lavoro, una trasformazione che richiede ai leader di superare il concetto di controllo, spostandosi a una mentalità orientata a stimolare la responsabilità e l’iniziativa personale, incoraggiando una continua esplorazione, esecuzione e apprendimento. I leader e i team di leadership possono così:

  • Apprendere, definire obiettivi e lavorare per il loro raggiungimento anziché concentrarsi sugli indicatori tradizionali di performance;
  • Promuovere la sperimentazione e trarre insegnamenti sia dai successi che dagli insuccessi;
  • Gestire il rischio in modo diverso, attraverso test, apprendimento e adattamento veloce.

 

5. Oltre la competizione, la co-creazione

Nell’epoca caratterizzata da cicli di vita dei prodotti sempre più brevi e da mercati altamente competitivi, è necessario che le organizzazioni adottino nuovi modelli di valore per clienti e stakeholder, riconsiderando completamente i modelli di business e i rapporti con l’ecosistema industriale. Plasmare nuovi modelli di business, sfruttando tutte le opportunità e le risorse a disposizione, rappresenta una svolta radicale per molti team di leadership, che scelgono di adottare una prospettiva strategica più approfondita e aperta, orientata all’esplorazione di nuove possibilità e alla creazione di partnership significative.

“Un processo di trasformazione ben strutturato si svilupperà in modo progressivo, portando ogni membro di un’azienda a riconoscere che la trasformazione individuale e collettiva comporterà benefici significativi.”

In momenti come questi, un Interim Manager può agire come un vero e proprio mentore all’interno dell’azienda e fornire una guida verso modelli di leadership adeguati, basati sulla fiducia reciproca, aspetto fondamentale per sviluppare la resilienza delle organizzazioni che possono così affrontare situazioni di profondo cambiamento e incertezza con maggiore coesione, sicurezza ed efficacia.

TIM Management è pronta a offrire alle PMI il supporto di Manager Interim esperti che, grazie alla loro esperienza e a competenze verticali nei settori di riferimento, possono facilitare l’implementazione di una strategia vincente e garantire il successo dell’impresa nel medio-lungo periodo.

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La crisi energetica persiste. Quali le opportunità per le imprese europee?

La trasformazione industriale sostenibile è necessaria e la crisi energetica rappresenta senza dubbio una sfida per le imprese a livello europeo (se non a livello globale); una sfida che richiede una soluzione a lungo termine. E come sempre, dietro ogni sfida si nasconde un’opportunità: quella di accelerare la transizione verso fonti di energia pulita e verso un business più sostenibile, ovvero che punti alla salvaguardia del pianeta ma senza trascurare quella dell’azienda stessa.

 

Non ci vorrà molto prima di vedere gli effetti che la crisi energetica avrà sull’Europa: sarà ricordata come un catalizzatore per la trasformazione o come una grande mancata opportunità per aziende ed imprenditori? Quello che è certo, è che la risposta avrà enormi implicazioni per tutta l’economia industriale europea.

Le conseguenze del conflitto Russia-Ucraina, iniziato nel febbraio del 2022, e la conseguente riduzione delle forniture di gas all’Europa hanno generato non poche preoccupazioni. Preoccupazioni diffuse sia a livello governativo che industriale. Questa situazione ha causato interferenze nel mercato del gas, con i prezzi all’ingrosso che hanno raggiunto livelli estremamente elevati. In particolare, in Germania, i prezzi sono aumentati fino a 22 volte rispetto ai livelli del 2019, mentre in alcuni altri paesi europei hanno superato i 15 volte.

Diretti interessati, analisti, ma anche semplici osservatori, hanno espresso preoccupazione per il possibile razionamento, i blackout e le conseguenze negative sull’economia.

