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La missione di TIM è quella di supportare le Aziende nelle fasi di sviluppo e/o di ristrutturazione, affiancandole nella gestione del cambiamento

I primi 100 giorni del CEO, tra audacia e chiarezza

Nella costante lotta per rimanere competitivi in un mondo globalizzato ma sempre più complesso nelle relazioni tra partner commerciali, i primi 100 giorni di mandato del CEO sono decisivi per esprimere con audacia la propria visione aziendale.

 

I giorni di insediamento in azienda del nuovo CEO rappresentano un momento cruciale in cui il leader può stabilire il ritmo, il tono, la direzione e le aspettative dell’organizzazione, oltre a mostrare la minima tolleranza per “il modo in cui facciamo le cose qui”. Ciò vale soprattutto per gli amministratori delegati provenienti da altre realtà, per i quali questa è anche la migliore opportunità per trarre vantaggio dal punto di vista dell’outsider.

 

L’obiettivo principale è quello di creare un racconto integrato che tracci l’ambizione, definisca i piani per la trasformazione e la gestione degli stakeholder, oltre che valorizzare il talento e la collaborazione interna.

 

Un’opportunità ad alto rischio e ambizione

D’altro canto, la fase iniziale di un mandato rappresenta sempre un periodo ad alto rischio; questa incertezza è amplificata dall’attuale contesto di instabilità economica, sociale e politica, in cui le aspettative relative ai ruoli apicali stanno subendo rapidi cambiamenti.

 

I primi 100 giorni del CEO gettano le basi per i risultati conseguiti nei successivi tre o cinque anni, come dimostrano studi empirici che evidenziano quanto le trasformazioni avviate all’inizio di un mandato beneficiano di effetti cumulativi.

 

Il concetto dei primi 100 giorni può essere applicato in qualsiasi momento di svolta per l’azienda, come una brusca diminuzione del valore delle azioni, una crescente vulnerabilità agli investitori attivisti, una ricapitalizzazione, o come nel caso di una transazione di Private Equity. Sono tutte opportunità per il CEO di prendere un momento di riflessione e riconsiderare la situazione. Lo stesso principio è valido quando le divisioni aziendali o le funzioni richiedono un nuovo punto di vista.

 

Paradossalmente, rappresentano anche il momento ideale per introdurre una fase di riflessione, staccando temporaneamente la spina per dedicarsi a una profonda analisi, esaminando le premesse di base, le convinzioni fondamentali e le conoscenze. Sebbene l’atto della riflessione sia la parte meno visibile del lavoro di un CEO, ne può emergere un valore potenzialmente esponenziale, portatore di illuminanti intuizioni.

 

6 step per i primi 100 giorni

In un contesto fitto di richieste di tempo e attenzione, non sorprende che il CEO possa facilmente distogliere l’attenzione dalle questioni cruciali. Tuttavia, concentrandosi su sei principali aspetti chiave, può rendere efficace e produttivo questo periodo di introduzione in azienda:

 

  1. Un’analisi basata sui dati, imparziale e multidimensionale che comprenda dettagli finanziari sulle performance delle unità aziendali, dei canali, dei prodotti/servizi e delle diverse tipologie di clienti, nonché una valutazione della posizione di mercato, del portafoglio prodotti e della solidità finanziaria dei concorrenti. Alla fine di questo ciclo di valutazione, i CEO e CFO dovrebbero essere in grado di comprendere i fattori che influenzano il valore delle azioni nel loro settore e avere redatto un piano in grado di creare valore attraverso attività mirate e contingenze.
  2. Una narrazione strategica completa che abbracci la ragione d’essere dell’azienda, le prossime sfide da affrontare, la strada da percorrere e le decisioni da prendere, insieme alla definizione di entusiasmanti obiettivi da perseguire. I nuovi CEO che anticipano la necessità di una trasformazione dovrebbero anche incorporare la loro visione, da comunicare agli investitori, ai dipendenti e ad altre parti interessate, definendo la direzione futura e, soprattutto, il modo per raggiungerla.
  3. Una roadmap finanziaria da sviluppare parallelamente alle strategie degli investitori dell’azienda, al fine di massimizzare la creazione di valore. Tale strumento avrà l’obiettivo di delineare le previsioni di entrate e i costi, gli investimenti necessari e le migliorie previste nelle metriche operative e finanziarie nel periodo di due o quattro anni.
  4. Un piano di coordinamento di tutti gli stakeholder che permetta di concentrarsi su come interagire con il board e con il loro team di gestione al fine di garantire una responsabilizzazione efficace in tutta l’organizzazione.
  5. Un piano di comunicazione completo che coinvolga tutti gli stakeholder chiave: grandi azionisti, membri chiave del team di vertice, dipendenti, autorità governative, analisti, media e organizzazioni non governative. Il successo del CEO spesso dipende dalla capacità di stabilire relazioni produttive con tali gruppi. Questo piano dettagliato di comunicazione definirà i KPI e le modalità di gestione delle iniziative.
  6. Una valutazione delle forze e delle debolezze dell’organizzazione interna, delle risorse umane, della cultura aziendale nel suo complesso e del piano di sviluppo. Questa analisi dovrebbe offrire una visione generale della salute e della cultura dell’organizzazione, inclusi aspetti quali lo sviluppo dei leader, il loro grado di allineamento e autonomia, l’efficacia del lavoro di squadra a livello di board, il sistema di valutazione delle performance e le strategie che promuovono la creatività tra i dirigenti.

