Il nostro team

La missione di TIM è quella di supportare le Aziende nelle fasi di sviluppo e/o di ristrutturazione, affiancandole nella gestione del cambiamento

Open Innovation: integrare nuove tecnologie e soluzioni digitali nel settore finanziario

Sono sempre più frequenti e impattanti le iniziative di Open Banking, a cui si sono aggiunte più recentemente le iniziative di Open Finance, ovvero l’Open Innovation del settore finanziario: sempre con lo scopo di creare innovazione collaborativa con il mondo digitale e di creare soluzioni innovative al servizio delle imprese. 

I servizi finanziari crescono sempre più rapidamente e si trasformano, mettendo al centro la persona, e creando esperienze sempre più personalizzate e soddisfacenti per i clienti. Questo può avvenire grazie a un processo sempre più avanzato di condivisione di dati che necessita dell’esperienza, della tecnologia e della partecipazione di aziende innovative già attive nel Fintech e nell’Insurtech.

L’Italia è stata più lenta nell’adozione dei nuovi modelli di banking e finanza ma oggi sta sviluppando una forte crescita nei servizi di Open Banking, anche se con impatto ancora molto lontano da quello dei paesi Nord-Europei. 

Cosa intendiamo quando parliamo di Open Finance

“Paradigma che presuppone che le aziende possano e debbano utilizzare idee e tecnologie esterne in sinergia con quelle interne e che siano aperte a collaborazioni interne ed esterne al mercato di riferimento, mentre cercano di far progredire la propria tecnologia”. Henry Chesbrough (economista statunitense, 2003). 

Adottando un approccio ‘open’ le piccole aziende possono sviluppare nuove idee di business e aumentare la propria competitività nei confronti dei modelli chiusi delle imprese leader che basano i loro sviluppi esclusivamente su risorse e tecnologie interne. Quest’ultimo è un approccio che rinuncia al confronto e all’apertura verso l ‘esterno e che diventa in breve termine un blocco per la crescita. 

Il modello di Open Innovation, applicato al settore finanziario e assicurativo, ha dunque l’obiettivo di catturare tutte le opportunità di business derivanti dal ricorso a risorse (idee, competenze, dati, ecc.) esterne all’impresa e generalmente provenienti dal mondo Fintech e Insurtech.

Open banking e open finance: lo sviluppo in Europa 

CBI, l’hub per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione dell’industria bancaria e finanziaria nazionale e internazionale, ha appena pubblicato un report sull’open banking che ci mostra che nell’UE l’adozione della PSD2, che ha permesso la libera condivisione di propri dati finanziari e bancari da parte degli utenti, ha dato un grande slancio alla diffusione dei servizi di open banking e sono ormai più di 500 le terze parti che forniscono servizi di accesso ai conti correnti e servizi di pagamento su utenze gestite dai player tradizionali. CBI stima che queste ultime siano cresciute del 300% dal 2019. Dallo stesso report emerge anche che è in crescita, seppure in fase iniziale, l’utilizzo di strumenti di Open banking in relazione a investimenti, prestiti e assicurazioni.

Possiamo però fare una considerazione più ampia, ovvero che l’innovazione non deve essere limitata ai soli servizi bancari, ma può e deve essere estesa a tutti i servizi finanziari, come ad esempio i finanziamenti e la gestione di fornitori e clienti.

A livello Europeo l’osservatorio Fintech e Insurtech ha preso in analisi 48 piattaforme software che sviluppano nuove iniziative orientate a una logica Open Finance: sono nuovi provider che consentono in modo più agevole lo scambio di dati e l’elaborazione di questi ultimi per l’attivazione di servizi e analisi; sono servizi e informazioni che favoriscono l’interazione e la collaborazione per lo sviluppo di innovazioni tecnologiche sempre più efficaci e impattanti per le aziende e i privati. 

Il nuovo paradigma ‘Open’ sta cambiando profondamente il mercato, aiutando a ridurre i confini tra le industrie a favorire lo sviluppo di nuove fonti di reddito originate dal cross selling di prodotti e servizi. Ad esempio è sempre più frequente che attori provenienti da industrie tradizionali sviluppino Servizi Finanziari per costruire piattaforme integrate dove gli utenti possono accedere a un’ampia serie di servizi e pagarli senza soluzione di continuità, come Telepass che offre pagamenti in app per il parcheggio, il trasporto pubblico e diversi servizi automobilistici o Sisal, entrato nel settore bancario attraverso la creazione di SisalPay (ora Mooney), la cui missione è quella di semplificare i pagamenti adottando un modello di Proximity Banking.

Uno sguardo al futuro

Il passo successivo all’open Banking è stata l’apertura di uno spazio di collaborazione tra fornitori di soluzioni fintech e insurtech e l’industria finanziaria che per tradizione è molto conservatrice e chiusa all’innovazione, sa questa unione sta appunto nascendo l’Open Finance. 