Un’azione rapida ed efficace da parte dei governi dei singoli paesi e delle aziende dei comparti più a rischio (e va detto, anche le favorevoli condizioni meteorologiche), hanno evitato una catastrofe; l’economia europea ha superato le previsioni per il 2022, con un reale aumento del PIL dell’1,9% in Germania e di un ottimo +3,9% in Italia, rispetto all’anno precedente. Sarebbe un errore gravissimo, tuttavia, pensare che le aziende, specialmente nei settori più esposti, possano continuare ad avere successo – o anche semplicemente mantenere la performance attuale – grazie agli strumenti utilizzati finora e senza affrontare le sfide strutturali che il sistema energetico europeo (e globale) sta ponendo.

 

“La trasformazione ecologica non è solo una semplice opportunità di crescita, ma una necessità strategica imprescindibile per le aziende che vogliono continuare a competere efficacemente sul mercato europeo.”

 

Facciamo un esempio: la transizione dalle forniture di gas russo economico alle più costose importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) rivela la debolezza del sistema energetico europeo. Inoltre, l’Europa rimane dipendente da singoli fornitori per il 50% delle risorse essenziali, come i minerali delle terre rare e molti prodotti finiti. La sfida di ridurre le emissioni di CO2 del 55% entro il 2030 rimane una priorità urgente.

Si presenta così l’occasione di un cambiamento strutturale che possa affrontare con successo le sfide del sistema energetico europeo e renda l’economia competitiva per il futuro. L’industria deve continuare ad ottimizzare l’uso e l’approvvigionamento di energia, ma questo non risolverà i problemi strutturali che l’Europa e le aziende europee hanno sul fronte energia.

Le industrie, insieme ai governi nazionali e alle istituzioni europee, devono lavorare per trovare soluzioni innovative a lungo termine, utilizzando mercati e tecnologie sostenibili per affrontare l’offerta energetica e l’impatto delle emissioni di carbonio nell’atmosfera: il cambiamento climatico sta avendo conseguenze significative (ormai note) sulle aziende, dall’aumento dei costi di produzione, alle difficoltà sulle catene di approvvigionamento, fino all’aumento dei vincoli posti dalle norme ambientali più rigide che hanno l’obiettivo di mitigare gli effetti della crisi climatica. E’ facile prevedere anche un aumento dei costi di conformità per le aziende che non rispettano tali norme.

Pur non essendo la maggior responsabile delle emissioni globali di gas a effetto serra, l’Europa riveste un ruolo culturalmente importante che potrebbe metterla nella posizione di guida e riferimento per scelte di campo fondamentali e, di conseguenza, essere in grado di attivare e coinvolgere anche altre nazioni più riluttanti. In primis Stati Uniti e Cina, che rappresentano rispettivamente il 12,5% e il 33% di emissioni a livello globale (Fonte: CO2 emissions of all world countries, 2022 Report).

La maggior parte delle nuove tecnologie richiede certamente dei costi d’investimento iniziali maggiori – rispetto ai combustibili fossili – ma le nuove tecnologie garantiscono una maggiore stabilità nel business (i.e. rendendo indipendenti forniture e approvvigionamento da paesi, spesso politicamente instabili, che estraggono i combustibili fossili) ammortizzando la spesa nel lungo periodo. Dal punto di vista della competitività aziendale (in particolare considerando le opportunità di sviluppo in Europa, USA e Cina di eolico, solare e idrogeno verde), queste soluzioni offrono l’opportunità di una crescita economica esponenziale, grazie all’introduzione di tecnologie sempre più avanzate in grado di risolvere le problematiche dell’energia green, come ad esempio la produzione intermittente e la difficoltà di stoccaggio.

L’attuale situazione energetica presenta una sfida senza precedenti. L’industria europea però ha già dimostrato la sua resilienza in passato, superando tempeste come la crisi finanziaria del 2008 e la pandemia di Covid-19. Una trasformazione “green” può rendere una potenziale catastrofe un’opportunità. Pertanto, l’azione è essenziale per garantire un futuro sostenibile ed economicamente competitivo per l’Europa.

