Il nostro team

La missione di TIM è quella di supportare le Aziende nelle fasi di sviluppo e/o di ristrutturazione, affiancandole nella gestione del cambiamento

Il Corporate Giving nell’era ESG – Atti del Webinar

Dall’inizio del nuovo secolo ad oggi il panorama del settore Non Profit (NP) in Italia è mutato profondamente, sia per la complessità delle sue strutture che per la sua dimensione, consolidando la propria rilevanza nello scenario socio-economico nazionale, come emerso con tutta evidenza durante l’emergenza Covid.

Una serie di indicatori conferma univocamente la rilevanza raggiunta e la crescita imponente del Non Profit nel nostro Paese:

  • Le organizzazioni italiane del comparto sono oltre 364 mila (+54% tra il 2001 e il 2020 – ultima rilevazione ISTAT disponibile);
  • Gli occupati sono quasi 900mila (+73%);
  • I volontari regolarmente al servizio di iniziative sociali sono 5,5 milioni (+72%).

Negli ultimi anni le tematiche sociali si sono avvicinate sempre di più al centro degli interessi anche del Mondo Corporate. Le aziende che investono in CSR sono passate dall’essere il 40% nel 2001 al 96% nel 2021, in parallelo con l’evoluzione del concetto di responsabilità d’impresa verso quello più ampio e articolato espresso dall’acronimo ESG, divenuto elemento ineludibile per la maggioranza delle aziende del nostro Paese. 

Dalle normative sono scaturiti nuovi obblighi, come nel caso della Dichiarazione Non Finanziaria (DNF), o opportunità di natura premiale, come i requisiti per partecipare alle gare pubbliche, a partire da quelle del PNRR, o per ottenere finanza a costi competitivi.

Tuttavia, mentre per i temi ambientali e per le tematiche relative alla governance il mondo corporate ha trovato velocemente spunti di applicazione e metriche di riferimento, l’ambito sociale è quello che vede spesso le imprese, non solo quelle di dimensioni minori, muoversi con difficoltà nella definizione di una propria policy e nella ricerca di iniziative da sostenere.

Operare in campo sociale, viste la rilevanza e la complessità raggiunte dal Terzo Settore, impongono anche alle aziende italiane di muoversi, per i loro interventi nel sociale, con grande ponderazione, perché per “fare bene il bene” e realizzare vera innovazione sociale e impatto sostenibile nel lungo periodo non basta fare donazioni a caso.

Per questo motivo le imprese hanno bisogno di specifiche competenze e di professionalità, e di avvalersi dei servizi forniti da veri intermediari di filantropia, come Fondazione Donor Italia ETS (FD), che aiutano le aziende a formulare una propria strategia erogativa, a valle di un’analisi approfondita dell’attività economica svolta oltre che della valutazione del territorio e degli stakeholder di riferimento.

Uno strumento adottato da tempo e con particolare successo all’estero per realizzare donazioni in campo sociale sono i Donor Advised Fund (DAF), investimenti filantropici personalizzati, che FD aiuta le imprese ad effettuare e con cui gestisce per loro conto le iniziative sociali prescelte.

Sintesi intervento di Marcello Gallo, Presidente di Fondazione Donor Italia ETS, al Webinar TMI del 29 marzo 2023.

I dati citati durante l’intervento e sopra sono attinti dai seguenti studi: 

ISTAT – Struttura e profili del settore non profit, Anno 2020
Osservatorio Socialis, X Rapporto CSR, 2022
SDA Bocconi e Dynamo Academy, Corporate Social Investment e ESG, 2023
Fondazione Italia Sociale, Filantropia in Italia nel confronto internazionale, 2019

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Il valore di un buon management e gli effetti negativi di una leadership inadeguata

Quanto vale, per l’azienda, un manager con la M maiuscola? Prima di rispondere a questa domanda è necessario fare un passo indietro e riflettere su: quanto costa non averlo? E quanto impatta sul business? L’incertezza e l’incoerenza di tempi come quelli che stiamo vivendo attualmente non possono essere considerati fattori trascurabili per le decisioni aziendali.

Una prima considerazione potrebbe riguardare la capacità del leader di far crescere le persone che ha intorno. I modelli arcaici di gestione delle risorse – da superare, ma purtroppo ancora molto diffusi – sono stati costantemente caratterizzati dalla presenza di una leadership accentratrice, orientata alla semplice distribuzione di compiti specifici e comunque molto meccanici, il tutto orientato verso obiettivi di breve o al massimo medio termine.