È palese che questo approccio porterà dei benefici sia per gli individui sia per le imprese: è un approccio che permette in modo molto semplice e automatico di conoscere più profondamente le proprie finanze e di conseguenza poter ottimizzare il controllo sulle stesse per i privati ma soprattutto per le imprese che stanno affrontando sfide sempre più complesse nella gestione del business e della finanza. Avere l’accesso semplificato a più informazioni e analisi strutturate, porta i responsabili aziendali, finance manager e CFO, a prendere migliori decisioni finanziarie e gli istituti finanziari a poter valutare in maniera più semplice e veloce il rischio e la situazione del cliente in termini di disponibilità di cassa e indebitamento. 

Le aziende potranno anche accedere ai dati più rilevanti dei clienti e ottenere l’onboarding di nuovi clienti in modo più rapido e sicuro, grazie a soluzioni fintech sempre più avanzate e semplici da utilizzare. 

In conclusione possiamo dire che l’open finance è il naturale sviluppo dell’open banking: il livello successivo che porterà all’ottenimento di servizi finanziari personalizzati per aziende e individui. 

Per poter cogliere le opportunità offerte dall’Open Finance in ambito commerciale e finanziario, è importante che l’azienda possa contare su risorse competenti e aperte al cambiamento all’interno della propria organizzazione; spesso si rivela opportuno il coinvolgimento di personale specializzato esterno, come ad esempio la figura di un Interim Manager con un bagaglio esperienziale ampio, sviluppato in settori differenti, che sia in grado di integrare all’interno delle organizzazioni nuove tecnologie e soluzioni digitali che ha già sperimentato con successo in altri contesti analoghi. 

 

Vuoi saperne di più? SCARICA IL REPORT CBI-PWC sulla situazione dell’Open Banking globale. 

TIM Management è in grado di supportare l’imprenditore nelle aree sales e finance con manager C-Level di alto profilo, che hanno maturato una profonda esperienza specifica in aziende del settore di competenza. 

 

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Global business: da opzione a necessità

Dopo due anni di convivenza con la pandemia Covid-19, ci troviamo in una situazione più difficile del previsto, dovuta all’inflazione e al conseguente aumento incontrollato dei prezzi delle materie prime e dell’energia. E’ una situazione che rende più incerta la ripresa dell’economia mondiale, e l’Italia non si discosta da questo trend. 

Imprese: internazionalizzare per crescere 

Non tutte le imprese ce l’hanno fatta e non tutte ce la faranno ad affrontare la risalita; molte si adatteranno ai nuovi cambiamenti e trasformeranno radicalmente il loro Business: a partire dagli assetti organizzativi per arrivare ai modelli strategici, e quelle più lungimiranti si attrezzeranno per operare efficacemente nei mercati esteri. 

Nessuna azienda, ad oggi, può permettersi di rimanere ferma a guardare e ad attendere che il mercato si riprenda autonomamente; tutte dovranno necessariamente cercare nuovi sbocchi e nuove opportunità per distribuire la produzione a costi meno elevati. Bisogna considerare la globalizzazione come un’opportunità per intensificare gli investimenti, e di conseguenza i ricavi, e per ottenere molteplici benefici positivi, tra cui evidenziamo una minore dipendenza dall’andamento dell’economia nazionale e la possibilità di compensare le crisi in alcuni mercati esteri con un’internazionalizzazione ancora più estesa. 

Cosa spinge le aziende verso i mercati internazionali nonostante le grandi tensioni politiche e un’incertezza crescente? 

Sicuramente le opportunità di crescita e sviluppo, ma anche i vantaggi competitivi che si possono ottenere in termini di: 

  • costi inferiori di produzione e distribuzione rispetto ai competitor;
  • poter raggiungere consumatori che percepiscono i prodotti come unici rispetto alla concorrenza locale; 
  • generare profitti superiori sui mercati esteri. 

Quanto contano i costi di trasporto nella scelta dei mercati 

Ad oggi, uno dei temi più importanti per determinare su quali mercati puntare per allargare il proprio ambito operativo e quali invece accantonare, è quello dei costi di trasporto: molte imprese, dati i costi elevati di trasporto che sembrano non essere destinati ad abbassarsi per lungo tempo, puntano ad accorciare il percorso chilometrico per l’approvvigionamento e per la vendita all’estero. 

Questa strategia prende il nome di “nearshoring” e ha l’obiettivo di abbattere i costi di trasporto affidandosi a produzioni, collaborazioni e  fornitori in prossimità del territorio di provenienza, ad esempio stati confinanti. 

Infatti, la nuova economia punta ad ottimizzare i costi e ad implementare nuove idee di business: ridurre i percorsi fatti dalle merci intorno al globo avrà un impatto positivo sia per gli stessi operatori del settore sia per l’ambiente.

Il ruolo dei manager nell’apertura di nuovi mercati esteri

Data l’impellente necessità di internazionalizzarsi, quindi di collaborare e a volte perfino di fondersi con nuove realtà estere, è bene avere piena consapevolezza dell’importanza delle risorse e dei Manager che dovranno affrontare questa sfida. 

Avere a disposizione un capitale umano preparato e che abbia una profonda conoscenza, non solo delle lingue e delle culture, ma anche della filiera produttiva e di approvvigionamento dei mercati in cui si va ad operare, è determinante affinché l’impresa non vada incontro a insuccessi ed errori. 

