Il nostro team

La missione di TIM è quella di supportare le Aziende nelle fasi di sviluppo e/o di ristrutturazione, affiancandole nella gestione del cambiamento

Le principali sfide per il 2022 in termini di digitalizzazione dei processi

La pandemia ha definito e velocizzato per necessità l’introduzione del digitale nel lavoro. Il digitale si è integrato non solo al sistema produttivo, ma soprattutto ai flussi lavorativi e alla gestione documentale all’interno delle aziende, nello stesso tempo è diventato protagonista nel contatto con il cliente e nei processi di vendita. 

Sempre con maggiore frequenza è possibile incontrare termini come smart-working, cloud, e-commerce ed e-learning che non sono più una novità tra i lavoratori. Possiamo attribuire una buona parte delle ragioni di questo cambiamento alla pandemia globale Covid-19: ha accelerato questo processo, rendendo necessaria l’implementazione di questi strumenti, ma anche sottolineando l’importanza di un cambio dell’attitudine del management italiano. 

 

Digital Transformation: quanto effettivamente ha influito sul panorama aziendale italiano? 

Per rispondere a questa domanda è bene definire da cosa scaturisce la necessità di affrontare un processo di trasformazione: nel 2013 i sociologi Bradley e McDonald introducono il termine Social Organization che mai come ora può essere attualizzato ed utilizzato per definire la gestione organizzativa della community collaborativa (mass collaboration) che consente di generare innovazione e potenziare il business, valorizzando specificatamente le competenze del capitale umano, oltre a permettere di coinvolgere tutti gli stakeholder. Non è però sufficiente per le imprese approcciare il cambiamento solo in linea teorica, è sempre più necessario che anche il modello di governance cambi radicalmente.

Infatti, i dati del Rapporto realizzato dal Censis in collaborazione con il Centro Studi TIM sulla trasformazione digitale dell’Italia, evidenziano come le aziende italiane mostrino un chiaro ritardo sulle tematiche di innovazione digitale, in particolare rispetto ai competitors europei presi in analisi; ma i dati presentati mostrano anche una maggiore consapevolezza del fatto che l’Italia sta diventando sempre più competitiva sul mercato digitale. 

Per l’EC Country Report Italy, il nostro paese è al 25esimo posto a causa dei ridotti investimenti in digitalizzazione e innovazione, soprattutto da parte delle PMI.

Nonostante ciò, possiamo riscontrare che sia in Francia che in Germania, le due più importanti economie europee, meno del 60% delle imprese hanno dichiarato che l’introduzione dei social media all’interno della propria corporate è importante per il proprio business, e solo il 40% utilizza e-commerce per la vendita dei propri prodotti online, contro il 58% delle aziende made in Italy.

Tra i paesi presi in analisi, l’Italia e la Spagna, hanno la percentuale più alta di Digital Starters (22%), PMI sul mercato da non più di quattro anni, naturalmente predisposte a considerare  gli strumenti digitali fondamentali per la loro crescita. 

 

I cambiamenti nel mondo HR: come rispondono i responsabili delle risorse umane 

In alcune funzioni, più che in altre, la situazione difficile degli ultimi anni ha rappresentato un’occasione di aggiornamento per le aziende, soprattutto, come ci dicevamo, nella digitalizzazione dei processi. Tra le funzioni che hanno meglio profittato dei benefici della digitalizzazione sono in primo piano le Human Resources, e questo nonostante o forse proprio grazie al forte impatto che ha subito il mondo del lavoro dalla crisi pandemica. Ad esempio, secondo queste statistiche stilate dal Sole24Ore le risorse umane hanno scelto di  utilizzare i social network per diverse finalità, tra cui: 

  • 25% team building;
  • 26% onboarding;
  • 34% training;
  • 41% comunicazione aziendale;
  • 69% recruiting

In questo periodo di forte discontinuità diventa fondamentale il ruolo degli HR manager che devono saper guidare e supportare  uno stile di leadership orientato al cambiamento, che sappia incentivare la trasformazione dei ruoli e individuare figure propense al cambiamento e al miglioramento dei processi e dell’organizzazione. 