Le condizioni attuali di mercato e contesto ci dicono in modo chiaro che un modello di managerialità virtuoso – e quindi efficace – deve necessariamente prendere in carico gli obiettivi a breve, medio e anche a lungo termine e lo deve fare gestendo il team e le attività in un’ottica di sviluppo strategico, che tenga conto delle persone guidate (dal leader), del loro potenziale e del loro benessere psicologico.

Una leadership, quindi, capace di costruire un mondo al quale le persone desiderino e decidano di appartenere. I motivi per farlo non risiedono in un eccesso di altruismo, si agisce così perché creare queste condizioni è la premessa necessaria per migliorare la produttività, attrarre e trattenere i talenti.

 

6 effetti negativi del micromanagement sul posto di lavoro

 

Secondo il Cambridge Dictionary, il micromanager è “colui che cerca di controllare ogni singolo aspetto di una situazione (in un modo che potrebbe non essere necessario), inclusi i minimi dettagli”.

Partendo da questa definizione, il termine micromanagement descrive uno stile di gestione che si basa sull’intervento massivo e sul controllo costante e pervasivo delle attività dei collaboratori, senza delegare le responsabilità.

In un moderno modello di management invece, ci si orienta verso un approccio strategico al raggiungimento degli obiettivi aziendali, accompagnato da un sincero interesse per il benessere e lo sviluppo del potenziale dei propri collaboratori.

Il micromanagement, al contrario, pur essendo motivato dal desiderio di garantire che il lavoro venga svolto correttamente, può portare a numerosi effetti negativi che si ripercuotono su tutta la struttura, sulla governance aziendale, sulla motivazione e sul morale dei dipendenti, limitando la loro autonomia e il loro sviluppo professionale.

 

1. Elevato turnover dei dipendenti

Il micromanagement è una delle principali cause di dimissioni dall’azienda poiché porta i dipendenti, esasperati, a cercare una via di fuga il prima possibile. Di conseguenza, si registra nel tempo un aumento dei costi di reclutamento e di assunzione, nonché una perdita continua di conoscenze e skill dovuta all’elevato turnover.

 

2. Perdita di fiducia

Praticato con continuità, il micromanagement può erodere la fiducia dei dipendenti nei confronti del loro manager di riferimento e dell’organizzazione aziendale stessa. In casi come questi, la professionalità e l’autonomia ne risentono, finendo per compromettere anche lo svolgimento degli incarichi più semplici.

 

3. Burnout dei manager

Il livello di controllo esercitato dal micromanagement è una lama a doppio taglio per i manager che lo praticano, poiché richiede di esaminare attentamente ogni singolo compito, non riuscendo a stabilire le priorità e a delegare in modo adeguato. Ciò può portare a frustrazione e sovraccarico di lavoro, che possono influenzare negativamente il management e le loro prestazioni.

 

4. Riduzione dell’impegno dei dipendenti

Il micromanagement soffoca il senso di autonomia dei dipendenti, riducendo la loro efficacia in azienda. Di conseguenza si riscontra una riduzione progressiva del loro impegno e della produttività aziendale.

 

5. Perdita del quadro generale

Questa gestione così dettagliata e diretta delle attività dei membri del team può portare i manager ad una eccessiva concentrazione sui dettagli, facendogli perdere di vista il quadro generale e il focus sulla strategia dell’organizzazione. Questa attenzione eccessiva genera una mancanza di creatività e innovazione all’interno del team, poiché i membri si sentono troppo limitati e controllati.

 

6. Dipendenza dal manager

L’ultimo, ma non per importanza, effetto collaterale del micromanagement è lo sviluppo di una malsana dipendenza dal manager, che porta i dipendenti a fare un affidamento eccessivo sulla guida del loro superiore anche per le attività più semplici e di routine.

Una sana leadership cerca non solo di creare un ambiente di lavoro accogliente e collaborativo, ma anche di ispirare i dipendenti a diventare parte di qualcosa di più grande di loro stessi. Questa non è un’idea utopistica, ma una premessa necessaria per migliorare la produttività, attrarre talenti e garantire l’impegno e la soddisfazione dei dipendenti.

 

Investire sullo sviluppo di un innovativo stile di management

 

Nell’ambito dell’attuale competitività del mercato, è essenziale che le aziende tengano in considerazione la propria reputazione per rimanere competitive.