 

La scommessa delle imprese europee: conquistare i mercati verdi in 6 fasi

Per essere competitive nei mercati a impatto zero, le aziende europee devono agire con decisione e coraggio. Sebbene l’energia sia alla base dell’economia (se fluttua il costo dell’energia, a effetto domino, i costi di produzione di tutti i beni variano), le imprese non possono permettersi di restare in attesa, ma è necessario che diventino protagoniste e motori del cambiamento, accelerando le proprie trasformazioni a impatto zero e sviluppando un portafoglio di prodotti sostenibili, destinati sia ai consumatori che alle altre imprese.

La buona notizia è che, secondo i risultati di un’indagine compiuta da Boston Consulting Group, la maggioranza delle aziende sta già dando elevata priorità alle soluzioni ecologiche. Ciò nonostante, per ottenere successo in questo settore emergente, è importante che le aziende (e i loro CEO) abbraccino una visione lungimirante e facciano della sostenibilità il fulcro delle proprie strategie di business.

A questo proposito, prendendo spunto dalla roadmap delineata da BCG e dal World Economic Forum vediamo com’è possibile ‘commercializzare’ la sostenibilità in sei fasi:

1. Capire la domanda futura e, in particolare,  la disponibilità dei propri target di riferimento a pagare di più per prodotti sostenibili; presupposto di base per progettare e commercializzare con successo un portafoglio di prodotti che abbiano un impatto positivo sull’ambiente e siano sostenibili a lungo termine.

2. Offrire ai consumatori un’alternativa sostenibile e consapevole ai prodotti convenzionali. È importante che le aziende si concentrino sull’identificazione della proposta di valore dei prodotti, riducendo le emissioni di carbonio. Questo significa trovare modi per ridurre l’impatto ambientale dei propri prodotti in tutto il loro ciclo di vita; dalla produzione alla distribuzione fino all’uso finale e allo smaltimento. Questa attenzione non solo diminuisce l’impatto ambientale, ma aumenta la fiducia e il valore del marchio nel cuore dei consumatori informati. La sostenibilità diventa così un vantaggio competitivo importante e una speranza di un futuro migliore per tutti noi.

 

“Le aziende di successo saranno quelle che investiranno in tecnologie pulite, promuovendo la sostenibilità attraverso tutta la loro supply chain e facendo leva su trasparenza e comunicazione aperta con i clienti, valutando in modo oggettivo e misurabile l’impronta di carbonio dei propri prodotti.”

 

3. Puntare sui clienti innovatori per avere successo nel mercato emergente delle soluzioni sostenibili. In diversi settori, la carenza di materie prime non fossili è una sfida importante per i clienti finali, ad esempio per l’acciaio “veramente” non fossile, che al momento è disponibile soltanto da un impianto sperimentale in Svezia. Anche i prodotti chimici e plastici non fossili sono ancora una nicchia di mercato, così come i progetti di decarbonizzazione dei produttori di cemento. Per motivare i clienti a investire in queste nuove soluzioni, le aziende dovranno stringere partnership strategiche con loro, coinvolgendo le intere filiere.

4. Adottare una strategia di prezzi-green. Le aziende saranno in grado di mantenere un equilibrio economico se riusciranno a produrre beni a bassa emissione di carbonio a un costo in linea con il prezzo di mercato e la loro marginalità attesa. Ma questo oggi non è sempre possibile quindi alcune aziende scelgono di scommettere sulle nuove tecnologie e fissare prezzi più elevati rispetto al mercato. In alternativa le aziende stanno esplorando modelli di business innovativi per ridurre l’impatto ambientale dei loro prodotti come ad esempio abbonamenti e modelli pay per use, che stanno guadagnando sempre più consensi tra i consumatori.

5. Formare partnership con fornitori, clienti, concorrenti e regolatori. Le aziende che lavorano a monte della filiera, per avere successo, dovranno ottenere il sostegno e la collaborazione dei loro clienti e degli altri attori del mercato. In alcuni settori, in cui la scarsità di offerta potrebbe diventare un ostacolo, i clienti a valle potrebbero essere pronti ad investire nella filiera per poter offrire prodotti a impatto zero. In questo modo sarà possibile lanciare sul mercato prodotti sostenibili con maggiore rapidità ed efficienza.