 

I tools a supporto delle strategie di recruiting  

Strumenti come Linkedin, o Breezy (per l’automatizzazione del processo di selezione), già utilizzati dai recruiter da diverso tempo, ma anche i più recenti software per la gestione dei video-curricula come Talentcube stanno portato notevoli vantaggi per la funzione HR: possono accelerare la gestione del processo di pre-screening, semplificare il recruiting e anche contribuire a rafforzare l’employer branding. Sono solo alcuni esempi dell’impatto della digital transformation sul ruolo dei professionisti della gestione delle risorse umane. 

 

In conclusione, le Risorse Umane nel nostro paese sono all’avanguardia e stanno entrando sempre di più nell’ottica di sfruttare i benefici della digitalizzazione, tramite l’utilizzo di strumenti altamente tecnologici e performanti; è un processo di trasformazione necessario per evolvere il proprio ruolo e potenziare l’organizzazione aziendale.. E’ un percorso virtuoso ma che può presentarsi difficile per i leader che non trovano all’interno dell’organizzazione le competenze necessarie al percorso di digital transformation; in questo caso può essere risolutivo rivolgersi a consulenti esperti che sappiano introdurre nell’organizzazione risorse già formate e in grado di portare rapidamente competenza ed esperienza.  L’ affidarsi a un Interim Manager esperto può essere la scelta più opportuna per r tradurre l’innovazione in risultati concreti per le aziende, per velocizzare i tempi e ottimizzare i processi, agendo a supporto delle risorse umane con l’obiettivo comune di potenziare e valorizzare il capitale umano e migliorare l’immagine aziendale.

ESG (Environmental, Social and Corporate Governance): quanto sono importanti per gli investitori?

Gli investimenti sostenibili e responsabili (SRI: Sustainable and Responsible Investments) conquistano uno spazio sempre più ampio nel mercato azionario grazie a investimenti destinati a generare un rendimento che, non solo sia finanziariamente soddisfacente, ma che integri anche l’attenzione verso l’ambiente, e le tematiche sociali come le pari opportunità e la corporate governance. Gli SRI vengono dunque gestiti da fondi ETF (Exchange-Traded Fund) che investono su aziende selezionate tra quelle impegnate regolarmente in tematiche di sostenibilità, ovvero che rispettino i criteri ESG.

 

Ma cosa sono gli ESG? 

Il concetto ha origine dall’approccio “Triple Bottom Line”, noto come “Persone, Pianeta e Profitti” (PPP): nasce negli anni ’90 e prevede che le aziende non debbano basare le proprie attività solo sulla generazione di “Profitti”, ma su ciascuna delle tre “P”. Questo concetto si è evoluto nei fattori ESG, che oggi sono il punto essenziale di scelta per gli investimenti degli SRI.

I fattori ESG (Environmental, Social e Governance)  si utilizzano per definire quei criteri possano essere impiegati in ambito economico per misurare e analizzare la sostenibilità di un investimento, ovvero vi è una valutazione delle imprese che va oltre gli obiettivi economici dell’impresa stessa. Questa misurazione, dunque, non viene effettuata solo da un punto di vista prettamente finanziario, ma tiene in considerazione anche aspetti di natura ambientale, sociale e di governance. 

Nello specifico: 

  • i criteri Environmental definiscono l’impegno che l’azienda dedica alle tematiche ambientali e di sostenibilità (es. sfruttamento di energie rinnovabili, lotta contro i cambiamenti climatici); 
  • i criteri Social valutano le modalità di valorizzazione degli individui all’interno dell’impresa (es. gestione del capitale umano, riduzione delle disuguaglianze sociali e di genere); 
  • i criteri di Governance rendono espliciti i valori legati alla modalità con cui l’azienda è amministrata (es. definizione dei ruoli, remunerazione manageriale). 

 