 

In conclusione, le risorse più preziose di un CEO sono tempo ed energia. Tuttavia, è importante sottolineare che non può essere costantemente “in servizio”, nemmeno nei primi 100 giorni della sua carica. In questo senso, i team di supporto, come i capi di staff e gli assistenti esecutivi, svolgono un ruolo fondamentale; lo aiutano a stabilire un ritmo di lavoro sostenibile, a preservare il suo tempo e a gestire l’energia in modo efficace. Questo può consentirgli di ricaricarsi, dedicare del tempo alla famiglia e agli amici, partecipare ad attività al di fuori dell’ambito lavorativo e, allo stesso tempo, riflettere e sviluppare nuove idee in ambito professionale.

 

TIM Management, grazie alla vasta rete di professionisti altamente qualificati ed esperti in vari settori, offre alle aziende il supporto di CEO Interim con esperienza nella gestione del cambiamento, della ristrutturazione e turnaround o di situazioni di discontinuità

 

Un interim manager può intervenire immediatamente sui processi aziendali e sui flussi di lavoro, grazie all’inserimento in poche settimane nell’organigramma dell’Azienda  assumendo così piena responsabilità della gestione operativa. 

 

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Ecco perché i tuoi dipendenti odiano le riunioni aziendali

Ormai non è più un segreto: lamentarsi delle riunioni e della sensazione di tempo sprecato che comportano fa parte della vita lavorativa. La maggior parte delle aziende riempie il calendario dei propri dipendenti con riunioni settimanali meticolosamente programmate. Ore e ore di meeting, call e riunioni che molti dipendenti, ormai non più così silenziosamente, ritengono siano una perdita di tempo.

Ma non deve essere per forza così.

Pochi leader si soffermano a riflettere seriamente sull’impatto, in particolare negativo, che queste riunioni hanno sul morale e sulla produttività delle loro squadre. Spesso, le riunioni sono considerate un “male necessario”, senza alcuna considerazione per il disagio che possono causare. Ma cosa rende così detestate le riunioni, e cosa può fare un Leader per migliorare la situazione?

 

Stop alle riunioni, lo dicono i dati

Su questo problema sono state scritte molte cose, ma le soluzioni generalmente proposte sono mediocri: stabilire un’agenda chiara, delegare un rappresentante a partecipare al proprio posto, e così via. Tuttavia, secondo alcune ricerche, un miglioramento effettivo richiede un cambiamento sistemico, poiché le riunioni hanno un impatto significativo sulla collaborazione tra le persone e sul modo in cui portano a termine il proprio lavoro.

Un sondaggio condotto da Korn Ferry su 1.945 lavoratori ha rivelato che il 67% degli intervistati ritiene che il numero eccessivo di riunioni impedisca di svolgere il loro lavoro nei migliori dei modi.

Secondo la Sloan Management Review del MIT un dirigente medio dedica ben 23 ore alla settimana alle riunioni, un impegno di tempo notevole che solleva interrogativi sulla loro effettiva produttività.

Ma i dati non finiscono qui, uno studio condotto dall’Harvard Business Review, ha rivelato che ben il 71% dei partecipanti all’indagine considera le riunioni come attività improduttive e inefficienti, mentre il 64% ritiene che ostacolino il cosiddetto “deep thinking”.