6. Intraprendere un percorso di trasformazione radicale all’interno della propria organizzazione. Non si tratta solo di definire una nuova strategia commerciale, ma di effettuare un vero e proprio cambio di mentalità a tutti i livelli dell’azienda. Questo richiederà l’acquisizione di nuove competenze, la definizione di nuovi incentivi, nonché la promozione di una collaborazione interna tra le diverse aree aziendali. Solo in questo modo le imprese saranno in grado di rimanere al passo con la concorrenza e cogliere le opportunità offerte dal mercato in evoluzione.

 

In questo quadro, i responsabili delle politiche europee, sia a livello nazionale che dell’UE, devono fare tutto il possibile per sostenere gli sforzi di trasformazione dell’industria poiché la creazione di mercati green richiederà requisiti di trasparenza ancora più rigorosi.

La celebre frase di Winston Churchill, “Non sprecate mai una buona crisi”, sembra adattarsi perfettamente alla situazione attuale dell’Europa, che si trova a fronteggiare una serie di sfide epocali. Nonostante i conflitti che imperversano ai suoi confini e la concorrenza sempre più agguerrita nel panorama industriale, sia le aziende che i governi europei hanno l’opportunità – e la responsabilità – di attuare una trasformazione radicale che garantisca la prosperità a lungo termine.

Nell’ambiente aziendale il lato positivo della trasformazione è la creazione di nuove opportunità di differenziarsi e superare la concorrenza. Per farlo, ovviamente, i CEO devono guidare il cambiamento e concentrarsi sulle giuste priorità.

L’inserimento di un Interim Manager C-Level esperto, può fare la differenza per le aziende che si trovano a dover affrontare un periodo di trasformazione. Grazie alla loro vasta esperienza e conoscenza dei settori specifici, questi professionisti con la loro esperienza e le competenze specifiche, possono aiutare le aziende a capitalizzare le opportunità che derivano dal cambiamento, posizionandole per il successo e la redditività a lungo termine.

TIM Management fornisce alle imprese i servizi di C-Level interim altamente qualificati, in grado di facilitare l’implementazione di strategie vincenti e garantire il successo dell’azienda a medio e lungo termine, contribuendo a rafforzare le competenze manageriali e di leadership del consiglio di amministrazione e dell’organizzazione nel loro insieme.

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Cresce ancora l’utilizzo per gli Interim Manager in Europa, ma l’Italia è fanalino di coda nella loro retribuzione

La ricerca annuale di INIMA, il network internazionale delle associazioni di Interim Manager, offre lo spunto per un confronto con gli altri paesi europei.

 

Il 2022 è stato l’anno di uscita dalla crisi pandemica ma è stato caratterizzato negativamente dal presentarsi di situazioni di difficoltà per i mercati mai affrontate negli ultimi anni, quali l’inflazione e la tensione provocata dal conflitto in Ucraina. 

Affrontare un periodo così complesso, di perdurante difficoltà, ha richiesto alle aziende una grande flessibilità e resilienza e provocato un impatto significativo sull’organizzazione e sul management, aumentando la richiesta di manager competenti e formati. 

Questo ha portato a un aumento della richiesta di Interim Manager, esperti e competenti nella funzione e nel settore, aumentando del 6% l’utilizzo medio degli interim manager europei e portandolo, negli ultimi due anni, dal 56% al 69% del 2022. In pratica gli interim manager sono stati impegnati in incarichi per più di due terzi del loro tempo disponibile. La situazione italiana, in questo caso, è praticamente allineata con la media europea come utilizzo (67%) anche se nel 2022 quest’ultimo è stato in linea con l’anno precedente, a differenza di tutti grandi paesi europei che sono cresciuti.