Una forte spinta dei fattori ESG durante la pandemia 

Forum per la Finanza Sostenibile e ALTIS dell’Università Cattolica del Sacro Cuore hanno verificato che le imprese impegnate da più tempo nei percorsi di reporting di sostenibilità traggono maggiori benefici anche dal punto di vista delle performance finanziarie. Inoltre, hanno anche messo in luce che il periodo nel quale questo effetto positivo si verificato con maggiore frequenza è quello della crisi provocata dalla pandemia: infatti nei primi tre mesi  del 2020 gli investitori hanno riscontrato difficoltà ad attenuare  l’impatto del blocco delle economie globali causato dall’esplosione del coronavirus, la cui conseguenza è stata il crollo dei mercati azionari globali. La pandemia ha spostato ancora più rapidamente l’attenzione dei mercati sull’importanza dei fattori ambientali, sociali e di governance (ESG), dal momento che è stato riscontrato che le aziende già attente alla gestione di questi rischi hanno affrontato meglio la crisi. Ad esempio tramite una gestione attenta e consapevole della filiera dei fornitori e l’attuazione di un piano a protezione del personale mirato a non perdere la continuità operativa. Oltre ai fattori legati alla pandemia, ci sono anche altri indicatori che spingono le aziende a sposare i valori di Corporate Social Responsibility, tra cui: bilancio di sostenibilità, miglioramento della propria corporate reputation e maggiore capacità di attirare clienti ed investitori.  

 

L’accesso preferenziale ai fondi ETF: preparare un reporting di sostenibilità è sufficiente? 

Alle aziende virtuose è consentito un accesso preferenziale a fondi e finanziamenti dedicati: come ad esempio i fondi passivi quotati in borsa, Exchange Traded Fund (ETF), che investono per sostenere i valori di queste imprese. Le criticità riscontrate nell’accesso a questi fondi sono riconducibili alle aziende che non producono concretamente dei risultati significativi rispetto alle tematiche a cui si dichiarano legate o alle aziende che operano solo con l’obiettivo di un miglioramento della propria corporate reputation. Queste aziende finiscono inevitabilmente per essere escluse dalla selezione per accedere ai fondi. È fondamentale difatti allinearsi agli obiettivi degli investitori, essere in grado di fornire dati ESG indipendenti e portare risultati concreti attraverso la rendicontazione di sostenibilità. Per fornire i dati di reporting ESG bisogna redigere appunto un documento di sostenibilità in linea con con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite, fissati per il 2030. 

A tal proposito INVESCO ha creato uno strumento, ESG/Intel in grado di dare accesso ad un rating interno ed ad una classifica settoriale sul Global Industry Classification Standard. Lo strumento serve alla società che lo utilizza per definire quanto effettivamente sono influenzate dalle tematiche ESG e include: 

– 20 indicatori ESG a livello di fondo 

– 50 indicatori ESG a livello di singola entità

Le aziende però molto spesso non tengono una rendicontazione regolare e non dispongono delle risorse per rilevare tutti questi indicatori, infatti frequentemente Invesco è costretta a ricorrere all’analisi di fonti di dati alternative, per colmare il gap. 

 

Si può in conclusione definire un unico grande obiettivo che spinge gli investitori ad essere più coscienti nella decisione di investire su un’azienda: portare un impatto positivo sulle persone e sul pianeta che vada oltre le criticità e che si basi sui risultati reali.

L’organizzazione della tua azienda è in grado di gestire con efficacia le problematiche legate ai fattori ESG? Se così non fosse, la soluzione potrebbe essere quella di affidarsi a un Interim Manager esperto nell’implementazione del monitoraggio aziendale dei valori ESG.

TIM Management è in grado di supportare l’imprenditore e il manager nell’affrontare i temi legati alla sostenibilità, all’organizzazione e alla governance aziendale. Lo fa con partner di alto profilo, che hanno maturato una profonda esperienza nel settore e che possono in tempi rapidi colmare il gap e, allo stesso tempo, supportare la crescita delle competenze del management interno.

Un buon proposito per la finanza aziendale nel 2022: imparare a gestire il cambiamento

E’ sempre più importante per la finanza aziendale assumere un ruolo guida nella riorganizzazione strategica del business.

Sta diventando sempre più comune, per chi si occupa di finanza aziendale, essere coinvolto attivamente nel cambiamento aziendale e, in particolare, nel determinare come il business si deve adattare ai cambiamenti strutturali in atto e come vengono riorganizzati i processi e gli strumenti di controllo. Questo è ancora più importante laddove la finanza aziendale è chiamata a gestire la trasformazione digitale

In questo contesto il ruolo del CFO, o del manager che gestisce la finanza aziendale, si trova al centro di una tempesta perfetta: le difficoltà provocate dalla lunga crisi pandemica, la crescente attenzione alle problematiche sociali e ambientali, la necessità di accelerare l’adozione di tecnologie digitali e le conseguenti tensioni economiche e organizzative, vanno a generare un mix esplosivo che richiede un profondo cambiamento nella modalità di interpretare il ruolo e negli strumenti utilizzati. 

