Come l’interim management può aiutare la transizione
In Italia, il 65% delle imprese è di tipo familiare e, secondo il Global Family Business, l’Italia si colloca al settimo posto tra i Paesi che ospitano le prime 500 società familiari al mondo. Negli ultimi anni il tema del “ricambio generazionale” è diventato di grande importanza ed attualità poiché coinvolge un numero sempre maggiore di piccole e medie imprese.
La crisi economica ha sottolineato alcuni problemi strutturali tipici delle imprese familiari, come la scarsa flessibilità o capacità gestionale. Queste aziende hanno dimostrato però una maggiore capacità di recuperare la redditività e superare le crisi, adattandosi velocemente ai cambiamenti di scenario. Tuttavia, secondo i dati, meno del 30% delle aziende familiari supera il terzo passaggio generazionale.
PMI familiari e l’esigenza di colmare il gap di competenza tra le generazioni
Questo passaggio si rivela spesso difficile a causa, non solo della struttura dell’impresa, ma anche dei soggetti coinvolti e dalle dinamiche legate alla cultura aziendale; dai valori imprenditoriali; dalla relazione padre-figlio e dalle conflittualità che potrebbero sorgere tra i due.
È necessario affrontare questa difficile transizione con gli strumenti adeguati, in modo tale da gestire la successione imprenditoriale come una fase di sviluppo dell’impresa: migliorando la redditività, ampliando il bagaglio di conoscenze aziendali e facendone un momento di revisione delle strategie a breve e lungo termine.
È possibile superare l’attuale gap di competenze che caratterizza le aziende familiari attraverso l’iniezione di una nuova managerialità capace di facilitare e accelerare i processi di cambiamento, introducendo stabilmente in azienda nuove capacità. Questi manager esterni non solo possono sciogliere i nodi tra padre e figlio con maggiore obiettività e distacco, ma possono anche affiancarsi alle nuove leve per un tempo limitato, formandole al meglio e dotandole delle competenze necessarie per proseguire il lavoro svolto dalla famiglia.
Di chi parliamo quando parliamo di imprese familiari
Esistono diverse definizioni di family business e una delle più importanti e rappresentative è quella che li definisce come quelle aziende controllate da due, o più, membri di una famiglia, che esercitano un’influenza significativa sulla gestione operativa del business. Se prendiamo in considerazione l’impresa e la famiglia attraverso il “modello dei tre cerchi” (ideato dai professori dell’università di Harvard Renato Tagiuri e John Davis nel 1982) riusciamo a comprendere meglio il complesso modello delle imprese familiari.
Questo modello, utilizzato da Ernesto Poza – tra i più noti consulenti al mondo in materia di gestione e sviluppo delle aziende familiari – e da altri studiosi delle dinamiche delle aziende familiari, è formato da tre sottosistemi: la famiglia, l’impresa (il business) e la proprietà. Nonostante siano insiemi indipendenti, interferiscono tra loro, condizionandosi a vicenda.
Poza formula una grande raccomandazione generale: bisogna fare in modo che non sia un gioco a somma zero, dove chi vince lo fa a spese dell’altro, specie “se la torta non cresce e le persone devono litigare per avere una fetta più grande”.
È interessante notare come le tre aree si modificano nel tempo, insieme al rapporto tra i tre sottosistemi, con il passaggio da una generazione alla successiva. Effettivamente vediamo una sovrapposizione dei tre cerchi nella figura dell’imprenditore che fonda l’azienda, ma dal primo passaggio generazionale in poi l’azienda tenderà al mutamento e quindi si avrà un allontanamento dei cerchi.
Se è normale e accettabile nella situazione iniziale l’esistenza di una certa confusione e sovrapposizione di ruoli, vista la forte accentuazione sulla sopravvivenza dell’azienda durante la fase di crescita accelerata, negli anni successivi non ci si può permettere lo stesso livello di entropia organizzativa. Per quanto i cerchi possano restare correlati, è necessario che inizino a distinguersi l’uno dall’altro, arrivando quasi all’indipendenza.
Nella fase di transizione generazionale è importante il supporto di competenze esterne di valore, come consulenti indipendenti o management esterno, per realizzare una transizione di successo.
L’Interim Management per agevolare il passaggio generazionale: il valore aggiunto delle relazioni
Per svolgere un buon lavoro, i manager esterni non possono fare tutto da soli; hanno bisogno del contributo della famiglia proprietaria, dei manager e dei dirigenti. La famiglia deve saper riconoscere il valore portato dal manager, che per svolgere il suo lavoro ha bisogno del supporto di chi lavora all’interno dell’azienda. È importante che il manager, oltre alle competenze tradizionali, abbia la capacità di gestire le relazioni con e dentro la famiglia, oltre che con il management interno.
Perciò possiamo dire che, nel momento della pianificazione della transizione generazionale, si deve costituire una vera e propria squadra, dove ognuno apporta le proprie conoscenze e le proprie esperienze per cercare di dare continuità all’impresa, consentendo un passaggio generazionale ben gestito. Le competenze e le conoscenze specifiche dell’interim manager in merito al ricambio generazionale sono varie: svariano dal lato giuridico, fiscale, organizzativo, finanziario, fino a quello psicologico-relazionale.
Quanto detto finora non fa che confermare la rilevanza dell’interim management quale strumento di crescita e stabilizzazione per le aziende familiari. Il supporto dell’interim management è importante non solo per le imprese medio-grandi, ma soprattutto per le piccole e medie realtà industriali e di servizi, con fatturati a partire dai 6-7 milioni e un’organizzazione manageriale limitata.