Nonostante questi dati allarmanti, molti dirigenti sembrano sottovalutare l’importanza di affrontare il problema delle riunioni improduttive. Certo, le riunioni sono essenziali per favorire la collaborazione, la creatività e l’innovazione. Spesso contribuiscono a sviluppare relazioni e a garantire uno scambio adeguato di informazioni, apportando vantaggi reali. Ma perché qualcuno difenderebbe riunioni eccessive, specialmente quando a nessuno piacciono particolarmente?

 

5 modi per migliorare le riunioni aziendali

Spesso i dirigenti vogliono essere dei “bravi soldati”. In particolare quando sacrificano il proprio tempo e benessere per le riunioni, essi ritengono di fare ciò che è meglio per l’azienda e non vedono i costi effettivi per l’organizzazione. In questo modo, trascurano il danno collettivo provocato da un eccesso di riunioni sulla produttività, sulla concentrazione e sul coinvolgimento dei manager.

Vediamo 5 soluzioni pratiche per affrontare questa sfida.

 

1. Definisci un piano d’azione chiaro alla conclusione di ogni riunione

Il più delle volte, i partecipanti alle riunioni si ritrovano a discutere e a fare brainstorming senza una chiara conclusione e senza azioni concrete da intraprendere. Terminare ogni riunione con almeno cinque minuti dedicati a definire le azioni successive, chi ne sarà responsabile, le scadenze e il follow-up può garantire che le azioni vengano effettivamente compiute e che si capisca lo scopo dell’incontro e i suoi potenziali effetti.

 

2. Riduci la durata delle riunioni

Le riunioni che si protraggono più del necessario sono una delle principali fonti di insoddisfazione. Le persone a volte hanno l’impressione che una riunione si trascini per occupare tutto il tempo assegnato, con il risultato di tenere riunioni di un’ora che avrebbero potuto essere concluse in mezz’ora. Diminuire la durata delle riunioni può aumentare la produttività e ridurre il tempo perso e la frustrazione.

 

3. Definisci uno scopo

Senza uno scopo o un ordine del giorno ben definito, le riunioni tendono a diventare discorsive e prive di direzione, lasciando i partecipanti a chiedersi perché sono stati convocati. Rendere i titoli delle riunioni più specifici e chiarire l’obiettivo nella descrizione dell’invito può chiarire quale è il risultato desiderato e il motivo per cui è necessario riunirsi per raggiungerlo.

 

4. Stabilisci chiaramente le aspettative riguardo ai comportamenti

Le riunioni offrono un’opportunità preziosa per il dialogo, la discussione e la risoluzione dei problemi, ma potrebbero degenerare se i partecipanti eccedono in manifestazioni di “cattiva etichetta”. Queste possono includere l’arrivo in ritardo, la distrazione da dispositivi elettronici, l’assenza di attenzione e le interruzioni continue. Per assicurare il successo della riunione è buona pratica stabilire le aspettative riguardo ai comportamenti desiderati durante le riunioni e spiegare perché tali comportamenti sono importanti.

 

5. Comunicare il ruolo di ciascun partecipante

Chiedersi quale sia il proprio ruolo e come il proprio contributo possa influire sul risultato di una riunione potrebbe creare dubbi e disorientamento. I leader raramente spiegano chiaramente il motivo per cui ciascuna persona è stata invitata. Comunicare il ruolo di ciascun partecipante insieme all’ordine del giorno potrebbe aumentare la motivazione dei presenti e anche far risparmiare tempo a chi potrebbe essere esentato dalla riunione perché non essenziale.

 

L’attuazione di queste strategie può ridurre il numero di riunioni inutili, liberando tempo produttivo per i membri del team e consentendo loro di svolgere più lavoro di qualità in meno tempo.

TIM Management è pronta a offrire alle PMI il supporto di Interim Manager che, grazie alla loro esperienza sviluppata in situazioni analoghe, e a competenze verticali sui settori di riferimento, possono aiutare le aziende a sfruttare appieno le loro potenzialità, migliorando le possibilità di raggiungere risultati positivi durante tutte le fasi di cambiamento, sviluppo e ristrutturazione.

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L’etica del lavoro sta cambiando: un comune denominatore tra generazioni diverse

Sono in atto cambiamenti epocali nell’approccio al lavoro che stanno ridefinendo radicalmente l’etica lavorativa, mentre le diverse generazioni – non basta più catalogare gli atteggiamenti nei confronti del lavoro basandosi su stereotipi generazionali – convergono su un comune denominatore.