I professionisti di successo cercano contesti lavorativi che siano in grado di valorizzare le loro competenze e capacità, promuovere lo sviluppo professionale e permettere di conciliare in maniera equilibrata il work-life balance.

In questa ricerca, utilizzano sistematicamente i propri network, le piattaforme social e i servizi di rating e ranking per valutare le opportunità offerte dal mercato. Quando si accorgono che le aziende non soddisfano i requisiti di base, le eliminano rapidamente dalla lista delle potenziali opportunità lavorative.

Le imprese sono nella maggioranza dei casi consapevoli della potenziale perdita di attratività sul mercato dovuta a una cattiva reputazione. Pertanto, chi desidera attirare i migliori professionisti presta attenzione alla propria reputazione, sia interna che esterna. In particolare, le aziende virtuose cercano di creare un ambiente di lavoro quanto possibile stimolante, rispettoso e inclusivo, in cui i dipendenti vengono trattati con equità e supportati nella loro crescita professionale. Così facendo potranno mantenere e migliorare la propria competitività e la propria reputazione aziendale, attirando i migliori talenti e, alla fine, consolidando la propria posizione competitiva nel settore.

In questo quadro, ogni componente dell’organizzazione riveste un ruolo cruciale nella creazione di un clima positivo, ovviamente con un impatto proporzionato al ruolo svolto in azienda. Il singolo può e deve assumersi la responsabilità del proprio lavoro e sfruttare al massimo gli strumenti a sua disposizione, per aumentare le proprie competenze e individuare le opportunità di sviluppo individuale.

Il manager ha l’onore e l’onere di gestire la propria squadra in modo efficiente, facendo in modo di massimizzare la produttività e il successo dell’organizzazione. Questo significa che il suo compito è quello di valutare il potenziale di ogni membro del team e valorizzarlo, in modo da promuovere un clima armonioso che favorisca il benessere dei dipendenti e, di conseguenza, lo sviluppo del business aziendale.

 

Le azioni concrete da intraprendere al fine di raggiungere una leadership innovativa

 

La creazione di un contesto aziendale positivo parte da un autentico interesse per le persone, riconoscendo il loro l’asset più importante dell’organizzazione. Per questo, è fondamentale conoscere a fondo i membri del proprio team in termini di competenze e potenzialità, comprendere ciò che li muove e individuare in anticipo eventuali frizioni che possono minare la loro motivazione. Per fare questo, non è possibile limitarsi a incontrarli durante i colloqui istituzionali di performance, ma è necessario dimostrare quotidianamente una chiara volontà di integrare la propria visione con quella degli altri, per creare una relazione di fiducia.

Per un manager, un approccio accogliente e diretto non consente solo di conoscere meglio la persona nelle sue modalità di operare, ma soprattutto permette di creare una relazione di fiducia, che andrà a costituire il valore più significativo e vantaggioso nel tempo.

 

L’effetto dirompente della pandemia sulle organizzazioni

 

In una situazione di cambiamento, spesso si tende a guardare a modelli passati come punti di riferimento per orientarsi. La pandemia ha rappresentato una trasformazione del tutto inedita e senza precedenti, priva di modelli a cui fare riferimento. Questo ha richiesto una serie di tentativi ed errori, con una costante calibrazione delle azioni da intraprendere, anche nel corso dello sviluppo della situazione.

Gli individui hanno sperimentato la trasformazione dei processi lavorativi e delle modalità di interazione, accompagnata da una profonda trasformazione nella percezione del mondo e di sé stessi. In un contesto simile, gli esseri umani tendono naturalmente verso ciò che percepiscono come certezza, come le relazioni basate sulla fiducia reciproca.

In momenti come questi, un Interim Manager può agire come un vero e proprio mentore all’interno dell’azienda e fornire una guida verso modelli di leadership adeguati e basati sulla fiducia reciproca, aspetto fondamentale per sviluppare la resilienza delle organizzazioni che possono in questo modo affrontare situazioni di profondo cambiamento e incertezza con maggiore coesione, sicurezza ed efficacia.

TIM Management è pronta a offrire alle PMI il supporto di Manager Interim esperti che, grazie alla loro esperienza di uomini d’azienda, sviluppata in situazioni analoghe, e a competenze verticali sui settori di riferimento, possono facilitare l’implementazione di una strategia vincente e garantire il successo dell’impresa nel medio-lungo periodo.

Contattaci per scoprire il valore di una buona leadership.