L’introduzione di un Temporary Manager, competente e con consolidata esperienza in dinamiche e contesti analoghi, che possa supportare l’impresa nella fase di avvio, la più delicata della transizione, è sicuramente una buona strategia per l’imprenditore. 

Infatti, le skills richieste sono sempre più complesse ed è sempre più difficile trovare delle risorse altamente competenti in tempi brevi, risorse che si rivelano indispensabili per instaurare una collaborazione positiva con i manager internazionali. 

Fidarsi solo della propria cultura aziendale e della percezione interna dei fenomeni sociali, aziendali e di mercato, è rischioso poiché porta inevitabilmente a formulare le strategie e a disegnare l’organizzazione in modo autoreferenziale, rischiando di portare solo risultati negativi per l’azienda sul mercato estero. 

È una sfida in cui si vince solo avendo nella propria squadra persone di qualità, a prescindere dalla loro lingua o cultura di origine: il talento è il primo requisito per attrarre fornitori e/o investitori del mercato globale, è un contesto altamente competitivo che ha necessità di essere sempre più internazionale e meno locale. 

Il fattore organizzativo è uno più importanti da tenere in considerazione, affinché le integrazioni e le fusioni tra imprese italiane ed estere si sviluppino con maggiore frequenza e con un sempre maggiore successo.

Le reti d’impresa all’interno dei mercati globali 

Le reti tra imprese, soprattutto sui mercati esteri, diventeranno decisive perché anche alle aziende più piccole si apre la possibilità di farsi spazio all’interno di un mercato molto più ampio dove l’innovazione e le strategie prevalgono sulla dimensione del business.  

A tutte le imprese, quindi, è richiesto di crescere, svilupparsi e affrontare nuove sfide in termini di solidità e di qualità sia nel mercato locale che nel mercato internazionale: farlo avvalendosi di personale qualificato è il primo passo per ottenere successo nel breve periodo e per avere risultati nel lungo. 

TIM Management dal 1987 offre supporto manageriale alle aziende, nelle fasi di ristrutturazione e in quelle di crescita e sviluppo, in Italia e all’estero. TIM Management è parte di WIL Group, un network costituito da 13 società leader nell’Interim Management operanti in 60 paesi, con l’obiettivo di fornire un efficiente servizio transnazionale ai propri Clienti e supportare lo sviluppo internazionale, con l’inserimento di Interim Manager locali nelle filiali estere e la ricerca di business partner.

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Reti d’impresa in crescita: per le PMI sono uno strumento efficace per affrontare la crisi

Affrontare l’emergenza Covid ha stimolato le PMI nella ricerca di nuove opportunità per migliorare la loro competitività e superare la crisi con successo; ad esempio, le reti d’impresa si sono rivelate uno strumento molto efficace e sono sempre più utilizzate dalle PMI italiane.

I dati provenienti dall’Osservatorio Nazionale sulle Reti d’Impresa mostrano per l’anno passato un aumento dei contratti di rete del 13,3% e delle imprese in rete del 10%. 

Contratti di rete: cosa sono e chi può avvalersi della strategia

È obiettivo comune sopravvivere alla crisi, alla concorrenza e alle produzioni a basso costo dei paesi esteri. In che modo riuscirci in un contesto sempre più sfidante? Il contratto di rete può essere uno degli strumenti più efficaci in questo contesto, vediamo perché

Possiamo definire il contratto di rete come un’aggregazione di imprese che prevede cooperazione tra loro per perseguire obiettivi comuni; è dunque uno strumento smart che consente alle imprese di condividere le risorse, all’interno di mercati incerti e sempre più complessi, per incrementare la propria competitività.

Le attività legate alle reti d’impresa sono determinate da una normativa che prevede che le parti dispongano di un programma di rete composto da tre tipologie di attività: 

  1. collaborazione tra le parti; 
  2. scambio di informazioni e/o prestazioni; 
  3. esercizio in comune di una o più attività per impresa. 

L’internazionalizzazione, come ormai ampiamente assodato, deve essere considerata un must per tutte le aziende che vogliono rendersi competitive all’interno dei mercati e che vogliono aprire nuove opportunità commerciali.

La creazione di una rete di impresa può rappresentare un’opportunità da cogliere: non è un mondo riservato alle grandi aziende, anzi sono soprattutto le PMI che possono avvantaggiarsi del meccanismo di rete e sfruttarlo al fine di aprire collaborazioni virtuose con altre imprese, inserirsi sui mercati esteri e creare nuovi sbocchi commerciali

Un sistema di successo

Ad oggi, le reti vincenti, vertono su strategie performanti e resistenti e sono accomunate da determinate caratteristiche: 

  • Hanno risorse e competenze complementari e intangibili;
  • Si affacciano ad un mercato di riferimento affine al proprio; 
  • Le tecnologie legate ai dati e all’automazione, sono considerate fondamentali. 