 

I lavoratori più giovani rappresentano una parte sempre più significativa della forza lavoro, alcune stime indicano che entro il 2025 i membri della Generazione Z (nati tra il 1997 e il 2012) potrebbero costituire oltre il 25% della forza lavoro globale.

Per comprendere appieno la dinamica del cambiamento generazionale che sta attraversando il mondo del lavoro, bisogna spingersi oltre le convenzionali etichette generazionali. Quello che emerge dalle ricerche, è la sorprendente convergenza di ciò che le persone, indipendentemente dall’età, cercano sul posto di lavoro e le ragioni che li spingono a cambiare o abbandonare il proprio lavoro.

Le peculiarità cominciano ad emergere quando si tratta di creare le condizioni per trattenere i dipendenti più validi. Per i datori di lavoro, la sfida più difficile è quella di adattare le proprie strategie di retention alle esigenze specifiche della Generazione Z, che spesso si rivelano diverse rispetto alle generazioni precedenti e spiazzanti per chi si occupa di HR.

In questo contesto in continua evoluzione, emergono lezioni cruciali: abbandonare gli stereotipi generazionali, concentrarsi sui fattori che restano rilevanti – indipendentemente dall’età – e abbracciare un approccio più articolato per comprendere come tali fattori possano influenzare le decisioni individuali di rimanere o cercare altrove opportunità di lavoro e carriera. 

 

Le similitudini tra diverse generazioni

Nonostante le ipotetiche differenze generazionali riguardo le aspirazioni dei lavoratori, molti stereotipi basati sull’età, specialmente quelli riguardanti i membri più giovani della forza lavoro, si potrebbero in realtà rivelare leggende senza reale fondamento. 

Secondo i dati raccolti dalla ricerca di McKinsey, sebbene ci siano differenze nei tassi di abbandono tra i vari gruppi di età, le preferenze dei dipendenti sono sorprendentemente simili, soprattutto quando si tratta di considerare l’opportunità di lasciare il lavoro. 

Questo è un dato importante poiché significa che, sia le esigenze, che le motivazioni dei manager in cerca di un cambiamento nel proprio ruolo, indipendentemente dall’età, possono essere affrontate con una strategia comune.

Tra coloro che intendono cambiare lavoro, le motivazioni principali sono sorprendentemente simili tra tutti i gruppi di età: 

  • Compensazione insufficiente;
  • Mancanza di opportunità di sviluppo e avanzamento professionale;
  • Leadership poco empatica

Ancora più interessante è constatare che le ragioni principali per aver lasciato il proprio incarico precedente sono le stesse sia per i manager più giovani che per quelli più anziani. Questi sono anche i motivi citati da diverse fasce d’età per spiegare perché potrebbero in futuro decidere di abbandonare il loro incarico attuale.

Questi risultati ci confermano che è fondamentale comprendere e soddisfare queste esigenze comuni per mantenere una forza lavoro motivata ed efficiente, indipendentemente dalla generazione di appartenenza.

 

Strategie di attrattività

Per attirare nuovi talenti in azienda, le strategie più efficaci coinvolgono sia i “fattori fondamentali”, come la retribuzione e lo status, che i “fattori motivanti”, come il livello di responsabilità e autonomia e le opportunità concrete di sviluppo della carriera; tenendo ben presente che un gruppo di fattori non sostituisce l’altro e che entrambi devono essere presenti in maniera equilibrata. 

Questo vale in maggior misura per la Generazione Z, che considera i “fattori motivanti”, insieme alla flessibilità sul luogo di lavoro, come i più importanti quando si tratta di accettare un nuovo impiego. Rispetto ai dipendenti delle generazioni precedenti, i più giovani classificano la retribuzione come un fattore leggermente meno importante. E’ vero che una retribuzione equa e adeguata è sempre stata un fattore critico, ma nel contesto attuale, è probabile che tutti i lavoratori si aspettino una buona retribuzione come parte fondamentale del valore dell’offerta di lavoro. 

Ogni gruppo di età colloca la retribuzione adeguata, o lamenta la sua inadeguatezza, come un elemento nelle loro decisioni di impiego. 