A gennaio 2023 ben l’86% degli Interim Manager italiani stava svolgendo un incarico, la media più alta in Europa, dove si registra un dato del 73% medio. Il tasso di occupazione degli Interim Manager del nostro paese è sicuramente in controtendenza rispetto ai dati degli occupati a tempo indeterminato, rispetto al resto d’Europa.

 

 

È un dato che potremmo considerare strutturale perché legato alle caratteristiche peculiari del mercato locale dell’interim management; infatti, la ricerca mostra che ben il 62% degli Interim Manager italiani intervistati risulta occupato con un contratto part-time, dato nettamente superiore alla media europea (26%) e a paesi come la Germania (19%) e la Francia (8%). Da sottolineare anche la crescita esponenziale di questo dato che è passato in un anno dal 40 al 62%, grazie all’esplosione, peculiare al nostro paese, dell’utilizzo di interim manager fractional. Questo fenomeno spiega anche la sostanziale omogeneità del tasso di utilizzo dei manager che non si discosta dalla media europea, grazie a incarichi molteplici e spesso sovrapposti nel periodo.

 

 

Sono dati che in buona parte si possono giustificare esaminando la struttura dell’impresa italiana, composta da migliaia di PMI di dimensioni ben più contenute rispetto agli altri grandi paesi europei. Il 58% degli Interim Manager del nostro paese sono impiegati in aziende con meno di 100 dipendenti, contro il 28% della media europea, l’11% della Germania e il 18% della Francia. È una fotografia dell’impiego degli Interim Manager in Italia posizionati in PMI di dimensioni medio / piccole con un incarico part time o fractional.

 

 

In sintesi, possiamo dire che, sempre di più, l’utilizzo dei manager si orienta verso un aumento della flessibilità. Ma mentre nel nord Europa questo si concretizza in incarichi in prevalenza full time ma di durata attorno ai 10 mesi, in Italia si registra un progressivo aumento delle missioni di interim management part-time ma con durata mediamente superiore all’anno (13,3 mesi) e ben superiore alla media europea e a tutti i grandi paesi.

È una situazione tutto sommato positiva ma che impatta pesantemente sulla tariffa giornaliera media per l’Interim Manager che in Italia è di 676 euro; rimaniamo uno dei paesi con la remunerazione più bassa; un valore nettamente inferiore alla Svizzera (1.450 euro) e alla Germania (1.250 euro), ma anche a Francia (1.050 euro) e UK (1.000 euro) e siamo significativamente sotto la media europea di 949 euro.

 

 

Il profilo anagrafico dell’Interim Manager in Italia non si discosta molto da quello europeo: è un manager di 57 anni (in linea con l’Europa), i più giovani sono in Repubblica Ceca e Polonia, attorno ai 50 anni. Ancora poche le donne, solo l’8% del totale ma sono poche anche in Europa, l’11%.

Un dato per certi versi sorprendente e innovativo è la discesa dei ruoli di general management e C-Level che, pur rimanendo di gran lunga i più frequenti per gli Interim Manager, sono scesi al 59% in Europa con un calo italiano ancora più deciso che ha portato i C-Level dal 75% del 2020 al 55% del 2022! Un calo davvero brusco che in parte è stato compensato dalla crescita degli incarichi di Project Management, saliti dal 13 al 20%, e che testimonia un livello di incarichi tendenzialmente meno apicale nel nostro paese. 

Gli Interim Manager, in Italia e in Europa, sono chiamati soprattutto per la Gestione del cambiamento, seguito dall’ottimizzazione dei processi e dai ruoli di General Management.

Il job più frequente rimane però quello di C-Level, soprattutto CFO e COO, seguito dai CEO e GM.

 

 

Il canale prevalente di ricerca e reclutamento degli Interim Manager europei rimane il network personale dell’imprenditore e / o dei suoi advisor con il 47% degli incarichi, ma c’è da registrare l’ottima progressione delle società di Interim Management con il 32% degli incarichi, in crescita esponenziale rispetto al 20% del 2021; dati molto diversi per il mercato italiano dove la crescita delle società di Interim Management non è avvenuta e si rimane al 19% del 2021.  