Altri fattori comuni da sempre presenti alle reti d’impresa sono: 

  • la tendenza all’aumento del potere contrattuale dell’impresa associata, 
  • l’abbassamento dei costi di produzione,
  •  la formazione condivisa per il management,
  • e la partecipazione a gare e appalti. 

Per effetto della crisi pandemica Covid-19 sono emerse come vincenti anche le tematiche legate all’innovazione e all’internazionalizzazione. 

I dati a supporto della strategia: report 2022

L’Osservatorio Nazionale sulle Reti d’Impresa ha condotto un’analisi su circa 6.970 reti diffuse sul territorio nazionale: è stata rilevata una prima distinzione tra ‘reti contratto’, che rappresentano circa l’85% del campione, e le ‘reti soggetto’, circa il 14,6% sul totale. 

Al 31 dicembre si contavano 42.232 imprese in rete, +3.849 rispetto al 2020, per un totale di 7.541 contratti di rete, questi ultimi, rispetto al 2020 hanno riscontrato un incremento di 885 nuovi contratti. 

Le imprese più coinvolte riguardano i seguenti settori:  

  • agroalimentare (22%)
  • commercio (14%) 
  • costruzioni (12%)

Nuovo modello di business organizzativo

Possiamo dunque considerarlo un vero e proprio modello organizzativo mirato ad aumentare la produttività in termini di valore aggiunto, al fine di conquistare nuovi mercati e competere in quelli attuali. 

Per le reti di impresa la priorità viene sempre data alla ricerca continua di soluzioni per differenziarsi e rafforzare il proprio modello di business, facendo leva sulla diversità e peculiarità delle competenze che emergono dal processo di aggregazione. 

Ma non sono solo questi i vantaggi, essere parte di una rete consente anche di:

  • realizzare economie di scala,
  • superare i limiti dimensionali delle singole imprese,
  • accedere alla complementarietà di competenze derivanti dalle diversità delle risorse presenti nelle  imprese retiste,
  • riposizionarsi come rete su un segmento di mercato a più alto valore aggiunto grazie a soluzioni integrate.

Le imprese retiste si caratterizzano per essere capaci di ‘coopetition’, ovvero essere in grado di collaborare simultaneamente per ottenere un risultato decisivo: la diversificazione delle competenze. 

Con questo nuovo modello di business innovativo e integrativo le imprese italiane in difficoltà stanno riuscendo con successo ad affrontare e superare la crisi economico-sociale causata dalla pandemia Covid-19.

Le PMI nel nostro paese sono all’avanguardia e stanno compiendo un processo di  evoluzione e trasformazione, ormai ineludibile per riuscire a competere con successo in mercati sempre più sfidanti. 

È un percorso virtuoso ma che può presentarsi difficile per le PMI che non trovano all’interno dell’organizzazione le competenze necessarie ad affrontare il cambiamento e l’internazionalizzazione; in questo caso può essere risolutivo rivolgersi a consulenti esperti che sappiano introdurre nell’organizzazione risorse già formate e in grado di portare rapidamente competenza ed esperienza.  

L’ affidarsi a un Interim Manager esperto può essere la scelta più opportuna per tradurre l’innovazione in risultati concreti, per velocizzare i tempi, ottimizzare i processi e valorizzare il proprio capitale umano; e tutto questo senza dover introdurre nell’organizzazione figure che si rivelerebbero ridondanti, una volta superata la fase di implementazione delle nuove tecnologie o dell’entrata nei nuovi mercati.

 

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Per qualsiasi esigenza i nostri consulenti sono a vostra disposizione per trovare insieme la soluzione più adeguata per la vostra azienda.

 

Nasce SMS – Scuola per Manager Sostenibili

Ne parliamo con il fondatore Fabrizio Favini

La sostenibilità è un tema epocale, perché ha a che fare con il passaggio da un sistema economico che presuppone la disponibilità illimitata di risorse – materie prime, terra da coltivare, spazio per costruire, mercati, consumatori, manodopera, aria, acqua – ad un altro sistema economico consapevole che queste risorse sono invece disponibili in quantità limitata.

Partiamo da un dato di fatto: la maggioranza delle aziende spreca più capacità umane di quelle che riesce a mettere a frutto. La stragrande maggioranza dei Collaboratori svolge compiti che non richiedono creatività, iniziativa, intelligenza critica, entusiasmo.

Tutto ciò costituisce un enorme spreco di potenzialità, attitudini e motivazione poiché i Collaboratori non si sentono né liberi di contribuire al successo dell’Azienda né padroni di realizzare con passione la propria soddisfazione.

La sostenibilità: un nuovo modello per tornare a crescere 

Per questi motivi è necessario, prima di ogni altra cosa, liberare la creatività sepolta all’interno delle aziende, sviluppare e infondere fiducia, stimolare il coraggio per il nuovo, vivere i cambiamenti senza più subirli, ridurre le distanze tra le persone, alimentare la soddisfazione.

Sono i valori alla base del modello dello sviluppo sostenibile che non possono più essere considerati estranei all’Impresa bensì devono diventare parti integranti del suo modello di business.