Ma d’altro canto, la sola retribuzione non convincerà un lavoratore né a restare né a cercare altrove. Tuttavia, il margine di errore nell’under paying delle persone (o nella loro percezione di essere sottopagate) è ora molto più ridotto, specialmente con i migliori talenti di un’azienda, che potrebbero essere molto più propensi a cercare un nuovo impiego se non si sentono retribuiti equamente, a prescindere dall’età.

Le notevoli analogie tra le generazioni sembrano ribaltare le convinzioni tradizionali sulle differenze nella forza lavoro per età o generazione. Le ragioni per cui le persone lasciano il lavoro, inoltre, evolvono nel tempo, quindi non sarà più sufficiente, per i datori di lavoro, presumere che le ragioni per cui le persone hanno già lasciato il lavoro siano le stesse che in passato.

 

Giovani e passaggio generazionale d’impresa

Il passaggio generazionale nel management d’impresa è un processo fondamentale per trattenere i lavoratori più giovani – oltre che per mantenere la continuità aziendale. Per dimostrare ai giovani manager che c’è un futuro all’interno dell’azienda però, è essenziale investire nella loro formazione e crescita. 

Questo presuppone l’adozione, da parte di chi gestisce le risorse umane, di un approccio differente rispetto alla tradizionale traiettoria di carriera, che prevedeva di lavorare duramente, ottenere buoni risultati e scalare la gerarchia aziendale; oggi è importante considerare percorsi di carriera meno verticali e modalità differenti di valutare le performance, per garantire opportunità concrete di crescita dei dipendenti, all’interno dell’organizzazione.

Offrire strutturalmente opportunità per sviluppare nuove competenze o fare nuove esperienze, come lavorare su progetti critici o spostarsi lateralmente in nuovi ruoli, è la chiave per accelerare il processo di adeguamento della gestione strategica delle risorse umane. Questi “micro” traguardi possono fornire ai lavoratori più giovani non solo un percorso di carriera più dinamico, ma anche un feedback più immediato sul loro processo di crescita e una maggiore consapevolezza di essere apprezzati dall’azienda.

Grazie alla sua vasta rete di professionisti altamente qualificati e esperti in diversi settori, TIM Management è in grado di fornire alle aziende il supporto di interim manager esperti nella gestione del cambiamento che possono contribuire a creare un ambiente di lavoro più stimolante e ad accrescere le competenze dei manager più potenziali, motivandoli a rimanere nell’organizzazione. 

Questo diventa particolarmente rilevante in caso di passaggio generazionale per le aziende familiari, dove il manager a interim lavora per stabilire una relazione costruttiva tra il giovane successore e l’imprenditore, colmando il gap di competenze ed esperienza, con l’obiettivo di potenziare la competitività aziendale e garantire una continuità di successo all’impresa.

Migliorare costantemente le prestazioni per anticipare il cambiamento: le mosse vincenti per i CEO

Il successo può essere un compagno fedele o un avversario temibile, tutto dipende da come lo si gestisce. Per un CEO, in particolare, raggiungere il successo può essere difficile, ma mantenerlo potrebbe rivelarsi ancora più difficile.

È probabile che tu abbia già sperimentato il successo nei primi anni di mandato come DG o CEO, ma è importante ricordare che questi successi iniziali rappresentano solo l’inizio di un lungo percorso. Mantenere performance di alto livello nello svolgimento di una carriera apicale richiede determinazione e costanza, evitando l’auto-compiacimento che potrebbe rallentare e mettere in pericolo un percorso vincente.

Non esiste una formula magica per garantire il successo, ma ci sono quattro consigli fondamentali da tenere in considerazione per evitare il pericolo di stagnazione e mantenere un’impronta positiva nell’azienda durante il tuo mandato da leader. Ecco una panoramica dettagliata di questi suggerimenti.

1. Espandere il programma di crescita personale

Se consideriamo il successo iniziale come la fase di partenza, è fondamentale riuscire a mantenere questo slancio e a continuare a guidare con successo l’azienda verso gli obiettivi futuri.

I primi tempi di un mandato come CEO, che includono incontri con clienti, dipendenti, investitori, analisti, membri del consiglio di amministrazione e altri stakeholders, sono fondamentali nel plasmare la strategia di leadership e condurre l’azienda in un percorso di successo e sviluppo. In questa prospettiva, gli obiettivi principali devono essere quelli di mantenere un’interazione continua e costruttiva con il mondo esterno, e di concentrarsi sull’ascolto attivo, sull’apprendimento continuo e sulla capacità di stabilire connessioni significative, senza concentrarsi troppo sui propri successi.