È una tendenza al fai da te che potrebbe penalizzare lo sviluppo di un’offerta selezionata e di alto livello manageriale, senza trascurare il fatto che chi si propone come un operatore specializzato ha un network ampio e qualificato da cui identificare e selezionare la risorsa più in linea con le esigenze dell’imprenditore, che può altresì ottenere una flessibilità maggiore nell’utilizzo della risorsa e nella durata dell’incarico. 

 

SCARICA il report completo della Survey 2023 sull’ Interim Management europeo di INIMA 

Domenico Costa è uno dei fondatori di TIM Management, dove si è occupato di diversi e numerosi interventi di ristrutturazione aziendale. Durante la sua carriera ha operato come Advisor di fondi e come Amministratore Delegato di importanti realtà industriali. Ha gestito acquisizioni di Aziende in diversi settori industriali. 

 

TIM Management è in grado di supportare l’imprenditore e i suoi advisor nelle operazioni di restructuring e turnaround, con partner di alto profilo, che hanno maturato una profonda esperienza specifica in materia. 

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Trasformazione aziendale: una sfida sempre più grande. Quale ruolo per il CEO?

Un Amministratore Delegato non può abbassare la guardia in nessun momento della vita aziendale, ma, nelle fasi di grande cambiamento, questa esigenza assume valenze ancora maggiori. Il Management, specialmente il CEO, deve infatti saper attivare la capacità di adattamento dell’azienda ad un contesto in rapido mutamento. 

Il susseguirsi di eventi – dalla pandemia al conflitto Russia-Ucraina, passando per l’evoluzione del mercato del lavoro e i problemi delle catene di approvvigionamento – che hanno mutato profondamente il contesto in cui le imprese operano, ha dimostrato come la maggior parte delle aziende debbano saper agire rapidamente, per adattarsi a questi continui cambiamenti.

Tuttavia, la partecipazione attiva dei CEO e dei leader aziendali al processo di trasformazione delle imprese, secondo una ricerca di Boston Consulting Group, sembrerebbe in diminuzione, proseguendo un preoccupante trend già registrato negli ultimi anni. La buona notizia è che è ancora possibile gestire con successo le trasformazioni necessarie ad affrontare l’attuale contesto, a condizione però che i leader vengano rimessi al centro del processo – e siano consapevoli della loro centralità – concentrandosi sugli obiettivi a medio-lungo termine.

 

L’impatto di 3 megatrend sulla trasformazione

L’adozione dell’intelligenza artificiale, gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile, specialmente a livello europeo, e il lavoro ibrido hanno senz’altro reso ancora più complesso il percorso di trasformazione delle aziende. La prima domanda da porsi è quali siano le capacità interne dell’azienda, che competenze siano disponibili nell’organizzazione e quanto le figure di riferimento siano preparate ad affrontare le opportunità e le sfide che questi cambiamenti presentano.

 

“Le aziende più orientate al futuro, con grandi capacità di resilienza e con forte consapevolezza del contesto competitivo e congiunturale, capiscono il potenziale di sviluppo insito nei cambiamenti in atto, seminando oggi ciò che si andrà a raccogliere in futuro. Ma cosa succede quando questo non accade?”

 

Sempre secondo Boston Consulting Group (BCG), solo la metà delle imprese (52%) ha valutato la propria capacità di rispondere alle sfide proposte dai megatrend in corso come adeguata, mentre un terzo (29%) riconosce il proprio ruolo di c.d. “laggard” (letteralmente “ritardatario”). Se un’azienda non investe nella propria capacità di adattamento, se non sviluppa l’agilità necessaria a sfruttare il cambiamento, mostrando incapacità di reazione e passività, deve, nella migliore delle ipotesi, rassegnarsi a uscire lentamente dal mercato, mentre, nello scenario peggiore, può essere rapidamente spinta sull’orlo del baratro da aziende più moderne, meglio organizzate e più reattive.