Prendendo spunto dalla Global Survey 2021 sul ruolo dei CFO di McKinsey, possiamo constatare come le responsabilità dei CFO, nel periodo 2016 / 2021,  siano cresciute in molte delle aree più critiche della gestione aziendale e, in particolare, come la responsabilità diretta sulle  attività digitali delle aziende sia più che triplicata nel periodo.

Una riprova della ritrovata centralità del ruolo della finanza nella gestione aziendale si trova nelle ampie e crescenti responsabilità assegnate nelle aree dell’investor relation e degli acquisti.

 

La finanza stessa utilizza in maniera crescente strumenti digitali nell’ambito delle sue responsabilità chiave e le aziende che sono più evolute nell’impiego del digitale per la funzione finanziaria sono anche quelle che performano meglio sul mercato.

Da sottolineare la crescita dell’utilizzo degli strumenti di workflow management e process automation, spesso potenziati dall’utilizzo di intelligenza artificiale. 

Gli ERP aziendali sono ormai quasi universalmente integrati da sistemi avanzati di reportistica con dashboard personalizzabili e analytics per la gestione dei costi e del capitale circolante e sempre più  spesso anche da analisi predittive su costi e pricing. Sono tutti strumenti utilizzati in larga misura  dalle grandi corporate ma che stanno diventando velocemente  bagaglio comune  del responsabile finanza delle  PMI, richiedendo competenze specifiche e sempre aggiornate a chi li gestisce.

Le aziende che usciranno meglio dalla crisi pandemica e dalla crescente competizione sui mercati sono proprio quelle che si sono attrezzate o si stanno attrezzando con una finanza sempre più  digitale e tecnologica e con strumenti evoluti e intelligenti di previsione e analisi.

 

Quali possono essere le barriere all’adozione di questi utili strumenti digitali per la finanza aziendale? Sicuramente in molti casi manca una cultura aziendale all’altezza o si giudicano troppo alti i costi di adozione ma soprattutto nelle PMI pesa moltissimo la mancanza nel management interno di skills adeguate per la scelta, la configurazione e l’utilizzo degli strumenti più evoluti. E’ un gap difficile da colmare rapidamente con la formazione e che può diventare in breve termine un serio problema per la competitività dell’azienda.

Se un’azienda decide di intraprendere la via della trasformazione digitale della finanza quali sono le aree da cui partire e quelle che possono avere un impatto più grande sulle performance aziendali? Ancora una volta ci viene in aiuto la ricerca di McKinsey che suggerisce che le aree a maggior impatto potenziale sono le previsioni di vendita e di approvvigionamento, la gestione della cassa e lo scenario planning; Il budgeting e la gestione della contabilità sono importanti per aumentare l’efficacia del controllo di gestione ma meno impattanti sulle performance aziendali.

Tornando alla ridefinizione del ruolo del CFO, una delle aree che nei prossimi mesi lo coinvolgeranno di più e dove potrà impattare direttamente sulle performance aziendali è sicuramente quella definita ESG, che include le aree della responsabilità sociale,della sostenibilità e della governance. Insieme al digitale e all’analisi dei dati questa rappresenta l’area di focus principale per il CFO del 2022.

E’ proprio il responsabile della finanza aziendale che si trova nella migliore posizione per allineare i programmi di ESG con con gli obiettivi strategici e di business dell’azienda e supportare il CEO o l’imprenditore nell’identificare le aree prioritarie di intervento e i potenziali rischi per la performance.

Ovviamente anche questo è possibile solo se nelle figure apicali della funzione finanziaria sono già presenti le skills necessarie a gestire problematiche complesse e a interfacciarsi con le figure chiave dell’organizzazione, a ogni livello. Sono skills tecniche ma anche sociali e organizzative, le cosiddette soft skills, che sono altrettanto critiche per l’implementazione delle politiche e dei processi.

Il CFO è la figura chiave che affianca il CEO o l’imprenditore nell’affrontare il cambiamento aziendale e per questo il suo ruolo sarà sempre più critico e importante.