La delega di responsabilità al proprio team può essere un passo strategico importante, consentendo al CEO di ampliare la sua visione e di dedicare più tempo a iniziative al di fuori dell’azienda che possono contribuire a mantenere alta la competitività aziendale. In questo contesto, l’ispirazione può emergere dalle connessioni e dalle relazioni con reti esterne di professionisti ed esperti del settore.

2. Assumere un punto di vista “esterno e obiettivo” nell’affrontare i problemi aziendali

Un nuovo approccio alla formulazione della strategia aziendale potrebbe venire dal guardare all’azienda con occhi nuovi, come se fossi un osservatore esterno appena entrato in contatto con la realtà aziendale. Questo metodo permette di evitare di restare ancorati al passato o di essere influenzati da dinamiche interne che spesso portano a decisioni basate su pressioni a breve termine e contingenze del momento.

L’obiettivo è quello di sapersi sempre porre le domande fondamentali e dirimenti su ogni aspetto dell’azienda, dalle questioni finanziarie alla strategia, dal lato commerciale ai costi e alla gestione del capitale, dall’organizzazione alla reputazione. Questo processo di analisi critica è essenziale per mantenere l’azienda flessibile e competitiva, soprattutto in un ambiente aziendale ed economico in costante evoluzione.

3. Costruire collaborativamente le future fasi di crescita

Tra il terzo e il quinto anno del loro mandato, i CEO di maggior successo sfruttano le loro esperienze passate e adottano una prospettiva esterna per delineare il futuro della loro azienda. Questo approccio si basa sulla teoria della “curva S”, che descrive il percorso di qualsiasi strategia aziendale attraverso tre fasi: una fase iniziale di progresso lento, seguita da una crescita rapida e infine una fase di stabilizzazione in cui il valore massimo delle iniziative è stato raggiunto.

La chiave non è solo quella di saper definire chiaramente la direzione della prossima “curva S”, ma anche di saper coinvolgere attivamente il proprio team in questo processo, adattando il proprio stile di leadership per guidare più efficacemente il cambiamento.

Un approccio collaborativo e costruttivo del leader permette all’azienda di mantenere un costante adattamento al contesto competitivo e un percorso di crescita nel tempo, evitando il pericolo di stagnazione. In sintesi, per garantire il successo a lungo termine, è fondamentale anticipare e gestire il cambiamento in modo collaborativo e razionale.

4. Rendere l’organizzazione “future proof”

La storia della carriera di un CEO spesso segue un percorso che parte dall’applauso iniziale per approdare rapidamente alla fine prematura del suo mandato. Sorprendentemente, questa transizione può verificarsi anche quando l’azienda è gestita in modo impeccabile. La realtà è che, la domanda non è se il CEO dovrà affrontare una crisi, ma quando. Negli ultimi anni, il termine “crisi” è diventato sempre più comune nei titoli che riguardano i mercati e le principali aziende.

Le crisi possono scaturire da diverse fonti, come problemi di sicurezza, dilemmi etici, violazioni informatiche o eventi economici globali. La preparazione al momento di crisi non può essere improvvisata all’ultimo momento. È essenziale sottoporre l’azienda a stress test regolari, monitorare scrupolosamente le performance e gli indicatori più importanti, stabilire percorsi di sviluppo della leadership per i manager e mantenere relazioni positive con tutti gli stakeholders.

Inoltre, è fondamentale costruire una squadra di leadership solida e pianificare la successione in modo proattivo per garantire la continuità aziendale. Per proteggere il proprio benessere personale, è importante evitare eccessivi carichi di lavoro che possono andare a scapito della salute mentale, fisica e delle relazioni personali. Un equilibrio tra impegno professionale e benessere sarà la chiave per il tuo successo a lungo termine.

TIM Management è pronta a offrire alle PMI il supporto di CEO Interim che, grazie alla loro esperienza sviluppata in situazioni analoghe, e a competenze verticali sui settori di riferimento, possono aiutare le aziende a sfruttare appieno le opportunità del cambiamento, migliorando le possibilità di raggiungere risultati positivi durante le fasi di sviluppo e ristrutturazione.