Le competenze del CFO stanno evolvendo rapidamente, è tempo di adeguarsi

Il passo fondamentale per i CFO che vogliono affrontare con successo il futuro consiste nell’acquisire una visione, indipendente e basata sui dati, delle risorse, delle strutture di supporto e delle attività che contribuiscono alla creazione di valore in un’organizzazione aziendale.

 

Il numero delle aree funzionali che dipendono dal CFO è aumentato costantemente negli ultimi anni, passando da quattro nel 2016 a più di sei oggi: tra le aree più importanti da tenere sotto controllo, spicca la responsabilità dell’organizzazione della moderna funzione finanziaria.

Comprendere come il ruolo del CFO stia evolvendo, diventando sempre più strategico, è fondamentale. Non basta più limitarsi alle attività di back-office, ma è necessario avere una visione a 360 gradi dell’azienda, analizzando le risorse, le strutture di supporto e le attività che generano valore, e individuare le leve che possono creare un vantaggio competitivo.

Sulla base della ricerca di McKinsey.com sul profilo dei nuovi responsabili Finance, approfondiamo quelle che sono le sette attività chiave alle quali è necessario porre attenzione, senza perdere comunque di vista la creazione di valore a lungo termine. Sono attività imprescindibili per tutti quei CFO che vogliono portare innovazione nel ruolo.

 

1. Valutare l’entità della sfida

I team finanziari si stanno concentrando sempre di più sull’analisi previsionale e sull’utilizzo dei dati per supportare la pianificazione e i processi decisionali.

Il pensiero critico, a cui un CFO deve necessariamente fare riferimento, non si limita all’analisi profonda e accurata dei dati, ma deve saper affrontare i bias decisionali che possono portare all’inerzia dell’organizzazione. Costruire un’analisi (What-if) delle conseguenze che l’implementazione di un progetto potrebbe avere sulle prestazioni dell’azienda, e di come lo stesso potrebbe contribuire ad accelerare la crescita dell’azienda stessa, può fornire una visione più completa dell’impatto finanziario e di come i piani operativi saranno impattati.

Includere l’analisi dei dati finanziari, delle tendenze di mercato e dei modelli di consumo, al fine di identificare le opportunità e i rischi associati all’implementazione del progetto è solo l’inizio.

 

2. Adottare un atteggiamento strategico di medio termine

L’evoluzione è necessaria per rimanere competitivi sul mercato, ma spesso richiede decisioni difficili, come la scelta di investire in nuove tecnologie o la modifica delle catene di approvvigionamento. Tuttavia, le decisioni difficili diventano più semplici quando il CFO ha un piano definito e concreto per finanziare i cambiamenti.

È importante che il CFO stabilisca, insieme al management team, una direzione strategica chiara e ben definita, analizzando in maniera approfondita i profili di rischio e le performance attese, non solo nel breve termine ma anche nel lungo periodo.

Secondo la maggioranza degli investitori, la capacità di effettuare cambiamenti a lungo termine (oltre i tre anni) è ritenuta più importante del focus ossessivo sugli utili per azione. Spetta al CFO quindi, lavorare con il team di gestione per stabilire rapidamente una direzione strategica che sappia guardare oltre i trimestri immediati.

 

3. Dare spazio alle scommesse audaci nel portfolio aziendale

Per il CFO, è importante destinare alcune risorse verso iniziative ad alto rischio e alto potenziale di guadagno. Questo potrebbe comportare l’investimento in nuove tecnologie, l’ingresso in nuovi mercati o la ricerca di modelli di business innovativi.

Sebbene queste iniziative presentino una maggiore incertezza e un profilo di rischio più elevato, offrono anche il potenziale per una crescita significativa e per l’acquisizione di un vantaggio competitivo. I CFO che sono disposti a prendere rischi calcolati ed abbracciare il cambiamento sono più efficaci nella creazione di valore a lungo termine per la loro azienda; valutando le acquisizioni per far crescere l’azienda, entrando in nuovi mercati o separandosi da attività che non supportano più la strategia aziendale. Il loro motto può essere riassunto in: “grow or go”.

 

4. Comunicare e informare

La comunicazione di informazioni finanziarie e di business, in modo chiaro e conciso, agli altri membri del team di gestione, al consiglio di amministrazione, al top team e in particolare al CEO, è una delle responsabilità più delicate di un CFO.