Per questo è così importante che i responsabili della finanza aziendale nel 2022 che sta cominciando spostino il loro focus dai risultati di breve periodo e dal monitoraggio ossessivo di costi e risultati, cose  assolutamente fondamentali ma che non bastano più se non si accompagnano ad una visione più strategica e analitica dei trend e delle performance di lungo periodo dell’azienda, e in questo senso ESG e digitale sono le aree di attenzione e formazione più importanti da attivare immediatamente.

Chi meglio del CFO può guidare il cambiamento e l’adozione di nuovi processi e tecnologie, valutando con competenza i rischi e le opportunità, proponendosi come promotore e attore principale del cambiamento. E’ proprio sperimentando in prima persona le nuove tecnologie, a partire dagli ERP di nuova generazione per proseguire con i tool di analytics e di intelligenza artificiale, che il CFO può diventare il motore di adozione della digitalizzazione in tutta l’organizzazione, e questo è ancora più importante in organizzazioni meno strutturate come le PMI dove le competenze digitali non sono presenti in misura importante.

Questo dovrebbe essere il buon proposito per tutti i responsabili della finanza aziendale nel 2022: diventare promotori e gestori del cambiamento!

Non sempre però le PMI hanno all’interno risorse  al livello delle sfide che l’azienda e la finanza aziendale devono affrontare. Spesso anche implementare con successo un ERP di ultima generazione si rivela un ostacolo insormontabile.

 La chiave, in questi casi, potrebbe essere l’introduzione di un Interim Manager esperto che si prenda la responsabilità di avviare il processo di trasformazione, partendo proprio  dalla funzione chiave che è la finanza. 

 E tutto questo senza appesantire l’organizzazione con risorse che potrebbero rivelarsi ridondanti, una volta superato il periodo di integrazione.

E’ un cambiamento dove è richiesta una grande esperienza e competenza, che raramente si trovano all’interno dell’organizzazione, soprattutto nelle PMI,  e dove la presenza di manager esterni contribuisce a rendere meno traumatico e conflittuale il processo di trasformazione digitale e la adozione di politiche ESG, in linea con gli obiettivi aziendali.

 TIM Management si occupa di consulenza aziendale e in particolare di interim management, turnaround e restructuring  mettendo a disposizione delle piccole e medie imprese un database di manager esperti che hanno una conoscenza diretta di un settore e  un percorso consolidato all’interno di determinate funzioni aziendali. 

I progetti vengono sempre seguiti con la supervisione di un Senior Partner con lunga esperienza manageriale come amministratore delegato e direttore generale che ha già vissuto le difficoltà del cambiamento dei progetti all’interno dell’azienda. Inoltre è attiva una società consociata di TIM Management, CDI Global, operante all’interno di un network internazionale, che svolge attività di M&A e si occupa di supportare l’azienda nel reperimento di capitali. 

 

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Imprese familiari: quali sfide tra innovazione e tradizione

Le aziende a conduzione familiare si trovano oggi di fronte a nuove ed importanti sfide, all’insegna della ricerca di innovazione e di continuità con la tradizione.

Le imprese familiari rappresentano una realtà particolarmente rilevante nel tessuto economico nazionale ed europeo. Parliamo di aziende con dimensioni estremamente differenti, da piccole attività a grandi realtà con migliaia di dipendenti, e con caratteristiche specifiche, ma tutte accomunate dal profondo legame che unisce l’azienda alla relativa famiglia fondatrice.

Nel contesto odierno, fatto di incertezza e cambiamento, queste imprese si trovano ad affrontare importanti sfide in ambiti diversi. Le aziende familiari sono infatti chiamate a dimostrare di essere in grado di innovare pur rimanendo legate ai valori della propria tradizione e al proprio modello di business.

Ripercorrendo un’analisi di KPMG, possiamo individuare quattro principali sfide per le aziende a trazione familiare:

  1. Creare valore condiviso tra azienda e famiglia
  2. Adottare nuovi modelli di governance per la convivenza tra le diverse generazioni
  3. Valorizzare persone e rapporti umani
  4. Favorire il passaggio generazionale

Creare valore condiviso tra azienda e famiglia

In un’impresa familiare è spesso particolarmente sentito il legame tra la famiglia e la propria azienda. Diventa così fondamentale definire e consolidare quel sistema di valori che caratterizza la singola impresa familiare e che rappresenta un caposaldo per competere efficacemente in un mercato in continua trasformazione.
La condivisione di esperienze e valori con le nuove generazioni assume dunque un ruolo chiave per sviluppare un business duraturo e sostenibile nel tempo. 