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Generative AI per i CEO: tutto quello che c’è da sapere

L’Intelligenza Artificiale Generativa sta evolvendo a velocità record, mentre i CEO stanno ancora imparando a valutare il valore commerciale e i rischi di questa tecnologia. Superato l’entusiasmo suscitato dopo il lancio di ChatGPT, Bard, Claude, Midjourney e altri strumenti creativi, le domande che i CEO si pongono sono molte: “si tratta di pura esagerazione tecnologica o di un’opportunità rivoluzionaria? E se fosse così, quale sarebbe il valore aggiunto per la mia azienda?”

 

L’entusiasmo che circonda la generative AI è palpabile tra i CEO e nelle imprese che, giustamente, si interrogano sulla possibilità di sfruttare questa tecnologia come opportunità di cambiamento radicale. La crescita verticale, e la sua diffusione capillare, ha senz’altro evidenziato che l’intelligenza generativa abbia già di fatto rivoluzionato il settore delle AI. Innanzitutto nel modo in cui le principali piattaforme sono state rese accessibili – comunque con diversi gradi di accessibilità – praticamente a chiunque.

L’AI Generativa può essere applicata in molteplici contesti, dalla creazione di riassunti esecutivi di documenti complessi, alla definizione di strategie di marketing per le imprese, fino alla possibilità di sfruttare la generazione per organizzare lo spazio all’interno delle mura domestiche o ottimizzare quello che abbiamo in dispensa. Con le giuste misure precauzionali, l’Intelligenza Artificiale Generativa può aprire nuovi orizzonti per le aziende, ma anche accelerare, espandere o migliorare le attività esistenti.

Tuttavia, la sua versatilità può comportare risultati meno accurati in determinate situazioni, sollevando così l’importanza di un’attenta gestione dei rischi connessi all’AI.

Agire ora o procedere con cautela? Conoscere e usare la Generative AI responsabilmente

L’Intelligenza Artificiale Generativa è un’area di ricerca che fa parte del campo dell’AI e prende il suo nome dalle sue capacità: creare algoritmi che producono output originali – senza fare distinzione tra input – utilizzando dati e informazioni esistenti, generando testi, immagini, suoni, video o altre forme di contenuti che imitano la creatività umana. Utilizzando tecniche di apprendimento automatico, come la tecnica del Machine Learning e Deep Learning, è in grado di creare nuovi contenuti e soluzioni.

Per molti imprenditori questa tecnologia rappresenta un’opportunità per superare la concorrenza e rivoluzionare il modo in cui le attività – di un singolo team e dell’intera azienda – vengono svolte. Altri invece preferiscono avvicinarsi con maggiore cautela, sperimentando e studiando alcuni casi d’uso per acquisire una conoscenza più approfondita prima di investire nell’AI in modo significativo.

In ogni caso, le aziende dovranno valutare con attenzione se possiedono le competenze tecniche necessarie, l’architettura dei dati e delle tecnologie, il modello operativo e i processi di risk management fondamentali per le implementazioni più trasformative della generative AI. Progettare le proprie squadre e i processi aziendali in modo da mitigare i rischi fin dall’inizio, non solo per adempiere ai requisiti normativi in continua evoluzione, ma anche per proteggere l’attività e guadagnare la fiducia dei consumatori è un altro passo fondamentale da prendere in considerazione e, per farlo, vediamo più da vicino quali sono i punti cruciali – e i rischi – che preoccupano maggiormente:

  • Bias algoritmici; si tratta di risposte inaccurate o incomplete generate dai dati di addestramento imperfetti o dalle decisioni prese durante lo sviluppo dei modelli. Questo può comportare disparità e discriminazioni nelle risposte e nei risultati prodotti.
  • Proprietà intellettuale (IP); i dati di addestramento e gli output del modello potrebbero generare significative violazioni di copyright, marchi registrati, brevetti o altre forme protette legalmente. Anche quando si utilizza un’interfaccia di generative AI fornita da un fornitore esterno, le organizzazioni devono essere consapevoli dei dati utilizzati per l’addestramento del modello e di come vengono utilizzati negli output.
  • Privacy; gli input forniti dagli utenti potrebbero finire negli output del modello in una forma che permette l’identificazione delle persone coinvolte. Ciò potrebbe comportare gravi preoccupazioni sulla privacy e sulla protezione dei dati personali. Inoltre, la generative AI potrebbe essere sfruttata per creare e diffondere contenuti dannosi come disinformazione, deepfake e discorsi d’odio.
  • Sicurezza informatica; i modelli possono essere manipolati per produrre output dannosi o indesiderati come gli attacchi informatici. Questo rischio è particolarmente evidente nella tecnica dell’iniezione di prompt, in cui terze parti forniscono al modello AI istruzioni ingannevoli che lo portano a fornire output non previsti dal produttore del modello o dall’utente finale.
  • Spiegabilità e affidabilità; la difficoltà di “spiegare” come viene prodotta una determinata risposta può sollevare preoccupazioni sulla trasparenza e sulla capacità di comprendere le decisioni prese dal modello. Inoltre, possono produrre risposte diverse per gli stessi input, rendendo difficile per gli utenti valutare l’accuratezza e l’affidabilità degli output.