Educare i colleghi sulle implicazioni finanziarie delle loro attività e funzioni è fondamentale ma non solo: condividere anche le brutte notizie con il CEO e il consiglio di amministrazione in anticipo è importante per ottenere il loro punto di vista su come affrontare al meglio i problemi in questione e fornire loro diverse opzioni e possibili percorsi futuri.

Quando le cose vanno bene, è essenziale anche aiutare tutti a capire cosa c’è dietro le prestazioni positive: è stata abilità, venti di coda dell’industria, le regole della contabilità o solo fortuna? Anche gli investitori hanno bisogno di comunicazioni chiare, non solo i numeri di alto livello, ma anche i dettagli e le dinamiche che guidano davvero il modello di business.

Gli investitori sofisticati dedicano considerevole tempo ed energia per capire il business. È estremamente importante aiutare gli investitori a creare un collegamento tra la strategia dell’azienda e le performance ottenute. I CFO che presentano in modo chiaro le “prestazioni rispetto alle promesse” costruiscono più credibilità di quelli che sorvolano sui problemi.

 

5. Sapere gestire il rischio aziendale in modo proattivo

Un CFO deve saper riconoscere gli elementi più a rischio della propria attività, a maggior ragione nei momenti di grande incertezza. Gestire efficacemente il rischio in modo proattivo per ridurre i costi, spesso in modo più rapido e profondo rispetto ad altri periodi, concentrandosi non solo sulla riduzione dei costi, ma anche sulla crescita dell’azienda, è sintomo di quell’importante flessibilità negli investimenti che porta a cercare opportunità di crescita anche durante i momenti difficili.

D’altro canto, mantenere l’attenzione sui costi anche in tempi di crescita, permette di avere sempre a disposizione risorse per gli investimenti futuri. La gestione dei costi operata in modo efficace in entrambe le fasi del ciclo economico contribuisce a mettere l’azienda in una posizione di vantaggio in ogni scenario economico.

 

6. Pensare strategicamente ai fattori ESG

Pensare strategicamente ai fattori ESG non significa solo saper valutare l’impatto ambientale e sociale dell’azienda, ma anche integrare queste considerazioni nella strategia aziendale e considerare i fattori ESG come opportunità di crescita.

Oltre l’80% dei C-level e dei professionisti dell’investimento prevede che i programmi ESG contribuiranno maggiormente al valore per gli azionisti nei prossimi cinque anni rispetto ad oggi.

Un approccio di business attento all’allocazione delle risorse o temi ESG può facilitare la crescita del fatturato, ridurre i costi, minimizzare le interferenze normative e legali, aumentare la produttività dei dipendenti e ottimizzare gli investimenti e le spese di capitale.

 

7. Lavorare insieme per il talento

La struttura organizzativa di un’azienda deve riflettere le esigenze della stessa: per raggiungere questo obiettivo è necessario investire nella gestione e nello sviluppo del talento all’interno dell’impresa, creando un ambiente di lavoro che promuova l’innovazione, l’agilità e la responsabilizzazione.

Il CFO collabora con i colleghi HR e il CEO, svolgendo un ruolo cruciale nel supportare la crescita e il successo dell’organizzazione, per sviluppare una strategia di talent management efficiente che includa l’identificazione delle aree di competenza chiave; la pianificazione della successione; la valutazione del potenziale dei dipendenti; lo sviluppo di programmi di formazione e sviluppo; la creazione di politiche e programmi di incentivazione.

L’obiettivo del CFO, insieme a tutta l’azienda, è quello di identificare individui e team che generano valore per il business, investendo nell’acquisizione e nella motivazione dei talenti.

 

 

TIM Management è in grado di fornire un supporto prezioso alle imprese nella definizione di queste strategie, garantendo il successo a lungo termine dell’azienda, grazie all’esperienza di interim CFO esperti, al passo coi tempi e con competenze verticali sui settori di riferimento.

Da più di 30 anni il servizio messo a disposizione è veloce, con contratti flessibili e costi che non appesantiscono il conto economico; l’inserimento di un C-Level Interim concorre ad aumentare il bagaglio di competenze e capacità dei manager interni che, dopo un periodo di affiancamento produttivo, riprenderanno con efficacia in mano le redini del business.

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Affidarsi ad un Interim Manager: consigli pratici sull’utilizzo del Temporary Management

La figura di un Interim Manager esperto può essere per le imprese il modo più efficace di affrontare le situazioni di crisi e cogliere nuove opportunità di sviluppo. Spesso però la necessità di aumentare le competenze dell’organizzazione si manifesta solo di fronte al bisogno di risolvere urgentemente situazioni critiche. 