Orientare l’Azienda alla sostenibilità – sociale, economica, ambientale – è diventata un’esigenza inderogabile quanto impellente.

 Pertanto è necessario e urgente

  • adottare ed applicare un nuovo concetto di crescita, sia aziendale che individuale, che metta in armoniosa sintonia tutti quei valori che finora gli Azionisti non hanno preso in considerazione;
  • seguire la strada della ricomposizione, valorizzando la singolarità contributiva di ciascuno, per collegare un mondo iper frammentato, pieno di paradossi, contraddizioni, diseguaglianze, muri, esclusioni;
  • adottare  un differente spirito imprenditoriale che sappia  coinvolgere e creare benessere per tutti i Portatori di interesse, direttamente o indirettamente coinvolti ed impegnati nel successo dell’Azienda; 
  • operare una trasformazione da capitalismo finanziario a capitalismo più responsabile e sostenibile che riduca gli squilibri economici e sociali preservando l’ecosistema ambientale.

Questi obiettivi, altamente sfidanti, fanno chiaramente intendere come sia molto difficile mettere a fuoco un cambiamento di così ampia portata in assenza di nuovi, adeguati, consistenti e coerenti modelli di Leadership e di Management. 

Alcuni dati che possono aiutare a comprendere la portata del cambiamento in atto:

  • Secondo il  rapporto UnionCamere 2020, sulla base delle previsioni del modello Excelsior, un terzo dei fabbisogni di competenze fino al 2024 verrà assorbito dai temi della sostenibilità e del digitale, dove la sostenibilità da sola rappresenta il 19% del totale.
  • Tra i circa 2,7 milioni di persone che entreranno nel mondo del lavoro nei prossimi 5 anni il 62% dovrà avere competenze sui temi della sostenibilità, un requisito sempre più richiesto dal mercato.
  • Il 10 ottobre 2020 il Corriere della Sera riporta questa affermazione di Silvia Candiani, CEO di Microsoft Italia: “Oggi quasi il 40% delle aziende dice che non cambia modello di business perché manca di persone competenti”.
  • Pietro Ichino ha scritto: “Già solo per le competenze tradizionali le aziende non trovano risorse. A fine 2019 vi erano in Italia 1,2 milioni di posti di lavoro scoperti per mancanza di competenze (fonte UnionCamere e ANPAL). Immaginiamoci lo sforzo e le difficoltà se le competenze richieste sono eccezionali, come quelle richieste dalla sostenibilità a tutto tondo. Infatti, la difficoltà di reperire le figure è direttamente proporzionale alla professionalità”. 
  • “Il problema principale per le nostre aziende continua ad essere la difficoltà nel reperire collaboratori con competenze adeguate” (ISTAT: limite alla crescita – Nota sullo stato dell’economia, Gennaio 2022)

Perché SMSSCUOLA per MANAGER SOSTENIBILI

Ci risponde Fabrizio Favini, consulente alle imprese dal 1975 e fondatore di SMS: “perché è necessario ed improcrastinabile produrre, trasferire, applicare, consolidare e diffondere un nuovo paradigma manageriale che integri le competenze gestionali e di business con una ampia visione della responsabilità sociale dell’Azienda, mettendo il proprio Capitale Umano al centro del processo di innovazione.

La nostra nuova Scuola si distingue da analoghe iniziative in quanto sviluppa e valorizza non solo la dimensione etica della sostenibilità, in buona parte già acquisita e praticata, ma valorizza e sviluppa anche la dimensione estetica propria dell’Umano per generare un futuro più bello, attraente ed appassionante, oltre che più giusto”.

“Noi formiamo Manager Sostenibili, prosegue Favini, appassionati nel creare nuovo valore nelle Imprese e nelle Istituzioni, aiutandoli a diventare veri propulsori, capaci di promuovere e realizzare una SOStenibilità che sia insieme sociale, economica, ambientale.

E’ un tema epocale quello della SOStenibilità perché ha a che fare con il passaggio da un sistema economico che presuppone la disponibilità illimitata di risorse – materie prime, terra da coltivare, spazio per costruire, mercati, consumatori, manodopera, aria, acqua – ad un altro sistema economico consapevole che queste risorse sono invece disponibili in quantità limitata”, conclude Favini.

In sintesi, quelle che SMS offre al Mercato sono competenze particolari, originali, molto innovative e abilitanti al nuovo modello di impresa sostenibile.

Obiettivi della scuola

  • Modellare e rilasciare skill coerenti per manager sostenibili, senza i quali la sostenibilità sociale, ambientale ed economica delle imprese è destinata a restare soltanto un paradigma teorico, privo di applicazione concreta.
  • Supportare il manager nell’implementazione dei principi della sostenibilità a specifici processi applicando così i modelli acquisiti durante la frequentazione della SMS alla realtà operativa della propria Organizzazione.
  • Fornire alle aziende un supporto completo, adeguato e qualificato per aiutarle nell’impegnativo sforzo di trasformare la propria cultura.
  • Formare la Persona alla dimensione estetica della sostenibilità come prassi vincente e differenziante.