Solo attraverso una gestione oculata dei rischi e una consapevolezza costante delle implicazioni, sarà possibile sfruttare appieno il potenziale della generative AI in modo sicuro ed etico.

 

Generative AI: 7 considerazioni per i CEO

Startup miliardarie e i grandi player del digitale e del software hanno dedicato anni alla ricerca di soluzioni nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale e molti hanno ottenuto risultati positivi come nuove fonti di ricavo, miglioramenti dei prodotti e maggiore efficienza operativa.

Tuttavia, la generative AI rappresenta un passo avanti sostanziale e apre un mondo di nuove possibilità. Nonostante l’infrastruttura operativa e la gestione dei rischi di questa tecnologia siano ancora in fase di sviluppo, i leader aziendali sanno che è necessario intraprendere il viaggio verso la generative AI. Ma dove e come dovrebbero iniziare?

La risposta non sarà univoca; alcuni opteranno per approcci ambiziosi, mentre altri potrebbero iniziare con esperimenti più contenuti. L’approccio migliore dipenderà dalle aspirazioni e dalla propensione al rischio dell’azienda. Indipendentemente dall’ambizione, la chiave è mettersi in moto e imparare facendo.

Per affrontare efficacemente questo percorso, ecco alcune considerazioni chiave da tenere presente:

  1. Definire una visione chiara, allineando la strategia aziendale all’integrazione dell’AI, facendo in modo che sia in grado di generare valore e innovazione;
  2. Costruire un team diversificato, interfunzionale con competenze in AI, data science, sviluppo software e conoscenze di dominio pertinenti al settore. Questo team avrà un ruolo cruciale nel guidare l’implementazione e il successo delle iniziative di generative AI, può essere anche un team esterno o temporaneo;
  3. Valutare disponibilità e qualità dei dati, identificando eventuali lacune o limitazioni nella disponibilità dei dati e lavorare per raccogliere o acquisire i dati necessari a supportare il proprio settore;
  4. Investire in infrastrutture e risorse considerando l’infrastruttura esistente della propria organizzazione e considerare di investire in miglioramenti o partnership per supportare i requisiti tecnici richiesti;
  5. Dare priorità alla sicurezza e alla gestione del rischio sviluppando protocolli di sicurezza robusti per proteggere i dati sensibili e prevenire potenziali vulnerabilità nei sistemi, con processi di gestione del rischio approfonditi;
  6. Favorire una cultura di sperimentazione e apprendimento incoraggiando una mentalità di sperimentazione e apprendimento continuo all’interno dell’organizzazione e accogliendo i fallimenti come opportunità di esplorazione;
  7. Collaborare con partner esterni valutando la possibilità di collaborare con esperti esterni, istituti di ricerca o fornitori di tecnologia o esperti e manager per sfruttare le loro competenze e accelerare le proprie iniziative.

Considerando questi fattori e adottando un approccio strategico, i CEO possono sfruttare il potere trasformativo della generative AI per la propria azienda.

Anche per questo motivo, un Interim Manager può agire come un vero e proprio mentore all’interno dell’azienda e fornire una guida nel percorso dinamico e rivoluzionario dell’adozione di nuove strategie. Lo può fare assumendo la responsabilità di selezionare e guidare un team di esperti e di monitorare continuamente l’avanzamento dei progetti, per realizzare appieno il potenziale delle imprese, migliorando con successo i processi di gestione aziendale.

TIM Management offre alle PMI il supporto di Manager Interim esperti che, grazie alla loro esperienza e a competenze verticali sui settori di riferimento, possono facilitare l’implementazione di una strategia vincente e garantire il successo dell’impresa nel medio-lungo periodo.

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