Vediamo qual è l’approccio corretto per l’imprenditore e la sua azienda alla opportunità di reclutare un Interim Manager?

 

Il servizio di Temporary Management è caratterizzato da due elementi vincenti: essere un costo certo e non appesantire la struttura dei costi fissi nel medio-lungo periodo per l’azienda. Questi elementi sono strutturali a uno strumento che va usato con intelligenza e preparazione, se si vuole ottenere il massimo dall’operatività in azienda dell’Interim Manager.

L’attrattabilità legata alla flessibilità gestionale offerta dall’Interim Manager è alta, ma al contempo è strettamente legata alle sue corrette modalità di utilizzo, conoscenza che non sempre è presente nelle PMI.

La struttura delle aziende in Italia è composta per il 98% da aziende con meno di 49 dipendenti; solo il 0,1% ne ha più di 250. Il tessuto industriale italiano è quindi composto quasi totalmente di PMI di dimensione contenuta, la maggior parte delle quali padronali e a gestione famigliare. In questo quadro una buona parte degli imprenditori italiani faticano a dare spazio, fiducia e deleghe, a un Interim Manager: molto dipende dalla predisposizione e dal background dell’imprenditore, dal suo spirito aperto, innovativo e moderno, pronto ad avere in azienda una figura manageriale in grado di migliorare alcuni ruoli o settori specifici dell’attività.

 

Come costruire una interazione vincente tra Interim Manager e Azienda

Innanzitutto va sottolineato che è necessario fornire all’Interim Manager tutte le leve operative necessarie all’implementazione del piano concordato, e al raggiungimento dei relativi obiettivi, attraverso il riconoscimento reale delle deleghe e dei poteri funzionali alla realizzazione del progetto.

Nelle grandi aziende l’aspetto tecnico dell’incarico prevale su quello relazionale, mentre nelle PMI le componenti soft sono decisamente più significative: un imprenditore non è sempre propenso ad accettare senza resistenza una strategia che gli viene imposta dall’esterno. Ecco perciò alcuni consigli utili e pratici a un corretto approccio dell’imprenditore all’utilizzo del Temporary Management:

  • Riconoscere che gli scenari possono cambiare e che le proprie capacità e competenze potrebbero non essere più sufficienti per gestire processi complessi nei tempi ristretti imposti dalle dinamiche del mercato.
  • Non dimenticare la temporaneità dell’incarico di un Interim Manager. La temporaneità del rapporto è fondamentale per il sistema degli equilibri interni ma non è raro che, quando un incarico ha una durata concordata tra i 18 ed i 36 mesi, l’azienda possa “dimenticare” la precarietà dell’incarico al punto da considerare l’Interim Manager come un membro permanente della struttura.
  • Rimodellare tempestivamente i piani e gli obiettivi definiti, in caso di incarichi differenti o integrativi al piano iniziale, per evitare un’indiretta de-focalizzazione degli obiettivi di partenza o la mancata integrazione dei nuovi target nel business plan.
  • Riconoscere la leadership e l’autorevolezza del Interim Manager. Il personale dell’azienda deve essere preparato a riconoscere la pienezza e la legittimità delle deleghe agli Interim Manager, così che la probabilità di eventuali resistenze interne sia ridotta al minimo.
  • Essere coscienti che un Interim Manager non ha obiettivi di carriera: la sua presenza in azienda ha funzione strategica e porta le competenze in grado di attuare il cambiamento e il miglioramento delle performance aziendali. Il suo l’inserimento concorre ad aumentare il bagaglio di competenze e capacità dei manager interni che, dopo un periodo di affiancamento produttivo, saranno in grado di riprendere in mano con efficacia le redini del business.

L’intervento di un Interim Manager può avere l’obiettivo di gestire casi di crisi (57% con punte dell’80%), progetti specifici (65%, con punte dell’80% trasversale sulle varie classi dimensionali) e passaggio generazionale (47%), seguito dalle tematiche di internazionalizzazione (37%).

 

Il Temporary Management è tutta questione di fiducia

L’inizio del vero cambiamento in azienda avviene quando all’utilizzo dei servizi di Temporary Management si affianca la fiducia nella loro capacità di produrre risultati e migliorare l’organizzazione, e questo non solo quando si è costretti a intervenire in caso di crisi come avviene nel caso della perdita di un manager chiave.