Un CEO con le giuste capacità si preoccupa di mettere a disposizione dell’azienda gli strumenti e le capacità necessarie per avere successo, in circostanze mutevoli e sfidanti.

Le conseguenze della pandemia non sono finite

Lo studio di BCG ha analizzato cinque aree di riferimento per il successo aziendale: la realizzazione del valore, il costo per raggiungerlo, la durata, il coinvolgimento dei leader e l’adesione dei dipendenti. Nel complesso, i risultati hanno mostrato che in tutte e cinque le dimensioni, le prestazioni sono peggiorate rispetto a prima della pandemia, un trend che è emerso per la prima volta nei risultati dello scorso anno e sembra proseguire oggi, senza segnali di inversione.

Il valore realizzato a seguito di una trasformazione è diminuito significativamente, passando dal 73% nel 2020 al 45% nel 2022. Allo stesso modo, l’adesione dei dipendenti rimane bassa, mentre i costi in eccesso e i tempi di realizzazione dei programmi sono triplicati, con dati stabili negli ultimi due anni.

Ma la scoperta più significativa è la continua e persistente diminuzione del coinvolgimento dei CEO nel cambiamento. Sebbene il trend sia in fase di rallentamento, passando dal 53% nel 2020 al 38% nel 2022, il fatto che il coinvolgimento dei vertici aziendali continui a scendere è un fattore preoccupante.

 

“I CEO che non sanno cogliere la direzione in cui sta andando la propria azienda si dedicano maggiormente a priorità di breve periodo”. 

 

Il legame tra la riduzione del coinvolgimento dei leader e il calo dell’adesione dei dipendenti alla causa aziendale è un fatto consolidato, come chiarissima è la correlazione inversa: nelle organizzazioni di maggior successo, i leader guidano il cambiamento in tutte le aree e le funzioni e fungono da modello e guida, supportando i dipendenti nell’introduzione dei cambiamenti necessari alla trasformazione. Quando i leader non rispettano questo mandato, i dipendenti se ne interessano meno e le trasformazioni finiscono per non avere successo.

La pandemia ha radicalmente cambiato anche il modo in cui le persone si relazionano al cambiamento. In passato si trattava di fatti, risultati e orientamento, ora il focus si è spostato sui processi, sui sentimenti e sulle difficoltà stesse dei dipendenti a seguire l’evoluzione in atto. In questo contesto, i dati raccolti da BCG mostrano che, nonostante il continuo declino dell’engagement dei leader nelle trasformazioni, l’adesione degli impiegati sembra rimanere tutto sommato stabile. Una possibile spiegazione è che i CEO continuino a mostrare difficoltà nell’affrontare le nuove sfide dell’ambiente post-pandemico, mentre gli impiegati si rivelano più flessibili e pronti alle nuove modalità di lavoro, in sintesi, più resilienti.

5 strategie vincenti per il CEO impegnato a guidare il cambiamento

Le aziende dovrebbero coinvolgere nei processi di trasformazione i loro CEO, e dovrebbero farlo con ogni strumento a disposizione dei CdA.

Innanzitutto, riducendo il più possibile la complessità nelle relazioni e nei processi decisionali e, soprattutto, rendendo sempre chiari ed espliciti gli obiettivi aziendali.

Secondo la ricerca di BCG, possiamo individuare 3 elementi che permettono di distinguere tra imprese che dominano il cambiamento e imprese che lo subiscono:

  • Una visione e gestione olistica degli sforzi votati al cambiamento aziendale
  • Una leadership coerente
  • Un cambiamento che metta al centro le persone (dipendenti e manager)

Un approccio che sembra portare grandi risultati anche in termini commerciali.

1. Guidare con chiarezza e trasparenza

Non è raro che i leader fatichino a ridurre l’incertezza e fornire indicazioni chiare ai loro team. Alcuni rimangono in silenzio quando non sono sicuri della strada futura. Altri compensano troppo fornendo rassicurazioni inconsistenti o elaborando piani troppo dettagliati. Un buon CEO deve saper rimanere autentico e aperto, riconoscendo il cambiamento e l’incertezza, senza esserne paralizzato.