Adottare nuovi modelli di governance per la convivenza tra le diverse generazioni

Creare, sviluppare e adottare nuovi ed efficaci meccanismi di governance può contribuire a migliorare le performance dell’impresa e a soddisfare tutte le aspettative dei membri della famiglia. 

Se infatti dare vita ad un’impresa a conduzione familiare può risultare relativamente semplice, creare un business che nel lungo periodo riesca a garantire solidità e sostenibilità e che possa essere trasmesso alle nuove generazioni, appare molto più complesso. 

Oggi sono numerose le aziende che si stanno impegnando nel portare avanti nuovi modelli di governance che semplificano proprio la convivenza tra vecchie e nuove generazioni, definendo ruoli e responsabilità e implementando un codice di condotta per tutti i membri della famiglia. Fondamentale è la condivisione generale degli obiettivi aziendali, ma anche di tutte le criticità e trasformazioni interne ed esterne all’azienda. 

Valorizzare persone e rapporti umani

Nelle imprese di famiglia le persone rappresentano il centro e il nodo principale del modello di business. 

Con l’espansione delle attività e la crescita del fatturato, le aziende sono spinte alla ricerca di nuove competenze al di fuori del cerchio familiare. Diventa così centrale la capacità di comunicare in modo efficace i propri valori e la propria cultura, predisponendo pacchetti interessanti in termini di incentivi, benefit e di retribuzione per risultare maggiormente competitivi sul mercato delle risorse umane. 

Infine è necessario non trascurare la gestione del rapporto tra figure interne ed esterne alla famiglia, accompagnata da una definizione chiara di ruoli e responsabilità.

Favorire il passaggio generazionale

Il passaggio tra una generazione e quella successiva rappresenta un momento chiave nello sviluppo di un’impresa di famiglia.

Nelle operazioni di transition management possono infatti verificarsi attriti e incomprensioni che possono rendere più difficile il passaggio di consegne e compromettere le prospettive aziendali. 

Una transizione generazionale gestita con gradualità e i giusti tempi è funzionale per la nuova generazione poiché permette di collaborare con la generazione precedente e assorbire gradualmente l’esperienza e i valori del passato.

Il ruolo della pianificazione è dunque fondamentale per garantire la continuità del business e per introdurre il cambiamento con i tempi necessari.

Il nostro punto di vista

Nell’impresa familiare la famiglia, la proprietà e il management sono intimamente connessi” –  afferma Domenico Costa, presidente di TIM Management.

In merito agli strumenti e alle azioni che possono risultare fondamentali nel in questa fase di grande cambiamento e rilancio, ha poi precisato:  “Ci sono  alcuni strumenti che aiutano l’azienda ad aprirsi con decisione all’esterno, in particolare  la decisione di dotare l’organizzazione di una squadra di management in grado di gestire con successo la transizione, grazie a  manager esperti, inseriti a tempo indeterminato o, preferibilmente,  come interim manager, per seguire i progetti necessari a  gestire il cambiamento e , per formare i successori, dotandoli delle competenze necessarie ad assumere il ruolo di leadership per il futuro”.

Ha poi concluso affermando che: “in questa fase saranno da prendere in considerazione le società di corporate advisory specializzate in M&A, che possono fornire  assistenza specializzata nella valutazione dell’azienda e nella ricerca di eventuali acquirenti o società da acquisire. Deve essere infine previsto il rinforzo delle consulenze di  management, iniziando dagli studi legali che sono indispensabili per stilare  i patti di famiglia e  normare il percorso di  successione”.

In conclusione, l’imprenditore è oggi chiamato a svincolarsi da una logica di business di breve periodo che non è sufficiente a garantire la continuità aziendale e soddisfare le esigenze del futuro. L’imprenditore deve essere capace di guardare alla gestione aziendale con visione prospettica, scegliendo nuovi leader per la sua azienda, in famiglia e/o fuori, intraprendendo operazioni precedentemente non prioritarie come la riorganizzazione della struttura manageriale. 

Il tutto secondo un approccio che abbia come obiettivo quello di mitigare i rischi e le criticità, anche attraverso anche l’eventuale supporto di professionisti specializzati.