Affidarsi a un manager a tempo può essere efficace anche quando l’azienda sembra essere in piena salute. Con l’obiettivo di migliorare ancora di più i risultati e ottenere una crescita più veloce, l’Interim Manager può rapidamente individuare criticità e opportunità su cui è necessario intervenire, analizzando le aree strategiche come la produzione, gli acquisti o la rete commerciale.

Lasciandogli il giusto spazio e credito, L’Interim Manager può agire come un vero e proprio mentore all’interno di un’azienda, intervenendo tempestivamente nella risoluzione dei problemi e non limitandosi a concentrare la sua attenzione solo sui risultati economici. Dopo aver identificato le aree critiche e gli obiettivi, l’Interim Manager inizia immediatamente a lavorare per ottenere i risultati desiderati.

In conclusione, sta all’imprenditore saper riporre piena fiducia nel Manager a Tempo e nei benefici che l’impresa trarrà dal suo inserimento; dev’essere consapevole della possibilità di ottenere un miglioramento delle performance nel medio periodo e di definire una strategia di sviluppo vincente, andando oltre la necessità risolvere uno specifico problema temporaneo. Così facendo si doterà di uno strumento utile per affrontare con successo ogni futura ulteriore necessità.

TIM Management è sempre pronta a offrire alle PMI il supporto di Manager Interim esperti che, grazie alla loro esperienza di uomini d’azienda, sviluppata in situazioni analoghe, e a competenze verticali sui settori di riferimento, possono facilitare l’implementazione di una strategia vincente e garantire la sopravvivenza dell’impresa nel medio-lungo periodo.

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Chief Information Officer: come affrontare il 2023

Rispetto all’anno appena passato, questo si prospetta essere molto più tranquillo sul fronte dell’innovazione tecnologica. Tra i buoni propositi per i prossimi mesi però, i board e leader aziendali dovranno cercare soluzioni per “fare di più con meno”: ovvero trovare valore laddove le innovazioni si sovrappongono e investire strategicamente in tecnologie che hanno raggiungendo il punto di non ritorno.

Guardare avanti richiede impegno e non è sempre semplice, ma è essenziale per tutte quelle aziende che stanno pianificando di ottenere grandi risultati nel nuovo anno.

Non è possibile prevedere con certezza cosa accadrà nel 2023 in ambito tecnologico, poiché sappiamo che l’innovazione digitale è influenzata da molteplici fattori.

Nel 2021, ad esempio, era emerso un grande entusiasmo per gli NFT, le criptovalute e il metaverso; molti di questi entusiasmi si sono assopiti quando, nell’autunno del 2022, i mercati NFT sono scesi del 90% e il metaverso appare anche oggi più un bel sogno che una realtà, soprattutto per applicazioni business.

Ma prendiamo spunto da alcuni suggerimenti dettati da McKinsey Technology, per aprire una finestra su ciò che potrebbe riservare il 2023 in ambito tecnologico e vediamo come i leader aziendali, in particolare i CIO, potranno trarne vantaggio.

Focalizzarsi sui trend tecnologici con effetto combinatorio

McKinsey definisce i 14 trend tecnologici che dovrebbero orientare l’innovazione nel 2023, tra cui l’intelligenza artificiale, la realtà aumentata e virtuale, la blockchain, la robotica e l’Internet delle cose.

Si prevede che finalmente la tecnologia 5G diventerà più diffusa e che comincerà a essere quella forza trainante per lo sviluppo di nuove tecnologie e applicazioni che ci si aspettava negli ultimi anni.

Ognuna di queste 14 tecnologie può avere singolarmente un forte impatto sulla trasformazione digitale delle imprese; basti pensare a come potrebbe migliorare l’esperienza dell’assistenza clienti grazie alle tecnologie di intelligenza artificiale.

La vera sfida per le aziende sarà però quella di attivare innovazioni tecnologiche differenti  e farle lavorare in sinergia per creare sistemi intelligenti e interconnessi, in grado di migliorare l’efficienza e la qualità dei prodotti e dei servizi e l’organizzazione delle funzioni aziendali.

La capacità di saper combinare l’effetto delle innovazioni tecnologiche più avanzate può consentire all’azienda di sfruttare al meglio le opportunità e di affrontare con successo i cambiamenti del mercato e dell’economia.

Adottare le tecnologie che portano impatto e innovazione

Il 2023 richiede ponderazione e fluidità: significa saper identificare le tecnologie chiave, valutare come esse possono influire sull’azienda e sul mercato, e pianificare come sfruttare al meglio queste opportunità in azienda.