A chi si indirizza SMS

  • A tutte le Aziende consapevoli che far evolvere il proprio modello di business non è un’opzione bensì una condizione di sopravvivenza. 
  • A manager impegnati nel reskilling delle proprie competenze, indispensabili per sviluppare e applicare modelli di sostenibilità sociale, ambientale ed economica all’interno della propria Organizzazione.
  • Ad aspiranti manager della sostenibilità, motivati a ricoprire tale ruolo presso aziende, enti e organizzazioni impegnate a (ri)progettare il proprio futuro.

Le caratteristiche della scuola

  1. È un incubatore in cui ricercare e sviluppare apprendimento su 3 livelli: 
    • sapere: trasferimento ed acquisizione di cultura, saperi, modelli ed esempi di riferimento funzionali al nuovo stile di management;
    • saper fare: traduzione di cultura e di saperi in competenze applicabili e riscontrabili nei nuovi comportamenti; 
    • saper essere: realizzazione di sé come manager sostenibile a garanzia dell’eccellenza prestazionale nel nuovo ruolo.
  2. È un facilitatore di execution in quanto supporta ed orienta il neo-manager nella realizzazione del processo aziendale della sostenibilità. 
  3. È un brodo di coltura di autorealizzazione e di diffusione della sostenibilità all’interno della specifica organizzazione e presso i relativi Stakeholders.

 

Fabrizio Favini, nel mondo della consulenza alle imprese dal 1975, si occupa di sviluppo di risorse umane sul fronte del business development. 

Facilitatore e formatore, opera interventi per l’adeguamento del comportamento e per l’aumento delle performance, sia individuali che di gruppo. 

Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: La vendita di relazione (Il Sole 24 Ore, 2002); La vendita fa per te (Il Sole 24 Ore, 2012); SCUOTIAMO L’ITALIA! Non abbiamo mai avuto così poco tempo per fare così tanto ( Franco Angeli, 2014).


Scopri il programma della scuola e come iscriversi

2021 un anno record per le M&A, ma il futuro è incerto

Il 2021 è stato per l’Italia un anno record per gli investimenti M&A in termini di crescita e volumi: si è registrata una crescita record per i deal 27,3% rispetto al 2020, corrispondente a un volume di circa €85,5 miliardi ( i settori più performanti sono stati quello chimico e industriale, il settore consumer e technology ). Lo scorso anno il volume degli investimenti era meno della metà, €39 miliardi.  

I numeri record 2021: bilancio complessivo e la distribuzione sul territorio

La crescita esponenziale degli investimenti è sottolineata da ben 18 operazioni di controvalore superiore a €1 miliardo (erano 10 nel 2020), per un valore di oltre €60 miliardi; anche il mid-market, con un totale investito di circa €24,6 miliardi, si posiziona in un trend di crescita vigoroso con un 55,4% in più rispetto all’anno precedente. 

Anche i numeri legati alle performance del Private Equity si sono notevolmente incrementati: parliamo di 166 operazioni concluse, quindi il 23,5% sul totale delle operazioni ( ben 21 miliardi contro gli 8,3 miliardi del 2020 ).

I dati si presentano però in modo disomogeneo nelle diverse zone dell’Italia, dimostrando uno squilibrio tra settori e aree, ma sono comunque dati in linea con lo sviluppo e la suddivisione della rete imprenditoriale in Italia. 

I deal sono stati 705 così suddivisi: 

  • 331 operazioni a Nord-Ovest del paese, prevalentemente nel settore industriale e manifatturiero;
  • 197 operazioni a Nord-Est, in prevalenza nel settore industriale;
  • 139 operazioni nel Centro Italia, settore industriale; 
  • 38 operazioni a Sud, in particolare nel settore energetico. 

Emerge dal report “M&A in Italia – Review 2021 e Preview 2022”, realizzato annualmente da EY, che la previsione sul mercato M&A  per il 2022 è In linea con quanto accaduto nel 2021, ovvero un andamento estremamente positivo ma per cui bisogna tenere conto di alcuni elementi che possono impattare negativamente sulla crescita: 

  • pandemia e rischio di nuovi lockdown;
  • andamento inflattivo, in particolare nel settore energia, che andrà a influenzare negativamente la ripresa dei consumi;
  • tenuta del debito e dello spread, qualora ci fossero ulteriori shock pandemici o eventi legati all’instabilità del governo.

Per quanto riguarda la crescita nel 2022, il modello econometrico EY individua una forchetta variabile tra il +3,5% e il +5%. 

Marco Daviddi (Strategy & Transactions Markets Leader Europe West, EY Strategy & Transactions Leader Italy) prevede che le riserve di denaro non ancora utilizzate dai private equity, ma anche le riserve economiche accantonate dalle famiglie e dalle imprese italiane, si mantengano su livelli molto alti. 