Per queste aziende l’interim management può essere lo strumento ideale per rafforzare l’organizzazione e dare solidità e continuità dopo la transizione generazionale, accrescendo le competenze Manageriali già esistenti e risolvendo al contempo le criticità presenti nell’organizzazione.
La gestione dei conflitti: non solo numeri
Nel passaggio generazionale la gestione del conflitto può risultare particolarmente complessa, in quanto le emozioni possono prendere il sopravvento e le diverse posizioni possono sembrare inconciliabili. Diventa indispensabile, a questo punto, utilizzare una metodologia per la gestione del conflitto, bisogna operare per risolvere la situazione alla base e riportare l’azienda in condizioni di operare al massimo della sua efficienza.
Una situazione di conflitto sottolinea la necessità di una competenza manageriale che sappia discernere i conflitti cognitivi da quelli relazionali e li sappia trattare in modo adeguato.
Senza entrare nel merito di una trattazione specifica, ci sono alcuni principi chiave che vanno seguiti:
- Individuare la natura e il livello del conflitto: si tratta di un problema organizzativo o interpersonale?
- Se il conflitto è espressione di problemi più profondi, questi ultimi devono essere individuati e analizzati per comprenderne le cause che andranno eliminate, evitando così che compromettano il futuro dell’azienda.
- Lavorare sulle cause con metodo ed esperienza per poter identificare e isolare le radici profonde da cui nasce e si alimenta il conflitto.
- Riuscire a risolvere il conflitto, cercando un equilibrio tra i bisogni, espressi e non, di tutte le parti contrapposte e dell’organizzazione, i cui bisogni dovrebbero essere considerati di “ordine superiore”.
Il coinvolgimento di soggetti terzi può aiutare a ridurre l’area delle emozioni e ad ampliare quella della razionalità. L’oggettività e il senso etico di un interim manager possono rivelarsi di grande utilità per risolvere i conflitti e per preparare il terreno ad una successione positivamente efficace.
I passi della successione
Il cambio generazionale deve essere programmato con anticipo; nel cambiamento è opportuno dare precedenza agli obiettivi di competitività dell’azienda, e a ricercare nuovi equilibri aziendali tenendo in considerazione le dimensioni dell’impresa e attivando strutture giuridiche adeguate a favorire la formazione di una maggioranza in CdA ed evitare così pericolosi stalli decisionali.
Ci sono alcuni step di base da affrontare durante la successione nelle imprese familiari, necessari per affrontare tutte le criticità del processo.
Per prima cosa bisogna attivare uno screening valutativo e motivazionale, il più possibile dettagliato ed analitico, di tutti i membri del gruppo familiare operanti in azienda, al fine di evidenziare competenze, motivazioni e aspettative personali. Proprio in questa fase verranno portati a galla i conflitti in gioco.
La variabile più importante, da cui dipende il successo o il fallimento di un’impresa, è la gestione strategica. Bisogna quindi redigere un piano strategico e definire quale direzione prendere, prima di intraprendere il percorso della transizione. Il piano serve sia a consolidare il consenso della famiglia attorno al progetto, che per ottenere un corretto abbinamento tra le competenze strategiche richieste dal piano e quelle delle risorse disponibili nella famiglia.
La carenza di formalizzazione è più frequente nelle imprese familiari, dove spesso le decisioni più importanti vengono prese all’interno della famiglia in maniera informale. E’ importante quindi formalizzare questo processo decisionale, attraverso la cosiddetta costituzione o patto di famiglia; non importa tanto quanto è formalizzato in un documento preciso, ma è importante il raggiungimento di un consenso unanime sui contenuti, deve rappresentare una sorta di guida per arrivare a realizzare il passaggio generazionale.
Il patto di famiglia serve a chiarire le regole, le ragioni e i valori che i familiari osservano o devono osservare nei rapporti con l’impresa. A livello di contenuto non esistono regole rigide: si possono mettere in evidenza i valori aziendali e quelli di famiglia, si possono anticipare delle linee guida per la risoluzione dei conflitti, i livelli retributivi e i benefit, e via dicendo. Un fattore a cui fare attenzione, che spesso passa in secondo piano, è rappresentato dalle modalità di uscita dell’imprenditore che termina di operare in azienda.
L’azienda rappresenta un’estensione della persona che l’ha creata, una casa, il coronamento delle fatiche e dei sogni del fondatore. Appare chiaro quanto possa essere destabilizzante il passaggio del testimone, che, se non gestito correttamente anche a livello psicologico, può impattare in modo traumatico sull’impresa.
Al fine di evitare che l’attaccamento dei fondatori, rispetto alla loro creatura, rischi di portare al collasso della stessa, diventa fondamentale che l’imprenditore – o chi sia in linea di successione il futuro imprenditore – viva in modo sano la pianificazione del passaggio. Solo in questo modo è possibile garantire la continuità aziendale.
Fondamentale è che, tale momento, non venga a coincidere con una situazione di spaesamento generale: TIM Management, con il suo ampio network di professionisti selezionati nel tempo ed esperti in ogni settore, può offrire la migliore assistenza, assicurando un clima più sereno tra tutti; in particolare tra il successore e l’imprenditore, contribuendo così ad aumentare la competitività dell’impresa, garantendo una continuità di successo.