2. Implementare i cambiamenti passo dopo passo

Per garantire un impegno a lungo termine durante il processo di trasformazione, le organizzazioni dovrebbero saper articolare i piani di cambiamento a medio termine in cambiamenti più piccoli, realistici e raggiungibili. È necessario saper dare priorità alle iniziative più importanti, che affrontano le esigenze urgenti o generano miglioramenti rapidi, e programmare in un secondo momento quelle meno importanti e urgenti. Questo può richiedere anche una modifica della cultura aziendale, affinché i team che gestiscono iniziative meno prioritarie non vedano la situazione come una catastrofe che mette fine alla loro carriera, ma come un elemento integrante di una cultura d’agilità e orientamento al valore.

3. Assicurarsi che la leadership sia sulla stessa lunghezza d’onda

Con l’incertezza che impatta su tutti gli aspetti del business, è importante che il board investa molto tempo ed energia per assicurarsi che i leader abbiano ben chiari gli obiettivi e l’approccio della trasformazione. Spesso persino le figure Senior ritengono, erroneamente, di non dover rafforzare la comunicazione interna – anche ribadendo gli obiettivi nel tempo -,  seguendo il principio per cui, una volta trasferite le informazioni, queste resterebbero immutabili e interiorizzate dall’organizzazione.

In realtà, succede esattamente il contrario: in un ambiente aziendale in rapido cambiamento, rafforzare costantemente un messaggio, lo rende ancora più efficace – e perfezionarlo sulla base dei feedback continui dei leader in tutta l’organizzazione – è l’unico modo per garantire chiarezza e focus sulle giuste priorità.

4. Potenziare il fronte operativo

Le trasformazioni hanno successo o falliscono proprio sul piano operativo. Coinvolgere i leader, dotandoli di potere decisionale, consentendo loro di fornire indicazioni ai dipendenti in un contesto di incertezza, ascoltando e dando seguito ai loro feedback su ciò che sta funzionando e su ciò è migliorabile, è fondamentale per concentrare le attività e le energie dell’organizzazione sulle priorità e le aree di lavoro più importanti per il risultato complessivo.

5. Gestire abilmente il cambiamento

I dipendenti dovrebbero essere guidati nei processi di cambiamento e trasformazione, anche per evitare che siano essi stessi, magari in contrasto con gli interessi dell’azienda, a decidere autonomamente quali siano le decisioni e le aree di lavoro importanti e quali quelle meno importanti per la sorte dell’impresa. Questa scelta spetta al CEO, e in genere alle figure responsabili dell’andamento aziendale sedute nel board aziendale.

E’ fondamentale saper gestire il carico del cambiamento sull’organizzazione e identificare tempestivamente eventuali problematiche emergenti.

Il lato positivo del cambiamento nell’ambiente aziendale è la creazione di nuove opportunità per le aziende di differenziarsi e superare la concorrenza. Per farlo, ovviamente, i CEO devono rimanere coinvolti nel processo e concentrarsi sulle giuste priorità.

Con l’inserimento di un Interim CEO esperto, le aziende possono migliorare le loro possibilità di raggiungere risultati positivi nella trasformazione, capitalizzare le opportunità insite nel cambiamento e posizionarsi correttamente per ottenere successo e redditività a lungo termine.

TIM Management è pronta a offrire alle imprese il supporto di CEO interim che, grazie alla loro esperienza sviluppata in situazioni analoghe, e a competenze verticali sui settori di riferimento, possono facilitare l’implementazione di strategie vincenti e garantire il successo dell’impresa nel medio-lungo periodo, contribuendo anche a rafforzare le competenze manageriali e la leadership del board e dell’organizzazione.

Contattaci per garantire all’azienda il valore di una buona gestione della trasformazione.