Daviddi, riferendosi alla crisi innescata dal Covid-19, afferma che avrebbe accelerato il processo di trasformazione: “Questo fenomeno è destinato a perdurare in vari settori: la necessità di operare una veloce trasformazione dei modelli di business e operativi, all’insegna della revisione delle catene di fornitura, dell’efficienza operativa e della definizione di nuove modalità di ingaggio dei clienti, in un contesto, quale quello italiano, di limitata disponibilità di capitale specie nelle PMI, continuerà a favorire una dinamica M&A solida. Molte grandi operazioni sono attese nel 2022 nei settori delle telecomunicazioni, life science ed energia.”

I settori nel dettaglio: Telecomunicazioni

La crisi del Covid-19 ha certamente accelerato la domanda di connettività. Infatti secondo il report di Agcom, nel 2020, il volume di traffico dati quotidiano su linee broadband in Italia è cresciuto del 49,5% rispetto al 2019. Ancora in crescita nel corso del 2021, gli investimenti nel settore TMT hanno raggiunto i €20 miliardi, con una crescita significativa rispetto agli €8 miliardi del 2020. 

Protagonisti, con circa il 53% del volume degli investimenti nel settore, sono i fondi PE, Private Equity, destinati alle High Grow Companies. La forte domanda di connettività unita all’incremento del traffico sulle reti non sono stati completamente monetizzati, come si evince dal report, a causa dei contratti ‘bundle’ o “all inclusive” che ormai dominano il mercato, con impatti sulla marginalità del settore.  

Per questo gli operatori del settore TELCO sono alla ricerca di opportunità per sostenere e valorizzare il portafoglio clienti. In che modo lo fanno? Puntando alle partnership con i content providers. Mettere in risalto le infrastrutture è un tema di grande attualità, infatti l’innovazione sulle infrastrutture godrà dei benefici delle progettualità e dei fondi disponibili derivanti dal PNRR, per il quale si stima un impatto al 2026 per circa €50 miliardi.

I settori nel dettaglio: Life Science

Durante la prima metà del 2021, si è riscontrato un ritorno alla normale attività di negoziazione per il settore life sciences, con un forte volume di operazioni. 

I protagonisti del settore volgono le loro attenzioni sulle fusioni e acquisizioni per innovare e massimizzare il potenziale dei loro portafogli. In Italia nel 2021 si sono registrati investimenti pari a €2 miliardi, più del doppio rispetto al 2020. La spinta arriva dal Private Equity, soprattutto tramite operazioni di add-on promosse da aziende già in portafoglio ( imprese che mostrano un forte interesse per le categorie dei centri diagnostici e di ricerca, della medicina di prossimità e dei laboratori di analisi ).

Per il 2022 il flusso dei potenziali sviluppi di portafoglio rimane ancorato ai settori della diagnostica, della tecnologia biomedica, dell’home-care e del beauty. Oltre a questi, farmacie, cliniche veterinarie, laboratori e distribuzione farmaceutica dovrebbero continuare il processo di sviluppo e consolidamento iniziato negli anni precedenti. 

I settori nel dettaglio: Energy

Il volume investito in Italia nel settore energy ha superato i €10 miliardi, con una crescita estremamente positiva rispetto agli anni precedenti e con una quota di investimento dei private equity di oltre il 25% sul totale. 

Questo risultato deriva da diverse dinamiche: mentre i consumi nel corso del 2021 sono tornati ai livelli pre-Covid, il prezzo delle forniture energetiche è esploso a causa dell’incremento del costo delle materie prime ( soprattutto del gas ). Ma anche l’attenzione più meticolosa alle tematiche di sostenibilità spinge gli operatori del settore Oil & Gas a diversificare il proprio modello di business. 

Le dinamiche sopra citate possono impattare i volumi investiti nei prossimi mesi e le aspettative per il 2022 sono meno brillanti e orientate, in prevalenza ma non esclusivamente, alle energie alternative alla sostenibilità. 

I settori nel dettaglio: Retail & Consumer

Nel 2021 il volume investito è risultato pari a circa € 7,9 miliardi, circa € 3,2 miliardi in più rispetto al 2020. Il PE ha contribuito con circa il 31% sul totale. 

Per quanto riguarda il settore retail & consumer, questi sono i trend prevalenti: 

  • ottenere l’accesso a soluzioni D2C ( Direct to Consumer ), utilizzando la leva dell’M&A; 
  • integrare nel proprio portafoglio business legati ai temi della sostenibilità e del benessere; 
  • espandersi per ottenere l’accesso a nuovi mercati; 
  • consolidare le filiere produttive. 

L’appetibilità del settore, per i fondi e gli investitori è generata puramente dai brand ad alta riconoscibilità, rimangono forti perplessità legate allo sviluppo del Covid-19 e all’inflazione che sta mettendo le filiere, soprattutto alimentari, sotto pressione. 

I settori nel dettaglio: Manufacturing e dei prodotti industriali

Il 2021 ha mostrato una buona capacità di ripresa, sia per quanto riguarda il fatturato che per gli ordinativi. 

Il numero di operazioni è stato di circa il 28% sul totale in Italia, per un peso a valore di circa €3,8 miliardi, conseguenza delle dimensioni medio-contenute delle aziende target. 