TIM Management è in grado di supportare l’imprenditore e i suoi advisor nelle fasi più delicate di cambiamento aziendale, con partner di alto profilo, che hanno maturato una profonda esperienza nella gestione dei passaggi generazionali e delle crisi connesse.

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ASviS: il ruolo della finanza sostenibile

Il ruolo che la finanza può avere nel favorire una decisa transizione verso nuovi modelli di comportamento sostenibile delle imprese, ma anche nei processi decisionali nella pubblica amministrazione è infatti senza dubbio rilevante.

In questo articolo approfondiremo il tema di forte attualità ripercorrendo quanto emerso durante l’incontro “Le imprese di fronte agli obiettivi dell’Agenda 2030: le nuove sfide della regolazione europea e di Next generation Eu” in occasione del Festival dello sviluppo sostenibile 2021, organizzato da l’ASviS, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile 

L’incontro si è sviluppato principalmente attorno al ruolo della finanza sostenibile, a livello europeo e nazionale. Si è infatti discusso prendendo in considerazione:

  1. l’evoluzione della normativa europea in tema di finanza sostenibile e il ruolo di quest’ultima all’interno del Recovery Plan, fondo europeo per la ripresa economica degli stati membri colpiti duramente dalla pandemia.
  2. Il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza preparato dall’Italia per rilanciare l’economia dopo la crisi pandemica, al fine di sviluppare maggiormente una concreta trasformazione green e digitale del nostro paese.

 

L’action plan e l’accelerazione sulla finanza sostenibile

Con l’adozione dell’Action Plan sulla finanza sostenibile, l’Unione Europea ha fin da subito reso chiaro l’obiettivo di dare una svolta alla trasformazione del modello di sviluppo europeo, tramite una linea politica volta a favorire ampiamente la transizione ecologica. 

Grazie all’evoluzione della “Strategia per finanziare la transizione ad un’economia sostenibile” e ad altri miglioramenti normativi tra cui le ultime definizioni del Regolamento sulla tassonomia delle attività sostenibili e gli atti delegati connessi, e del Regolamento UE sull’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari, l’action plan ha accelerato notevolmente sul tema della finanza sostenibile.

 

Investimenti pubblici: interazione tra finanza pubblica e privata

L’adozione sul fronte nazionale dei Piani di rilancio e resilienza apre il confronto su temi come l’efficienza della Pubblica Amministrazione all’interno dei processi di investimento e sulla governance di tutti i livelli di governo che verranno coinvolti per la definizione dei programmi di investimento.

Durante l’incontro è stata posta particolare attenzione alla capacità del sistema economico italiano di moltiplicare gli effetti del PNRR anche sfruttando l’interazione tra finanza pubblica e privata, per quanto riguarda gli investimenti pubblici. Interessante sarà, in questo contesto allo stesso tempo entusiasmante e complesso, capire in che modo, e quanto, il panorama aziendale italiano, in cui le piccole e medie imprese hanno un ruolo centrale, sia in grado di trarre più vantaggi possibili da tutti gli incentivi, investimenti e riforme che verranno introdotte. 

Il ruolo che la finanza può avere nel favorire questa transizione nei modelli di comportamento, nelle funzioni obiettivo delle imprese e nel decision-making pubblico è assolutamente centrale” – ha affermato il presidente dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile Pierluigi Stefanini. 

Il processo ha avuto un’ulteriore accelerazione con il Next Generation EU, strumento di reazione alla crisi economica provocata dal Covid-19, attraverso il quale un programma di riforme, investimenti pubblici ed incentivi alle imprese dovrà sostenere la difficile ripresa dell’economia in fase post-pandemica”.


TIM Management in prima linea

L’investimento sostenibile e responsabile è uno strumento in grado di influenzare il modello di sviluppo economico e renderlo più̀ in linea con i principi della sostenibilità.

In TIM Management osserviamo costantemente le novità e i cambiamenti del mercato italiano e internazionale, dedicando particolare attenzione alle esigenze e alle criticità diffuse tra gli imprenditori per supportarli con le risorse manageriali più adatte e competenti per un ruolo specifico, in particolare per quanto riguarda l’adozione di nuovi criteri di sostenibilità e responsabilità sociale e l’inserimento di nuove figure manageriali dedicate a gestire la transizione dell’organizzazione.