Per farlo con successo, è necessario essere proattivi e anticipare i cambiamenti del mercato, in modo da essere pronti ad affrontarli e trarre vantaggio da essi, anziché essere colti di sorpresa e rischiare di rimanere indietro rispetto alla concorrenza.

Questa attenzione è importante perché molte tecnologie rivoluzionarie come il 5G, l’Intelligenza Artificiale e il cloud, stanno raggiungendo punti critici per l’adozione di massa. Alcuni dati dimostrano che le aziende stanno pianificando di trasferire il 60% del proprio patrimonio IT nel cloud entro il 2025, mentre il 50% delle aziende dichiara di aver adottato l’AI in almeno una funzione della propria attività.

In un contesto che si muove così velocemente è vitale per le aziende rimanere al passo con le innovazioni adottate in maniera diffusa, non farlo significa rischiare di perdere rapidamente posizioni sul mercato.

Alleggerire la burocrazia per aumentare la produttività

Nel 2023 la sfida per i CIO sarà quella di far fare di più con meno a project manager e ingegneri: ovvero meno lavoro amministrativo, meno lavoro burocratico e meno lavoro manuale. In molte grandi organizzazioni gli ingegneri dedicano solo il 50% del loro tempo allo sviluppo vero e proprio, il resto è passato in riunioni, spesso ridondanti, e ‘burocrazia interna’.

Un CIO può migliorare questo aspetto adottando alcuni semplici accorgimenti:

  • Porre maggiore attenzione alla composizione dei team; identificando chi sono i migliori performer nell’azienda e formando team di lavoro multifunzionali ed equilibrati.
  • Indagare su quante ‘distrazioni’ si possono eliminare per liberare una notevole quantità di tempo, senza impattare sui risultati; eliminando, ad esempio, incontri inutili o rendendo più produttive le sessioni di project management.
  • Investire sull’automazione e automatizzare i processi routinari di test o di conformità.

Abbracciare l’innovazione decentralizzata

Le implicazioni della tecnologia AI – come Stable Diffusion, che ha ottenuto 10.000 stelle su GitHub in meno di due mesi, o ChatGPT, che ha superato la soglia del milione di utenti in soli cinque giorni, sono enormi: dal miglioramento della ricerca, all’aumento della produttività degli sviluppatori.

I leader aziendali dovranno pensare a come i loro modelli di business potranno trarre il maggior vantaggio dalle tecnologie decentralizzate. Per il CIO o il CTO, l’attenzione dovrà essere concentrata su come rielaborare le proprie architetture per incorporare facilmente le intelligenze artificiali (come quelle di OpenAI e Stability AI) e integrarle in una più ampia gamma di applicazioni e processi. L’obiettivo finale è quello di avere una tecnologia guidata dall’intelligenza artificiale che sia integrata in ogni parte dello stack tecnologico.

Le priorità per un Manager CIO

In conclusione, nel 2023 le priorità per il CIO sono articolate e comprendono più elementi che devono essere analizzati insieme: come la business intelligence, la creazione di valore, l’aumento della produttività, l’innovazione e il mantenimento di alti livelli di sicurezza.

La pressione sarà particolarmente forte sui CIO perché dovranno riuscire a ridurre i costi mentre creano sistemi IT più efficienti, veloci e avanzati. Questa potrebbe sembrare un’impresa ardua ma rappresenta in realtà un’occasione per i CIO di introdurre innovazioni tecnologiche radicali, come è successo durante la pandemia quando la tecnologia era posta sempre al centro delle risposte delle aziende alla crisi.

Il punto d’arrivo sarà l’eliminazione degli sprechi di tempo e di risorse, riducendo drasticamente sia il lavoro manuale che le fasi di processo. Ricorrere al supporto di CIO Interim esperti con capacità maturate in situazioni analoghe e competenze verticali sul settore di riferimento, può facilitare lo sviluppo e mettere l’azienda nella posizione di accelerare, una volta che il contesto economico tenda a migliorare.

Questa è un’ottima soluzione per garantire la sopravvivenza dell’impresa nel medio periodo, senza appesantire il conto economico con costi permanenti e aumentando il bagaglio di competenze dei manager interni che, dopo un periodo di affiancamento produttivo, riprenderanno in mano le redini del business con maggiori competenze e strumenti più avanzati.

TIM Management fornisce da più di 30 anni interim manager C-Level esperti alle aziende, velocemente e con contratti estremamente flessibili.

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