Anche nel settore manifatturiero e di produzione industriale, il Private Equity ha avuto un ruolo di guida con 53 operazioni. L’industria 4.0 ha presentato e presenterà le maggiori opportunità di M&A: la pandemia ha infatti portato a una revisione dei modelli di business che favorisce la digital transformation; anche le supply chain stanno vivendo un grande cambiamento, dato dalla pandemia. Ciononostante non si esclude che ulteriori shock pandemici e l’inflazione potrebbero avere un impatto importante sull’andamento dell’attività transazionale nel settore.

I settori nel dettaglio: Automotive 

Gli investimenti nel settore Automotive impattano profondamente sulle dinamiche transazionali. Dalla digital evolution, al passaggio imminente dalle motorizzazioni endotermiche a quelle elettriche ed al potenziale connesso ai sistemi a guida autonoma, ne conseguono dei cambiamenti all’interno dei modelli di consumo, tutti cambiamenti rivoluzionari che fanno sì che l’automotive abbia bisogno di rilevanti investimenti. I fondi richiesti avranno lo scopo di incrementare innovazione, sviluppo e capex per la trasformazione delle linee di produzione e si attendono anche processi rilevanti di M&A. 

Ma per questo settore in particolare la trasformazione industriale rappresenta un rischio concreto ed è guidata da decisioni politiche: entro il 2035 l’Italia abbandonerà i motori termici. Le Case non potranno più produrre nuove auto a benzina o diesel, i concessionari non ne avranno più da vendere. Così ha deciso il Comitato interministeriale nazionale, così chiede l’Europa nel Fit for 55, il piano per dimezzare le emissioni dell’Unione.

In vista dell’annunciata transizione energetica, i tecnici del Mise, con il supporto delle associazioni di categoria, hanno svolto un’analisi al fine di individuare le aziende della componentistica che potrebbero risentirne. Sono 101 le imprese a rischio, con 26.000 dipendenti, pari al 17% dei dipendenti del mercato nazionale.

Sono dati impressionanti che, senza interventi correttivi, mettono a rischio una buona parte del sistema produttivo della filiera M&A e rendono problematiche anche le previsioni sul fronte investimenti.

Cosa aspettarsi dal 2022

L’impressione generale è che le performance del 2021 saranno difficilmente ripetibili, dato il contesto di grande incertezza, in particolare in termini di inflazione e costo di energia e materie prime.

I settori retail & consumer, manufacturing, prodotti industriali e automotive appaiono molto esposti alle incertezze; inoltre, ad aggiungersi a un quadro di per sé non brillante, nell’ultima legge di bilancio non sono stati rinnovati gli incentivi fiscali per la rivalutazione delle partecipazioni non quotate, rendendo di fatto più costose le exit per gli imprenditori.

Come affrontare nella maniera più efficace il processo di integrazione post acquisizione

Molto spesso per l’azienda che effettua un’operazione si pone il problema di integrare il nuovo business, senza creare stress e discontinuità nella sua organizzazione.

Molto spesso affidarsi a un Interim Manager esperto è la migliore soluzione per l’integrazione post acquisizione, vediamo quali sono i motivi alla base di questa scelta:

  • E’ necessario uno sforzo immediato per mantenere l’operatività delle funzioni aziendali nel periodo immediatamente successivo a un’acquisizione, soprattutto nei Sistemi, nelle Operations,e nelle funzioni di Marketing & Sales.
  • Non è affatto consigliabile distogliere i Manager della parte acquirente per ricoprire ruoli operativi nella società acquisita, perché si rischia di indebolire o scoprire funzioni importanti dell’azienda acquirente.
  • Altrettanto sconsigliabile sarebbe assumere un Manager a tempo indeterminato con il rischio concreto che quest’ultimo, dopo 6-18 mesi una volta completata la fase di integrazione, diventi un esubero per l’Azienda
  • L’Interim Manager con esperienza nel settore specifico è una soluzione immediatamente operativa, con tempi di inserimento di un mese circa, flessibile, con termine dell’incarico in tempi brevi e anche meno costosa, se paragonata ad altre soluzioni.

In conclusione, il manager ad interim è una soluzione ottimale per portare a termine con successo i processi di integrazione necessari dopo le operazioni di M&A, grazie alla sua capacità di essere rapidamente operativo e al suo solido bagaglio di competenze ed esperienze maturate nel settore specifico.

TIM Management è in grado di supportare l’imprenditore e i suoi advisor nelle operazioni di M&A, restructuring e turnaround, con partner di alto profilo che hanno maturato una profonda esperienza specifica in materia. 

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Cesare Tocchio è uno dei fondatori di TIM Management, per oltre vent’anni ha ricoperto la carica di Amministratore Delegato in Società multinazionali, in queste posizioni ha sviluppato una solida esperienza finalizzando diverse acquisizioni e cessioni di aziende, marchi o rami d’azienda con lo scopo di consolidare il business, saturare gli stabilimenti e ristrutturare Aziende in perdita. Negli ultimi anni ha portato a termine importanti operazioni di LB0 con fondi quali Mezzanine Management Uk, Argos Soditic e 21 Investimenti ricoprendo la funzione sia di Manager che di Investitore.